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NAPOLI…PATRIA DELLA PIZZA

La storia della pizza è lunga, complessa e incerta. Le prime attestazioni scritte della parola “pizza” risalgono al latino volgare di Gaeta nel 997. Nel XVI secolo a Napoli ad un pane schiacciato venne dato il nome di pizza che deriva dalla storpiatura della parola “Pitta”.

Ci sono notizie che risalgono alla fine del Cinquecento ed inizi del Seicento di una pizza soffice chiamata alla “mastunicola“, ossia preparata con basilico (strutto, formaggio, foglie di basilico e pepe). In seguito si diffuse la pizza ai “cecinielli“, ossia preparata con piccolissimi pesci.

La prima vera unione tra la pasta ed il pomodoro (accolto all’inizio con diffidenza) avvenne a metà del Settecento nel Regno di Napoli. La pizza a Napoli fu popolarissima sia presso i napoletani più poveri che presso i nobili, compresi i sovrani borbonici.

Fino al 1830 circa la pizza era venduta in bancarelle ambulanti e da venditori di strada fuori dai forni. Alcune pizzerie mantengono viva questa antica tradizione ancora oggi. L’Antica Pizzeria Port’Alba a Napoli è considerata la più antica pizzeria della città ancora oggi esistente: iniziarono a produrre pizze per venditori ambulanti nel 1738 ma si espansero ad un ristorante-pizzeria con sedie e tavoli nel 1830. Una descrizione della pizza a Napoli intorno al 1835 è stata fatta dallo scrittore ed esperto di cibo francese Alexandre Dumas (padre) nella sua opera Il Corricolo. Egli scrive che la pizza era l’unico cibo per la gente umile a Napoli durante l’inverno, e che “a Napoli la pizza è aromatizzata con olio, lardo, sego, formaggio, pomodoro, o acciughe sotto sale”.

I Napoletani prendono la loro pizza molto seriamente. I pizzaioli autentici, come nella famosa pizzeria “Da Michele” in Via C. Sersale, a Forcella, (fondata nel 1870) sostengono che esistono solo due vere pizze: la “Marinara” e la “Margherita”, ed è tutto ciò che servono. La Marinara è la più antica e ha un condimento di pomodoro, origano, aglio, olio extra-vergine d’oliva e solitamente basilico. Era chiamata “Marinara” non, come molti credono, perché contiene pesce (non è così) ma perché era il cibo che i pescatori mangiavano quando tornavano a casa dalle lunghe giornate di pesca nella Baia di Napoli.

Il successo della pizza conquistò anche i sovrani di Casa Savoia, tanto che proprio alla regina Margherita di Savoia nel 1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito dedicò la “pizza Margherita”, che rappresentava la bandiera tricolore con il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro ed il verde del basilico.

Quella che oggi è chiamata pizza Margherita era tuttavia già stata preparata prima della dedica alla regina di Savoia. Francesco De Bourcard nel 1866 riporta la descrizione dei principali tipi di pizza, ossia quelli che oggi prendono nome di pizza marinara, pizza margherita e calzone.

Sino al principio del Novecento la pizza e le pizzerie rimangono un fenomeno soprattutto napoletano, e gradualmente italiano (nell’Italia settentrionale iniziò a diffondersi solo nel secondo dopoguerra), poi, con l’emigrazione, iniziano a diffondersi all’estero ma soltanto dopo la seconda guerra mondiale, adeguandosi ai gusti dei vari paesi, diventano un fenomeno mondiale.

Gli italiani emigrati hanno fatto conoscere, apprezzare e anche modificare la pizza nel mondo. Oggi ormai anche molti cuochi di diverse nazionalità sono diventati esperti pizzaioli per i quali esiste anche un campionato mondiale. Oggi il giro di affari legato alla pizza (pizzerie, consegne a domicilio, surgelati, catene di fast food) è molto importante nel mondo, al punto che alcuni imprenditori (come ad esempio l’americano Tom Monaghan fondatore della Domino’s Pizza) hanno costruito intorno alla pizza grandi fortune.

Sergio Esposito

 Classe 1 B,

scuola media Garibaldi

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