venerdì, Novembre 22, 2024
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IN LABORATORIO… PREPARIAMO UN SAPONE

Lo utilizziamo quotidianamente per la nostra igiene personale, ne esistono in commercio di svariati colori, profumi e forme… È diventato persino oggetto di arredamento e design. Stiamo parlando, come è facile intuire dal titolo, del sapone.

Ma qual è la sua storia?

A tutti coloro che hanno origini contadine, sicuramente i nonni avranno raccontato che lo si preparava a fine dicembre quando, terminata la macellazione dei maiali, si faceva bollire il grasso, o la morchia dell’olio, in un pentolone insieme ad una soluzione di acqua e soda caustica. Il risultato era un sapone molto duro e compatto, a volte anche un po’ irritante, perché le nostre nonne sicuramente non si addentravano nel calcolo del numero di saponificazione.

La storia del sapone ha però origini molto antiche, risalenti addirittura alla civiltà babilonese. Una tavoletta a caratteri uniformi datata 2200 a.C. riporta la descrizione della sua preparazione con acqua, sostanze alcaline e olio di cassia. Ma i veri inventori del sapone moderno sono considerati gli arabi che saponificarono l’olio di oliva, il timo e l’alloro usando la soda caustica.

Lo sviluppo del sapone ebbe origine nella zona di Aleppo in Siria e solo nel IX secolo, con l’espansione araba, il sapone sbarcò in Europa. I primi saponifici sorsero in Spagna, in Italia e in Francia dove nacque il sapone di Marsiglia.

Ma cos’è dal punto di vista chimico il sapone?

Il sapone è il sale sodico o potassico degli acidi grassi a lunga catena di atomi di carbonio (10-18 atomi di C), ottenuto dall’idrolisi basica (saponificazione) dei trigliceridi (lipidi).

 

Data la sua provenienza grassa e untuosa, come si spiega il suo potere detergente?

È grazie alla sua particolare struttura caratterizzata da una lunga “coda” idrocarburica idrofoba e da una “testa” idrofila che in acqua forma una micella emulsionando il grasso.

E… in laboratorio?

Prima di procedere alla saponificazione vera e propria, è conveniente determinare il numero di saponificazione (N.S.), cioè i milligrammi di idrossido di sodio che occorrono per saponificare completamente un grammo di olio, evitando così un eccessivo quantitativo di soda che renderebbe il sapone troppo aggressivo sulla pelle.

La tabella di seguito riporta il N.S. di alcuni tipi di olio.

Il sapone può essere preparato con metodo a caldo o a freddo e gli ingredienti fondamentali sono tre: olio di vari tipi, idrossido di sodio e acqua.

I due procedimenti prevedono lo stesso quantitativo di reagenti: 100 grammi di olio esausto, 12,8 grammi di idrossido (in base al N.S. dell’olio usato) e 33 grammi di acqua distillata ma è la temperatura di reazione a fare la differenza.

Il metodo a freddo prevede il mescolamento della soluzione alcalina all’olio, alla temperatura controllata di 44- 50°C, e, dopo formazione dell’impasto omogeneo e aggiunta delle essenze, la miscela viene versata negli stampi e lasciata a riposo per una settimana circa.

Nel metodo a caldo i reagenti sono sempre mescolati alla temperatura di 45°C ma la saponificazione vera e propria avviene facendo bollire per circa mezz’ora la miscela nel recipiente di reazione a bagnomaria, collegandolo ad un refrigerante a ricadere per evitare l’evaporazione dell’acqua. Quando la saponificazione è completa, per separare il sapone dalla glicerina e dalle impurezze, si procede con l’aggiunta di una soluzione satura di cloruro di sodio: il sapone coagulerà in fiocchi galleggianti e verrà filtrato e raccolto in degli stampi.

La pasta di sapone a freddo è fluida e può essere versata anche in stampini molto piccoli, ha una consistenza più liscia e uniforme. Il sapone a caldo ha invece un aspetto più rustico con una consistenza pastosa, grumosa e si presta meno alle decorazioni. Il primo è quello più commercializzabile, il secondo invece fa parte della tradizione.

Alessia Crisafulli 5EBS

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