venerdì, Novembre 22, 2024
Scienza

Le risorse del pianeta ed il loro possibile esaurimento

Ipotesi catastrofiche e soluzioni possibili

La riflessione sulle risorse disponibili nel pianeta ed il loro eventuale esaurimento è stato argomento di riflessione e discussione sin dalle origini del pensiero moderno. Il dibattito sulle soluzioni possibili da attuare nel corso dei secoli ha visto da una parte gli ottimisti i quali ritengono che il futuro sia aperto e che il progresso aiuterà a risolvere i problemi e coloro che invece affermano che l’unica soluzione sia la decrescita, ossia il contenimento dei consumi. Partiamo da un’analisi storica. La paura della mancanza di risorse disponibili interessava anche gli uomini della preistoria.

Pare che i primi ominidi della specie di Neanderthal, per garantire la loro sopravvivenza, uccidessero i neonati non appena vi fosse scarsità di cibo; la loro esistenza era, infatti, estremamente faticosa: freddo, mancanza di risorse disponibili e malattie infettive facevano si che la loro vita media fosse di circa 30 anni.

Nel corso della storia, poi, epidemie e pandemie regolavano drasticamente il numero della popolazione che ne usciva decimata, ricordiamo ad esempio, l’epidemia di peste ad Atene nel V secolo a. C, Pericle fu una delle vittime illustri, la famosa peste del Trecento, di cui parlano Petrarca e Boccaccio e la peste del Seicento di manzoniana memoria.

Non appena le condizioni igieniche e le conoscenze mediche migliorarono ecco che la popolazione cominciò ad
aumentare.

Le risorse, non essendo infinite, indussero, però, gli intellettuali di quel tempo a porsi la domanda se esistessero dei limiti allo sviluppo. Il reverendo Thomas Robert Malthus (1776- 1834) nel “Saggio sul principio di popolazione” del 1798 sosteneva che la natura lasciata e sé stessa tendeva a moltiplicare la vita oltre misura, in quanto la popolazione cresceva con progressione geometrica e le risorse con progressione aritmetica, quindi si sarebbe andati incontro ad un esaurimento delle risorse. Dello stesso avviso era Ricardo. Contemporaneamente vi erano, invece, degli intellettuali come il Barone Condorcet e John Ramsey McCulloch che, pur ammirando Ricardo, sostenevano che l’agricoltura fosse suscettibile a indefiniti progressi in grado di contrappesare la decrescente fecondità della terra. Arrivò poi la rivoluzione industriale. Si calcola che prima della rivoluzione industriale circa l’80% dei beni derivasse dal regno vegetale ed animale ed il 20 % dal regno minerale, percentuali che vennero capovolte diventando rispettivamente del 30 e del 70%.

Le condizioni di vita di vita di certo migliorarono anche se non per tutti e la popolazione continuò a crescere smentendo la tesi di Malthus secondo la quale la popolazione si sarebbe ridotta drasticamente per l’inadeguatezza delle risorse. Malthus nella sua riflessione non teneva conto dei risultati che la scienza avrebbe potuto conseguire in futuro.  .
Il progresso continuò ad andare avanti e con esso le ipotesi catastrofiche. Facendo un veloce balzo al XX secolo arriviamo agli analisti del Mit che nel loro studio sui limiti allo sviluppo ,compilato nel 1972  per conto del il club di Roma, un’associazione no-profit nata nel 1968 tra le mura dell’Accademia dei Lincei, situata per l’appunto a Roma con lo scopo di  cercare di comprendere i cambiamenti che investono il pianeta in cui viviamo ed evidenziare le problematiche più urgenti e proporre soluzioni, con particolare attenzione alle questioni ambientali,  indicavano il 2000 come data in cui si sarebbe verificata una crisi da rarefazione di risorse non rinnovabili e ipotizzavano  un tracollo economico legato a problematiche ambientali per gli anni successivi al 2000. Quando, nel 1973, tutto il mondo occidentale dovette confrontarsi con quella che passò alla storia come la crisi energetica, l’opinione pubblica di ogni continente iniziò a fare i conti con le problematiche esposte dal Club di Roma. Il superamento della crisi petrolifera del 1973 portò, però, molte persone a sminuire le previsioni fatte dal Club.
Ciò testimonia che spesso le previsioni ci inducono in errore. Questo non significa che non si debbano prendere in considerazioni i possibili rischi di uno sviluppo non sostenibile ma certo non bisogna avere pregiudizi e soprattutto bisogna incoraggiare la ricerca.

Il problema posto da Malthus esiste ma va ricordato che l’umanità ha superato molte volte nel corso dei secoli gravi momenti di crisi.

Oggi, dunque, si è sempre più convinti che lo sviluppo tecnologico possa sopperire a ogni rarefazione di risorse. Recentemente gli Americani, ad esempio, sono riusciti ad estrarre dalle rocce di argilla petrolio (Shale Oil) diventando i primi produttori di petrolio nel mondo Tra i sostenitori della teoria che lo sviluppo economico può essere in grado di sopperire alla rarefazione delle risorse, cito tra tutti Amartya Sen, premio Nobel per l’economia.

In  alternativa a tale ragionamento mi sembra corretto riportare  la teoria della Decrescita
proposta  da  Serge Latouche, professore emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi XI e all’Institut d’Etude du Développement Economique et Social (IEDES) che nella prefazione al suo primo libro “Breve trattato sulla decrescita serena” .

Definisce la decrescita  non come una crescita negativa ma come una crescita. Egli afferma  “Se non vi sarà un’inversione di rotta, ci attende una catastrofe ecologica e umana. Siamo ancora in tempo per immaginare, serenamente, un sistema basato su un’altra logica: quella di una “società di decrescita”.

Torniamo di nuovo ad una ipotesi catastrofica.

Latouche usa anche come argomento per la crescita il principio di precauzione, in pratica se non siamo sicuri che non facciamo danni non possiamo usare una certa tecnologia.  L’idea sembra molto persuasiva ma, poiché noi siamo fallibili, non possiamo sapere in anticipo se una data tecnologia sia esente in assoluto da rischi, pertanto in base a tale principio noi dovremmo abbandonare tutte quelle attività di cui non conosciamo gli effetti futuri. per es. non dovremmo usare il telefonino poiché non sappiamo se le onde elettromagnetiche che emette il cellulare possono danneggiare la nostra salute. Secondo la teoria della decrescita serena, inoltre, dovremmo tutti consumare di meno. Ma quanti sarebbero disponibili a farlo? Sarebbe questa la strada per risolvere i grandi problemi che affliggono l’umanità: dalla mancanza di risorse disponibili alla diseguale distribuzione delle stesse nel mondo?

Ciò non significa che la riflessione di Latouche vada rigettata e che bisogna agire senza precauzione ma è certo che fare previsioni catastrofiche non aiuta il progresso e soprattutto semina ondate di pessimismo. Progresso e sviluppo sono infatti un binomio vincente se si metteranno in campo intelligenza, competenza e capacità di valutare ciò che rispetta l’uomo e non ci si trincererà dietro paure spesso alimentate da previsioni destinate ad essere confutate. Il futuro   è aperto, diceva Karl Popper. L’unico limite è non agire a danno dell’uomo e della natura ma agire ed andare avanti sempre.

Rossella Scaffidi

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