IL DISASTRO DI MAIERATO – PER NON DIMENTICARE
“Il giorno seguente, accompagnato dal personale della protezione civile, tornai a casa mia per prendere quanto sarebbe stato necessario per mitigare la forzata permanenza nella casa al mare. Ho trovato un paese tombale, con le porte delle case serrate , le finestre chiuse, con le strade deserte fine all’inverosimile. Poi sono entrato in casa, con la raccomandazione da parte di chi mi aveva accompagnato di fare molto presto. Dissi di sì, tanto per dire. Appena dentro provai una strana sensazione. Quello che per me per tanti anni era stato un gesto normale ed abitudinario mi sembrò in sé un fatto strano. La casa stessa non mi sembrava quella di prima, o per la meno non la percepii come prima”. ( tratto da “Maierato quindicifebbraioduemiladieci” di A.Cugliari)
Il 15 febbraio 2017 è stato celebrato il settimo anniversario della frana di Maierato, un piccolo centro in provincia di Vibo Valentia. Sette anni prima, alle 16:30, una frana di proporzioni apocalittiche colpì il paese, devastandolo e alterandone profondamente la morfologia.
Edito da Adhoc Edizioni, il libro “Maierato – quindicifebbraioduemiladieci” ricostruisce i fatti che seguirono a quel pomeriggio di terrore. Si dà il caso che il libro sia stato scritto dal prof. Antonino Cugliari, mio nonno. Originario di quei luoghi, mio nonno ha vissuto da vicino gli eventi tanto da poterne scrivere un resoconto puntuale e completo, che fa del suo libro una sorta di diario. Testimone dei fatti, avendo condiviso coi suoi compaesani la “tempesta emotiva” che li sconvolse in quei giorni, mio nonno Antonino ha sentito affiorare, come un’emergenza interiore, la necessità di raccontare affinchè quanto accaduto non andasse “ingoiato dall’oblio nel tempo” .Oltre alla conservazione della memoria, due altri fattori lo hanno spinto a scrivere: l’auspicio che la memoria del passato “ torni utile nel futuro per una più rispettosa e razionale gestione della natura, nostra casa comune” , e l’attaccamento alle proprie radici che si è tradotto nell’orgoglio di appartenere a una comunità che “ nella comune calamità” ha saputo stringersi in un nodo solidale. Approfittando del ruolo privilegiato di nipote, ho potuto chiedergli tante cose . Chiacchierando con lui, ho scoperto che i rilievi fatti nei giorni successivi alla frana stabilirono che a causare lo scivolamento di un’intera collina , vicino al centro abitato, fossero state le piogge copiose dei mesi invernali su un terreno già ricchissimo d’acqua nonché la cattiva gestione degli scarichi industriali che ha contribuito a indebolire il terreno. È stato accertato che di tali sversamenti erano responsabili quattro fabbriche: una si occupava della lavorazione e dell’inscatolamento del tonno, un’altra della lavorazione del vetro, le altre due della produzione di diserbanti e detersivi.
Al verificarsi della frana contribuirono le particolari condizioni del fiume Nia – che nel ricordo di mio nonno assume proporzioni mitiche , essendo uno dei luoghi del cuore della sua infanzia – che ha subito, nel tempo, opere di sbarramento sempre più invasive, finalizzate alla costruzione di edifici spesso abusivi. Lo scarico di queste sostanze, che si è protratto per oltre dieci anni, ha generato una reazione chimica di disgregamento del calcare che avrebbe contribuito in modo determinante al verificarsi della frana. Il calcare, infatti, era diventato una poltiglia che non ha retto al peso della collina. Il fiume era talmente inquinato che gli uomini delle forze dell’ordine, accorsi per i rilievi, si sono sentiti male per i fumi maleodoranti che da esso si sprigionavano. I carabinieri fecero un esperimento in un pozzetto che diede loro la misura dell’entità dell’inquinamento. Infatti, quando nella buca destinata a raccogliere i liquami è stata versata una sostanza reagente, questa si è dissolta, creando una sorta di “ latrina a cielo aperto” .
I carabinieri hanno poi inviato otto avvisi garanzia: quattro ai responsabili del Comune di Maierato e della Provincia di Vibo Valentia per aver omesso i controlli, e quattro ai responsabili delle quattro aziende.
I reati contestati furono disastro colposo per i quattro funzionari e disastro ambientale per gli imprenditori.
Fortunatamente la frana non provocò vittime, perché aggirò le case e scivolò sul letto del fiume, travolgendo due strade provinciali che collegavano vari paesi. Gli abitanti, a scopo precauzionale, furono invitati ad abbandonare le proprie case e, nel giro di pochi giorni, il centro abitato venne sfollato completamente. Tuttora le cose sono rimaste immutate, nonostante l’interesse manifestato “ a caldo” dai politici e dai vertici della protezione civile e le promesse di intervento a cui, però, non sono seguite i fatti. Ma il paese non dimentica: per ricordare quanto avvenuto, ogni anno, il 15 febbraio, viene celebrata una messa di ringraziamento per la Madonna di Lourdes che, dopo la sciagura, è stata portata in prossimità del luogo dove si è consumata la tragedia, accompagnata da tutti i cittadini in processione e da numerosi visitatori provenienti dai paesi vicini.
La gente del posto, infatti, è convinta che sia stata proprio la Madonna di Lourdes, a cui sono particolarmente devoti, a miracolarla.
di Mario Pio Morabito Lo Prete
classe III sez. A – Istituto Comprensivo “ Mazzini” Messina