Le donne nella scienza: l’effetto Matilda
Si dice che la storia la scrivano i vincitori ma forse non è del tutto vero. La storia, a quanto pare, viene riscritta dagli uomini. Sesso maschile. Uomini che cancellano le donne dai libri di scuola o almeno ci provano, perché le donne sono viste come “il sesso debole” e riconoscere che una donna sia arrivata più in là di un uomo, ferisce l’orgoglio di questi ultimi. Per ovviare a quello che per una parte delle popolazioni maschile sembra essere un enorme problema si è arrivati involontariamente alla nascita dell’“effetto Matilda”. Studiato per la prima volta dalla storica Margaret Rossiter, è definito come “lo sminuimento del lavoro compiuto dalle donne per ciò che riguarda le scoperte (soprattutto in ambito scientifico) a favore delle figure maschili che hanno co-operato alla ricerca”. Ci sono infiniti casi di effetto Matilda che si possono usare come esempi, il più immediato è forse quello delle tre donne protagoniste del recente film Oscar “Il diritto di contare”: la pellicola è tratta dalla storia vera di Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson e del loro fondamentale contributo nella corsa allo spazio. Grazie ai loro calcoli la NASA riuscì a mandare un astronauta in orbita intorno alla terra per la prima volta …ma il loro nome è raramente citato. Vittime dell’effetto Matilda sono state anche Rosalind Franklin, che studiò la natura del DNA ma che non ricevette mai il premio Nobel come Watson e Crick (coloro che ancora oggi vengono citati come gli scopritori della forma a doppia elica del DNA in qualsiasi testo scolastico) e Lise Meitner che invece diede le basi per la scoperta della fissione nucleare e ne coniò persino il nome (nonostante ciò il merito della scoperta venne dato ad Otto Hahn). E ci sono ancora decine e decine di nomi che potrebbero essere elencati.
Il problema è fortemente attuale, e mentre persino al Parlamento europeo ci sono ancora persone come il deputato polacco Korwin-Mikke che affermano le donne debbano venire retribuite di meno perché, testualmente, “più piccole(…), più fragili e meno intelligenti” c’è invece chi, in tutto il mondo, si impegna perché più ragazze si iscrivano a corsi a base scientifica.
Il termine utilizzato per indicare le materie ed i corsi di questo tipo è STEM (acronimo di Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). Già nel 2015 il colosso dell’informatica Microsoft aveva lanciato una campagna pubblicitaria chiamata “Girls Do Science” ed un programma (“DigiGirlz”) che invitata le ragazze ad informarsi sui vari percorsi scientifici da intraprendere, offrendo borse di studio alle dirette interessate. Subito dopo è stata la volta di Michelle Obama con il progetto “Let Girls Learn” (“Lasciar imparare le ragazze”).
Ed ora anche l’Italia cerca di tenersi al passo e dall’8 marzo si aprirà la seconda edizione del mese delle STEM, mirato alla sensibilizzazione nelle scuole grazie ad attività organizzate dal Consiglio nazionale dei chimici in cooperazione con il Miur ed il Ministro dell’istruzione e dall’azienda Enel che contribuirà con altre attività ed incontri organizzati in modo indipendente, rivolti alle studentesse degli ultimi due anni degli istituti superiori. Ciò che tutti questi programmi si auspicano è che finalmente si capisca che la scienza non è una questione per soli uomini. C’è bisogno del contributo di chiunque abbia voglia di andare avanti, di chiunque sia pronto a lavorare per una causa. Le persone che hanno voglia di seguire questa strada non vanno giudicate in base a sesso, razza o casta sociale ma solo in base alla voglia di rendere il mondo un posto migliore tramite il loro impegno nella ricerca scientifica
Saija Ginevra VC BS