Chat GPT: alleata o nemica della creatività?
Chat GPT è un acronimo che sta per Generative Pretrained Transformer ed è uno strumento di trasformazione del linguaggio naturale.
Negli ultimi anni, l’avvento di modelli di linguaggio avanzato come chat GPT ha trasformato radicalmente la comunicazione digitale.
Su questi assistenti virtuali sorgono molte domande riguardanti principalmente il loro utilizzo. Chat GPT è un chat bot basato su intelligenza artificiale e apprendimento automatico, sviluppato da OPEN AI e specializzato nella conversazione con un utente umano. Quest’innovativa tecnologia può essere utilizzata in una vasta gamma di applicazioni, dall’assistenza virtuale alla generazione di testo creativo e fornisce soluzioni in tempo reale su numerosi argomenti e domande.
La presenza di questo sistema segna un passo significativo nell’evoluzione della comunicazione uomo-macchina. Con continui aggiornamenti e miglioramenti, il suo futuro potrebbe portare a una maggiore interazione nella vita quotidiana, migliorando l’accesso alle informazioni e facilitando la comunicazione globale.
Tuttavia, la facilità con cui chat GPT genera testi potrebbe portare a rischi di disinformazione con la possibilità di diffondere informazioni errate. Inoltre, potrebbe svilupparsi una crescente dipendenza da soluzioni come questa e così si potrebbe ridurre la capacità umana di pensare, la capacità critica e quella di risolvere problemi in modo autonomo.
Sicuramente, le opportunità che Chat GPT offre non sono un qualcosa da sottovalutare. Essa è in grado di fare traduzioni e riassunti di testi complessi, sondaggi e analisi di mercato ad ampio spettro, pianificazione e organizzazione di attività, analisi di grandi quantità di dati, redazione di testi o modelli come contratti, NDA, clausole e molto altro.
Nonostante queste grandi potenzialità che la tecnologia oggi ci presenta e ci offre non dovremmo mai dimenticare che l’uomo è alla base di tutto e che le nuove tecnologie devono essere utilizzate sempre in maniera responsabile.
Occorre dunque ricordare che è comunque l’uomo ad addestrare e rifornire di conoscenza il software, che non ha coscienza autonoma, ma si basa sulle informazioni raccolte ed elaborate.
Possiamo concludere citando Nick Bostrom, il filosofo della Silicon Valley, che afferma che “L’intelligenza artificiale ci invita a riconsiderare il significato di ‘umano’ e a esplorare le connessioni tra mente, macchina e coscienza.”
Greta Rossello
Classe 3^C scuola secondaria di I grado “G. Verga”