Gli alunni della “Foscolo” incontrano Salvatore Borsellino
È stato con grande interesse e attenzione che venerdì 6 maggio 2022 tutte le classi della scuola secondaria di primo grado “Foscolo” di Barcellona Pozzo di Gotto hanno partecipato, tramite videoconferenza, ad un incontro con Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, e Savino Percoco, entrambi tra i fondatori del “Movimento delle Agende Rosse”, associazione che da anni porta avanti con coraggio e fermezza la ricerca di verità sui mandanti occulti degli attentati di Capaci e Via D’Amelio. Proprio in occasione dell’anniversario dell’uccisione di Peppino Impastato e nel ricordo del trentennale delle stragi di mafia del ’92 in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino, nell’ambito del progetto Legalità coordinato dalla prof.ssa Michaela Munafò e con il supporto esterno della prof.ssa Michela DiDio vicina al Movimento, dopo i saluti e i ringraziamenti per la disponibilità espressi dalla Dirigente prof.ssa Felicia Maria Oliveri, gli alunni hanno avuto la possibilità di conoscere direttamente dalla loro voce la battaglia per la giustizia che l’ingegnere Borsellino e il giornalista Percoco hanno intrapreso in memoria di tutte le vittime spezzate dalle esplosioni delle autobombe mentre cercavano di portare giustizia in una terra e una città, Palermo, oppressa in tutti i sensi dalla mafia. Il primo, in particolare, ha iniziato raccontando della vita del fratello, di ciò che sentiva durante quel tragico momento e della sua terra ormai in rovina, spiegando la sua scelta di andare via dalla sua città per poter lavorare onestamente e ricordando la lotta instancabile di Falcone e Borsellino contro la mafia mentre intorno venivano uccisi tutti coloro che cercavano il cambiamento. Ha poi citato una celebre frase di Paolo sulla paura: “Io ho paura. Sarebbe da folli non avere paura. È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. Ma un’altra frase importante sta alla base del “Movimento delle Agende Rosse” ed è quella che parla del “sogno di Paolo” quando dice: “Palermo non mi piaceva, per questo imparai ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare”. Proseguendo Borsellino ha ricordato gli uomini di scorta di suo fratello, e anche gli agenti morti insieme a Falcone, dicendo che “Non basta un mitra per proteggere i magistrati e gli uomini di scorta.” e per non dimenticare oggi, nel punto esatto in cui venne messa la bomba, sotto casa della madre di Borsellino, c’è piantato un albero in cui non scorre la linfa ma il sangue di Paolo e di Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina. Infine, per chiudere il suo lungo ricordo, Salvatore Borsellino ha parlato della profonda fiducia che suo fratello aveva nei giovani, al punto da dedicare la sua ultima mattinata alla stesura di una lettera dedicata agli alunni di Padova che non avevano potuto avere il piacere di conoscerlo. In questa scritto lui rispondeva però solo a tre delle domande che gli venivano fatte, poi interrotto, come si è detto, dalla famosa chiamata del procuratore capo che gli assegnava finalmente le indagini su Palermo, troppo tardi materialmente perché quello stesso giorno morì. Però il suo messaggio ha continuato ugualmente a diffondersi, soprattutto tra i giovani, e dopo trent’anni le idee di giustizia e legalità si sono siffuse sempre di più. Poi la parola è passata a Savino, un giovane pugliese affascinato sin da piccolo dalla figura di Paolo e che oggi lavora insieme a Salvatore Borsellino per portare avanti una verità che molti non vogliono accettare, quella della connivenza tra mafia e Stato, tra mafia e politica e quella della possibile corruzione anche nelle Forze dell’Ordine che dovrebbero difendere il cittadino. Come nel caso di Peppino Impastato, a lungo creduto un terrorista morto mentre preparava una bomba. Savino ha quindi parlato a lungo proprio di Peppino e Rita, entrambi giovani nati in ambienti mafiosi ma capaci di rompere i legami familiari per intraprendere la strada della giustizia e della legalità, per quanto difficile e rischiosa sia. Rita Atria si fidava ciecamente di Paolo e quando morì lui, presa dallo sconforto e sentendosi abbandonata, si gettò dal balcone della casa in cui viveva sotto protezione, mentre Peppino venne ucciso a colpi di pietra e poi ne fu inscenata l’esplosione vicino ai binari di un treno. In realtà doveva essere suo padre, Luigi Impastato, a doverlo uccidere per zittirlo, però – come ha raccontato Savino – amava troppo suo figlio e, come nipote di Cesare Manzella, chiese l’intermediazione del cugino americano che lasciò al boss Tano Badalamenti la decisione che portò all’uccisione di entrambi ma in modo non chiaramente mafioso. Fu solo la forza e determinazione della madre Felicia Bartolotta a chiudere il cerchio delle vendette tra famiglie e aprire quella della ricerca di verità e giustizia per Peppino.
Nell’ultima parte della videoconferenza, infine, moltissime sono state le domande poste da alunni di tutte le classi ai loro illustri ospiti. “Come si sente quando ricorre l’anniversario della morte di Giovanni e suo fratello?”, “Chi era Paolo Borsellino oltre a essere Uomo di Legge?”, “L’agenda rossa che fine ha fatto?” “Il bene si fa in silenzio, tutto il resto è palcoscenico”: così affermava Giovanni Falcone, il migliore amico di suo fratello. Ritiene che oggi qualche magistrato operi in tal senso contro la mafia?” sono le domande poste dalle classi prime. Poi si è passati alle seconde, che hanno chiesto: “Qual era il suo stato d’animo nei giorni intercorsi tra il 23 maggio e il 19 luglio?”, oppure “Nel film “Cento passi” Peppino Impastato afferma che forse per sconfiggere la mafia basterebbe educare le persone al senso della bellezza. Lei ritiene, in base a tutta la sua esperienza, che sia ancora possibile, soprattutto per noi siciliani, che siamo circondati dal degrado ambientale e non, promuovere una mentalità culturale che prevede la bellezza?”, “La storia di Rita Atria si intreccia con quella di suo fratello. La ragazza lo considerava come un padre ma suo fratello le ha parlato qualche volta di lei?”, “È vero che, a differenza di Capaci, molti aspetti della strage di Borsellino a via D’Amelio non sono stati chiariti? Perché?”, “Che ruolo ha la donna nella famiglia mafiosa?”. Infine le terze, hanno posto domande come “Ha paura che tanti ragazzi stiano vivendo nella stessa condizione di Rita Atria e Peppino Impastato?”, “Suo fratello Paolo è stato un ottimo padre di famiglia… Quale eredità ha lasciato ai suoi figli e a tutti noi?”, “Lei non ha mai esitato a fare nomi e cognomi. Ha mai ricevuto minacce per il suo impegno?”.
Il tempo è volato e, alla fine di questa intensa conversazione, la Dirigente ha nuovamente ringraziato gli ospiti e la professoressa Michela Di Dio per questo incontro che, anche se a distanza, ha fatto vivere agli alunni un importante momento educativo che sicuramente non dimenticheranno e che li porterà a non fermarsi alle versioni “ufficiali” delle stragi di quegli anni.
Perchè nel ricordare tutte le vittime dirette e indirette della criminalità mafiosa non è possibile non citare un’altra delle frasi profetiche di Paolo Borsellino quando afferma: “Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri.”.
La ricerca di verità allora spetta a noi giovani ma, come precisato nell’incontro, non perché siamo il futuro bensì perché siamo il presente.
Grazie alle “Agende Rosse”.
Karen Torre e Paola Governali
Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G. (ME)