Quando a emigrare eravamo noi
L’Italia oggi è un paese di immigrazione: migliaia e migliaia di persone per scappare dalla miseria e dalle guerre arrivano nel nostro Paese, lo utilizzano come approdo per poi ripartire verso nuove mete soprattutto Germania, Svizzera, Olanda, ecc…, oppure si fermano con nuove prospettive di lavoro.
Ma non sempre vengono accolti bene, e invece di dare il benvenuto nella nostra Nazione, attribuiamo loro una serie di “colpe”: fanno troppi bambini, tolgono il lavoro ai disoccupati, rubano e cadono nelle mani della criminalità organizzata.
Tutte queste serie di accuse, alle quali viene attribuito il termine di “stereotipi”, ci hanno però fatto dimenticare come queste stesse colpe venivano attribuite a quei quasi 30 milioni di italiani che, tra il 1873 e il 1914 e dal 1918 al 1970 – scappati a causa delle due Grandi Guerre Mondiali e della crisi economica dal nostro Paese in cerca di fortuna – dovettero affrontare numerosissimi pregiudizi, razzismo, lavoro sottopagato…, Questo fenomeno venne chiamato “Grande emigrazione”, e fu la prima vera e propria grande migrazione del popolo italiano.
Nel passato siamo stati immigrati in molti Paesi, in particolare negli Stati Uniti, ai quali abbiamo regalato molti uomini e donne straordinari, insieme però a bande di delinquenti che hanno infangato il nome di tantissimi italiani onesti che hanno fattivamente contribuito alla crescita di quelle stesse Nazioni, che in quel determinato periodo storico ci denigrarono. Tante storie di povertà e sofferenza legate a questi viaggi della speranza si sono trasformate anche in tragedia, come oggi accade con i poveri immigranti nelle tragedie del mare.
L’Italia, in quei determinati periodi storici era una terra povera, dove uomini e animali condividevano lo stesso tugurio e dove l’età media di morte era, a fine ‘800, di 6 anni e mezzo. Inizialmente fuggì la popolazione proveniente dalla Lombardia, dal Veneto, dal Friuli, dal Piemonte, spinti all’emigrazione perchè in regioni famose per la produzione di vino le piantagioni di vite furono colpite da un parassita che le distrusse creando gravi danni economici. Dopo questi primi gruppi partirono i contadini del Sud e delle Isole spinti dal grande stato di miseria.
I migranti italiani viaggiavano per quasi un mese dentro vecchie navi molto affollate, prive di ogni benessere igienico e sanitario, tanto che infatti molti morivano prima di arrivare, a causa di alcune malattie come il colera. Di solito il punto di arrivo per chi sbarcava in America era Ellis Island, un isolotto artificiale non distante dalla città di New York: qui gli immigrati venivano visitati e interrogati dai funzionari americani, che con una croce di gesso segnavano sulla schiena chi aveva bisogno di un ulteriore controllo, e se risultavano malati in corpo, nella mente o nelle capacità di lavoro venivano riportati in patria con la stessa nave che li aveva portati in America. Più in là cominciarono a essere respinti gli analfabeti, chi non aveva un parente da cui stare o chi era completamente sprovvisto di denaro; qualche anno dopo veniva respinto anche chi non sapeva l’inglese. Tutte queste visite e controlli facevano tornare indietro circa il 20% degli immigrati, gli altri invece prendevano il battello per New York.
La sistemazione all’arrivo nella grande città dei migranti non era certo migliore rispetto a quella del viaggio e, secondo alcune testimonianze, i datori di lavoro mettevano 10 migranti in stanzette in cui potevano starci 3 o 4 persone. I mestieri che svolgevano, inoltre, non erano molti e non se ne traevano grandi guadagni; in sintesi facevano lavori che gli americani si rifiutavano di fare e alcuni di questi erano: il lavoro nelle miniere, nelle piccole botteghe, la costruzione di ferrovie…
I migranti italiani, ispirati dallo spirito di clan, si concentrano però in zone abitate esclusivamente da loro, allo scopo di aiutarsi reciprocamente ed allo stesso tempo poter mantenere le proprie tradizioni, attitudini che furono contemporaneamente la radice del successo italiano negli USA e quella della cattiva fama che l’Italia si procurò, poichè l’orribile fama di questi quartieri fu dovuta all’interessamento di un “capo” agli affari delle famiglie, era considerato superiore perché conosceva un po’ l’inglese o perchè possedeva le armi. Queste furono le radici di un terribile fenomeno che attualmente colpisce ancora la nostra società: la mafia. Nonostante ciò gli italiani ebbero un grande successo negli Stati Uniti, soprattutto nel settore alimentare.
Oggi negli USA, gli italoamericani rappresentano più o meno il 6% della popolazione statunitense, quasi tutti vivono in città, lavorano e guadagnano bene, alcuni hanno raggiunto i vertici della società americana svolgendo lavori prestigiosi, come dei famosi professori universitari e come il famoso attore Leonardo Di Caprio o la cantante Lady Gaga, tutti con origini italiane.
Bisognerebbe comprendere che gli spostamenti dei popoli da un Paese all’altro hanno per migliaia di anni influenzato la storia dell’umanità e che, mentre oggi molti Paesi “ricchi” considerano la situazione degli sbarchi dei migranti dai Paesi poveri e distrutti dalle guerre come una emergenza, ma questo è il futuro. Perchè siamo tutti cittadini del mondo e, secondo me, ciò ci rende liberi di circolare in ogni parte del pianeta Mondo.
Sofia Bucolo
Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G. (ME)