Per non dimenticare: l’orrore attraverso gli occhi dei bambini
Terezin è una città-fortezza che si trova a 60 Km da Praga nella Repubblica Ceca. Fu costruita tra il 1780 e il 1790 per difendere i territori dell’imperatore Giuseppe II d’Asburgo dagli attacchi della Prussia. Il nome di Terezin venne dato a questo luogo dall’imperatore forse in onore della madre, l’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo.
La fortezza in realtà non servì mai per lo scopo per cui venne costruita ma divenne una “cittadella”. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale i Tedeschi nazisti trasformarono questo luogo in un centro di raccolta, un ghetto per gli Ebrei, in attesa di trasferirli nei campi di sterminio.
Nel frattempo, i detenuti dovevano lavorare come operai, in condizioni spaventose, per costruire strade e ferrovie. Dal 1941 fino al 1945 passarono per Terezin 140.000 Ebrei. Alla fine della guerra i sopravvissuti erano 17.000.
Il campo aveva una particolarità: quel luogo doveva servire alla propaganda nazista per mostrare un “ghetto modello” e in esso vennero deportati intellettuali, artisti e musicisti. I nazisti, infatti, fecero credere al mondo che gli Ebrei del ghetto di Terezin avessero una vita serena e non mancasse loro niente: botteghe, teatro, biblioteche, campo sportivo.
Nessuno diceva invece che quasi ogni mese 10 – 15.000 ebrei venivano mandati ad Auschwitz per essere eliminati, per far posto ai nuovi arrivi.
L’imbroglio coinvolse perfino la Croce Rossa internazionale di Ginevra che, più volte sollecitata, inviò un suo ispettore che visitò il campo e venne persino invitato a teatro e non si accorse dell’orrore che si celava sotto quell’apparente facciata.
Ma Terezin viene ricordata inoltre come il ghetto dei bambini: dei detenuti, infatti, 15.000 furono i bambini tra i 7 e i 13 anni, strappati alle loro case, spesso anche ai loro genitori. Ne sopravvissero 100. Gli altri finirono nei vari campi di sterminio, in particolare ad Auschwitz.
Eppure, in questo luogo di paura, di disperazione, i bambini furono aiutati dagli adulti, fra i quali c’erano artisti, scrittori, studiosi, che si adoperarono per farli sopravvivere dignitosamente: studiavano, dipingevano, facevano teatro, musica e scrivevano poesie.
A far disegnare i bambini fu in particolar modo FriedlDicker-Brandeis, artista austriaca, deportata nell’autunno del 1944 ad Auschwitz. Lasciò due valigie piene di disegni eseguiti dai bambini nascosti in una delle aule del campo.
Colpisce che il soggetto più rappresentato dai bambini siano le farfalle, simbolo di libertà e di leggerezza e di speranza.
Le opere dei bambini di Terezin sono state salvate dalla distruzione e ora sono conservate al Museo ebraico di Praga: perché nessuno dimentichi quello che è stato fatto, specialmente ai bambini e perché tali orrori non si ripetano mai più.
Greta Rossello
Greta Cucinotta
Classe IC Scuola “G. Verga” I.C. “L. Capuana” – Barcellona P.G.