mercoledì, Novembre 6, 2024
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Un tuffo nello stagno (agitato) del tempo

Lo misuriamo con la precisione di un miliardesimo di miliardesimo di secondo ma non sappiamo che cosa sia. Edoardo Boncinelli, fisico, biologo, filosofo, sintetizza in una “lectio magistralis” le migliori risposte possibili. Lettera da Cambridge: un ricercatore italiano, Andrea Pizzi, alle prese con i “cristalli temporali”

di Piero Bianucci – La Stampa

Gli orologi migliori spaccano il miliardesimo di miliardesimo di secondo (1 diviso per 10 alla meno 18). Poiché l’universo ha un’età stimata di 13,7 miliardi di anni pari a 10 alla 17 secondi, se questi orologi fossero esistiti nell’istante del Big Bang, da allora avrebbero accumulato uno scarto inferiore al secondo. Morale: il tempo è la “cosa” (cosa?) che misuriamo con più precisione ma non sappiamo che cosa sia (infatti sarebbe difficile rispetto a “che cosa” quell’infinitesimo scarto si sarebbe accumulato). Gli orologi migliori spaccano il miliardesimo di miliardesimo di secondo (1 diviso per 10 alla meno 18). Poiché l’universo ha un’età stimata di 13,7 miliardi di anni pari a 10 alla 17 secondi, se questi orologi fossero esistiti nell’istante del Big Bang, da allora avrebbero accumulato uno scarto inferiore al secondo. Morale: il tempo è la “cosa” (cosa?) che misuriamo con più precisione ma non sappiamo che cosa sia (infatti sarebbe difficile rispetto a “che cosa” quell’infinitesimo scarto si sarebbe accumulato).

Altri paradossi
A questo paradosso se ne aggiungono altri. La nostra esperienza del tempo è lineare: percepiamo la vita come un segmento tra la nascita e la morte. Il secondo principio della termodinamica sembra una conferma ineludibile e generalizzabile: l’esistenza dell’universo appare come una lunga marcia dell’entropia verso la morte termica. Tuttavia per misurare il tempo servono fenomeni ciclici, per esempio l‘oscillare di un elettrone dell’atomo di cesio nei più comuni orologi atomici. Raggiunta la morte termica, in assenza di oscillatori, non sarebbe più possibile misurare niente. Dunque il tempo esiste solo in presenza di eventi ciclici? Senza di essi scompare?

Contenitore o contenuto?
Nella pratica quotidiana ci troviamo davanti a un bivio: vedere il tempo come un contenitore (una scatola che contiene passato, presente e futuro) o come una successione di contenuti? Perché posso andare verso il futuro e non verso il passato? Se il tempo è un “blocco unico” fatto di passato, presente e futuro, il futuro esiste già prima di accadere? Infine, che rapporto c’è tra il tempo fisico delle “cose”, il tempo biologico degli organismi viventi e il tempo psicologico del “mio” sentirmi vivo?

Libro piccolo, grandi idee
Edoardo Boncinelli – fisico e biologo per professione, psicologo e filosofo per interessi collaterali – parte da queste domande solo apparentemente ingenue per scrivere “Ho troppo poco tempo per dire cos’è il tempo” (edizioni Dedalo, 94 pagine, 11,50 euro). Il punto di arrivo è un libro piccolo pieno di idee grandi, uno sguardo che abbraccia più discipline – fisica (classica, relativistica e quantistica), biologia, psicologia – in una sintesi da autentica “lectio magistralis”.

Il film dei pianeti…
La meccanica di solito ignora la freccia del tempo. Possiamo filmare il moto dei pianeti intorno al Sole e proiettare la pellicola al contrario, dalla fine all’inizio: ritroviamo la legge di Newton e, con osservazioni più raffinate, la relatività generale di Einstein. Non ci accorgiamo dell’inversione della freccia.

…e il film del bicchiere
Anche un bicchiere che cade e va in pezzi è un fenomeno meccanico, però il film dell’evento, se proiettato dall’ultima alla prima inquadratura, risulta assai improbabile. Ciò introduce, sia pure in modo grossolano, il tema dell’entropia, dell’ordine e del disordine. Il bicchiere è vetro ordinato, i suoi frammenti sono vetro disordinato. Da sempre i bicchieri si rompono, non si ha notizia di bicchieri che spontaneamente si siano ricomposti. Dunque l’universo procede inesorabilmente verso il disordine. La resurrezione dei morti promessa da alcune religioni sarebbe una violazione clamorosa.

La trappola dell’entropia
Fin qui siamo a Ludwig Boltzmann, il fisico nato a Vienna e suicida Duino che alla fine dell’Ottocento dimostrò che l’irreversibilità discende dal comportamento delle molecole nel loro complesso. Fenomeni che coinvolgono poche molecole (o pochi pianeti) sono reversibili, se gli oggetti sono numerosi ci vuole molta energia per tornare al punto iniziale, e ricadiamo nella trappola dell’entropia. Conclusione: non è il tempo a che fluisce in una data direzione, a fluire sono gli eventi, e questi non galleggiano sul fiume del tempo ma, semplicemente (?) accadono. Gli organismi biologici sono ordinati a spese dell’enorme disordine (degradazione di energia) necessario per generarli.

Passato, presente e futuro
Tralasciamo che Henri Poincaré ha fatto notare come in un sistema chiuso l’inversione spontanea non sia intrinsecamente impossibile ma solo estremamente improbabile, e che tale improbabilità sia calcolabile (centomila anni per ricostituire un sistema di 50 molecole, l’età dell’universo per 100 molecole e via crescendo). Ricordiamo, invece, che la relatività ha introdotto il concetto di spaziotempo a quattro dimensioni determinando un nuovo rapporto tra passato, presente e futuro, rappresentabili come regioni diverse (relative) dello stesso spaziotempo. Ma c’è qualcosa di più fondamentale, ed è la meccanica quantistica con il suo Principio di Incertezza formulato da Heisenberg.

“Tempo aperto”
Se il principio di causalità implica un “tempo bloccato”, la meccanica quantistica con il Principio di Incertezza consente un “tempo aperto” caratterizzato da una “evoluzione intrinsecamente imprevedibile degli eventi, a partire da quelli microscopici”. Tuttavia l’irreversibilità è salva: “E’ come se si mettessero gli eventi del mondo davanti a una serie di biforcazioni. Un certo stato di cose può prendere una direzione oppure un’altra. A priori non si sa quale sarà, ma quando il sistema ha imboccato una delle due vie possibili, tornare indietro diventa difficile, se non in circostanze eccezionali per le quali il bilancio è comunque sempre a favore di un aumento di entropia e di disordine. Può essere, in conclusione, che l’irreversibilità del tempo sia il prezzo pagato per la struttura granulare del mondo, che è poi anche la garanzia del suo permanere. Così come per esistere l’universo fisico si deve espandere e la vita deve evolvere in continuazione, può darsi che la realtà materiale nel suo complesso debba puntare in una sola determinata direzione, quella che comporta una perdita d’informazione”.

“Presente dinamico”
Quanto al nostro essere vivi, Boncinelli parla suggestivamente di “presente dinamico” e in particolare di un “presente psichico esteso” dai confini sfumati. In effetti tra passato e futuro non percepiamo un confine immateriale netto, ma una nostra esperienza esistenziale che si estende alle nostre spalle e davanti a noi: di poco, talvolta, qualche minuto di qua e di là; altre volte di anni e decenni, elasticamente come è elastico il gioco della nostra memoria – la quale non “memorizza”, come fa l’hard disk del computer, ma, appunto, “ricorda”, che è ben altra cosa.

Tempo e spazio granulari
Nell’incursione finale Boncinelli sfiora lo spaziotempo “di Planck” interpretato secondo la teoria della gravitazione quantistica di Carlo Rovelli. Sappiamo che, al limite dell’estremamente piccolo e dell’estremamente breve, spazio e tempo dovrebbero essere granulari: il tempo non fluisce ma gocciola, lo spazio non è liscio ma discontinuo, una ideale piccolissima biglia, anziché scorrere come sul velluto, saltellerebbe. Il “quanto di tempo” è circa un secondo diviso 10 alla 43, il “quanto di spazio” circa 10 alla meno 35 metri. “In questa teoria – conclude Boncinelli – lo spaziotempo non rappresenta un presupposto, come dire un dato di partenza, dal quale derivare tutto il resto, ma un punto di arrivo, emergente dalla continua interazione di un’infinità di quanti elementari, spazio-temporali e non. Rovelli ha proposto l’analogia con la superficie di uno specchio d’acqua. Noi vediamo questa superficie e la vediamo relativamente quieta, ma quella è a sua volta il prodotto di una infinità di burrascose interazioni molecolari che avvengono sotto il pelo dell’acqua”.

In balia degli eventi
Inquietante è per l’umanità questo tuffo nella invisibile turbolenza liquida. Il Boncinelli filosofo sembra affidarsi a una posizione esistenzialistica: “Ciascuno di noi si sente in balia degli eventi, incalzato dal ritmo del tempo che passa. Per molti, o forse per tutti, questo non è facile da accettare e si tende a rifugiarsi nel superiore e nell’eterno, cioè nei soliti ignoti.”

Una mail da Cambridge
Mi fermerei qui se una mail ricevuta da Cambridge (UK) non mi suggerisse ancora qualche riga che, per la verità, c’entra solo di striscio con ciò che ho cercato di riassumere della “lectio magistralis” di Boncinelli: si tratta essenzialmente di una assonanza intorno alle sillabe che compongono la parola tempo. A scrivermi è Andrea Pizzi, dottorando in fisica, e i “cristalli temporali” sono il tema che Pizzi mi invita a considerare.

Un’idea del Nobel Frank Wilczek
Premesso che ignoravo totalmente il concetto di “cristallo temporale”, devo ammettere che questa espressione ha sollecitato in me curiosità e fantasie. A concepirne l’idea fu nel 2012 Frank Wilczek, premio Nobel per la fisica (2004) per i suoi contributi alla teoria dell’interazione forte (cromodinamica quantistica), la forza che tiene insieme i quark e i nuclei atomici. Tutti conosciamo cristalli come i diamanti, gli smeraldi o i più casalinghi granelli di sale (cloruro di sodio). In questi cristalli “classici” gli atomi sono disposti secondo uno schema tridimensionale che si ripete identico per innumerevoli volte, tanto che il cristallo riproduce a scala macroscopica lo schema germinale a scala atomica. Nei cristalli temporali c’è una quarta dimensione, appunto quella del tempo. In pratica, si crea un cristallo e se ne cambia lo stato con un raggio laser opportunamente sintonizzato: gli atomi del cristallo si capovolgono nel nuovo stato e poi tornano indietro, per poi capovolgersi di nuovo e così via, senza assorbire alcuna energia dal laser. Si genera così un nuovo stato della materia che è perennemente in movimento a costo energetico zero. E’ come se si andasse avanti e indietro nel tempo, con rapidissime inversioni della famosa freccia, che così non risulta più ineluttabilmente unidirezionale.

Rischio moto perpetuo
Siamo pericolosamente vicini a stravaganze tipo moto perpetuo ma in realtà non è così: nel 2016 ricercatori dell’Università del Maryland hanno realizzato un cristallo temporale con atomi di itterbio, altri hanno ottenuto cristalli temporali dentro diamanti. Negli ultimi sviluppi di questo filone di ricerca, Gabriel Perdue del Fermilab (Chicago) ha usato un computer quantistico e, per così dire, ha trasformato il suo microprocessore in un “cristallo temporale”, impresa che sembra aprire grandi prospettive tutte da esplorare.

Tre pubblicazioni innovative
Andrea Pizzi, con i colleghi Andreas Nunnenkamp dell’Università di Vienna e Johannes Knolle dell’Università di Monaco, pubblica in questi giorni due articoli su “Physical Review Letters” e “Physical Review B” che segnano importanti progressi nello studio dei cristalli temporali. Sempre su “Physical Review Letters” è comparso un terzo articolo di argomento molto simile firmato dal gruppo di Norman Yao, Università di Berkeley, California.

Teoria classica o quantistica?
“I cristalli temporali – spiega Pizzi – hanno catturato l’attenzione della comunità scientifica e affascinato il grande pubblico facendo ciò che per molto tempo si credeva impossibile: rompere la simmetria temporale. Il concetto di simmetria è fondativo della fisica, e per quasi ogni simmetria che si conosce, esiste una fase della materia che la infrange. Per esempio, la leggi che governano le interazioni tra atomi hanno una simmetria spaziale, perché ogni punto dello spazio è equivalente, eppure in un solido gli atomi non occupano ogni punto, ma hanno delle posizioni ben precise, quelle del reticolo cristallino. Anche se le equazioni costitutive sono uguali in tutti i punti dello spazio, il cristallo non lo è: la simmetria spaziale è rotta. Similmente, un magnete rompe la simmetria rotazionale dei suoi dipoli magnetici, e così via. Fino a pochi anni fa c’è stato un grande escluso dalla lista delle simmetrie che possono essere rotte: il tempo. Poi la scoperta: esistono dei sistemi, i cristalli temporali, che rompono questa simmetria. Di recente si è avuta una esplosione di studi sui cristalli temporali, a cui il nostro gruppo di ricerca ha preso parte. In particolare, cristalli temporali di speciale rilievo sono i “prethermal time crystals”. Fino a poco fa, si pensava che questi fenomeni fossero genuinamente quantistici. Poiché la fisica quantistica è difficile da trattare sia a carta e penna sia al computer, lo studio di questi fenomeni risultava molto lento e complicato. Nei nostri articoli abbiamo mostrato che tali fenomeni sono in realtà descritti da una più semplice teoria classica. Riusciamo a simulare sistemi molto più grandi di quanto possibile in passato, accedendo finalmente alle situazioni che sono più rilevanti per gli esperimenti con una visione chiara di questi incredibili fenomeni.”

Ritorno alle basi
“Ciò che rende del tutto inusuale la nostra ricerca – conclude Pizzi – è che di norma la scienza procede nella direzione di complessità crescenti: prima si provano teorie semplici e solo dopo, se falliscono, se ne provano di più complicate. I prethermal time crystals sono un raro esempio in cui questo paradigma è capovolto: il nostro approccio classico è arrivato dopo. Nel 2017 altri ricercatori hanno proposto una affascinante, potente, ma inevitabilmente complicata teoria quantistica. Il nostro approccio al problema elimina la maggior parte di questa complessità, mantenendo una descrizione accurata dei fenomeni di interesse e garantendo accesso a simulazioni molto più efficienti. In questo senso il nostro lavoro enfatizza un aspetto di sociologia della scienza che va aldilà dei cristalli temporali. Presi dall’entusiasmo della ricerca, capita che gli scienziati dimentichino che la soluzione migliore è spesso la più semplice. I recenti sviluppi in fisica quantistica possono ispirare approcci “back to basics” in fisica classica.”

Tornando al libro di Boncinelli: i cristalli temporali aprono un varco, una sottile screpolatura nel cemento dell’entropia?

La Stampa 11/10/2021

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