Una ricerca per conoscere Liliana Segre
Liliana Segre, nata a Milano il 10 settembre del 1930, è un’attivista e politica italiana, superstite dell’Olocausto e testimone della Shoah italiana.
Il 19 gennaio 2018 è stata nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella «per avere illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale».
Nata a Milano, in una famiglia di discendenza ebraica, visse col padre, Alberto Segre, e i nonni paterni, Giuseppe Segre e Olga Loevvy. La madre, Lucia Foligno, morì quando Liliana non aveva neanche compiuto un anno. Di famiglia laica, Liliana ebbe la consapevolezza del suo essere ebrea attraverso il dramma delle leggi razziali fasciste del 1938, in seguito alle quali venne espulsa dalla scuola che frequentava.
Dopo l’intensificazione della persecuzione degli ebrei italiani, suo padre la nascose presso degli amici, utilizzando documenti falsi. Il 10 dicembre 1943 provò, assieme al padre e due cugini, a fuggire a Lugano, in Svizzera: i quattro furono però respinti dalle autorità del paese elvetico. Il giorno dopo, Liliana Segre venne arrestata a Selvetta di Viggiù, in provincia di Varese, all’età di tredici anni. Dopo sei giorni in carcere a Varese, fu trasferita a Como e poi a San Vittore a Milano, dove fu detenuta per quaranta giorni.
Il 30 gennaio 1944 venne deportata dal binario 21 della stazione di Milano Centrale al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, che raggiunse dopo sette giorni di viaggio. Venne subito separata dal padre, che non rivide mai più e che poi morì il 27 aprile 1944. Il 18 maggio 1944 anche i suoi nonni paterni furono arrestati a Inverigo (provincia di Como); dopo qualche settimana anche loro vennero deportati ad Auschwitz e uccisi al loro arrivo, il 30 giugno 1944.
Alla selezione, Liliana ricevette il numero di matricola 75190, che le venne tatuato sull’avambraccio. Fu messa per circa un anno ai lavori forzati presso la fabbrica di munizioni Union, che apparteneva alla Siemens. Durante la sua prigionia subì altre tre selezioni, in una delle quali perse un’amica che aveva incontrato nel campo. Alla fine di gennaio del 1945, dopo l’evacuazione del campo, affrontò la marcia della morte verso la Germania.
Venne liberata il 1º maggio 1945 dal campo di Malchow, un sottocampo del campo di concentramento di Ravensbrück che fu liberato dall’Armata rossa. Dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati ad Auschwitz, Liliana fu tra i 25 sopravvissuti.
Al rientro nell’Italia liberata, visse inizialmente con gli zii e poi con i nonni materni, di origini marchigiane, unici superstiti della sua famiglia.
Nel 1948 conobbe a Pesaro, mentre era in vacanza al mare, Alfredo Belli Paci, cattolico, avvocato, anch’egli reduce dai campi di concentramento nazisti per essersi rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò. Lei fu colpita dalla somiglianza fisica e caratteriale di Alfredo, più vecchio di Liliana, con il padre Alberto Segre.
Già battezzata con rito cattolico prima delle leggi razziali fasciste, si sposarono con tale rito nel 1951 ed ebbero tre figli.
Alfredo Belli Paci, deceduto nel 2007, presidente di Unione Nazionale Popolare – «Costituente per la Libertà», antifascista conservatore, aderì in seguito alla lista del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, gruppo postfascista e nazionalista guidato dall’ex funzionario della RSI Giorgio Almirante, candidandosi per la Camera dei Deputati nel 1979 in quanto anticomunista; ciò causò un’incrinatura del matrimonio, che si ricucì quando l’uomo abbandonò la politica su richiesta di Liliana.
La testimonianza della prigionia
«Era molto difficile per i miei parenti convivere con un animale ferito come ero io: una ragazzina reduce dall’inferno, dalla quale si pretendeva docilità e rassegnazione. Imparai ben presto a tenere per me i miei ricordi tragici e la mia profonda tristezza. Nessuno mi capiva, ero io che dovevo adeguarmi ad un mondo che voleva dimenticare gli eventi dolorosi appena passati, che voleva ricominciare, avido di divertimenti e spensieratezza.» Nel 1997 è stata fra i testimoni del film-documentario Memoria, presentato al Festival internazionale del cinema di Berlino. Nel 2004 era, con Goti Herskovits Bauer e Giuliana Fiorentino Tedeschi, una delle tre donne ex-deportate intervistate da Daniela Padoan nel volume Come una rana d’inverno. Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz (Bompiani, Milano). Nel 2005 la sua vicenda veniva ripercorsa con maggiori dettagli in un libro-intervista di Emanuela Zuccalà: Sopravvissuta ad Auschwitz. Liliana Segre fra le ultime testimoni della Shoah (Paoline Editoriale Libri, Milano). Nel 2009 la sua voce fu inclusa nel progetto di raccolta dei “racconti di chi è sopravvissuto”, una ricerca condotta tra il 1995 e il 2008 da Marcello Pezzetti per conto del Centro di documentazione ebraica contemporanea, che ha portato alla raccolta delle testimonianze di quasi tutti i sopravvissuti italiani dai campi di concentramento in quegli anni ancora in vita.
Nello stesso anno, partecipò al film/documentario Binario 21 di Moni Ovadia, diretto da Felice Cappa, che si ispirava al poema del poeta di origine russa Itzhak Katzenelson Il canto del popolo ebraico massacrato. Il 27 novembre dello stesso anno l’Università di Trieste le ha conferito la laurea honoris causa in giurisprudenza.
Il 15 dicembre 2010 l’Università degli Studi di Verona le ha conferito la laurea honoris causa in Scienze pedagogiche. Nel 2018 le viene conferito il titolo di “Membro onorario del Corpo Accademico” all’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti. Nello stesso anno ha ricevuto il Premio Passaggi, assegnato da Passaggi Festival a personalità che si sono distinte per l’attività di saggistica o per la loro figura morale.
Il 26 ottobre 2020, in occasione della cerimonia d’inaugurazione dell’anno accademico 2020/21, l’Università LUMSA le ha conferito la laurea magistrale honoris causa in Relazioni internazionali.
Per molto tempo non ha voluto parlare pubblicamente della sua esperienza nei campi di sterminio. Come per molti bambini dell’Olocausto, il ritorno a casa e a una vita diversa rispetto alla precedente fu tutt’altro che semplice. Anche Liliana Segre ricorda di non aver trovato in quegli anni orecchie disposte ad ascoltarla.
Senatrice a vita
Il 19 gennaio 2018, anno in cui ricadeva l’80º anniversario delle leggi razziali fasciste, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in base all’art. 59 della Costituzione, nominava Liliana Segre senatrice a vita “per avere illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”. È la quarta donna ad assumere tale incarico, dopo Camilla Ravera (1982), Rita Levi-Montalcini (2001) ed Elena Cattaneo (2013).
Il 5 giugno 2018, durante la discussione per il voto di fiducia al governo Conte I, è intervenuta per la prima volta in Senato ricordando le leggi razziali e il suo ricordo di deportata, suscitando il plauso di tutto il Senato. Ha inoltre dichiarato la sua ferma intenzione di opporsi a qualunque legge discriminatoria contro i popoli nomadi e le minoranze. Secondo Liliana: «La politica che investe nell’odio è sempre una medaglia a due facce che incendia anche gli animi di chi vive con rabbia e disperazione il disagio dovuto alla crisi e questo è pericoloso. A me hanno insegnato che chi salva una vita salva il mondo intero, l’accoglienza rende più saggia e umana la nostra società.»
Il Presidente Sergio Mattarella assieme alla Senatrice durante un evento al Quirinale
come primo atto legislativo ha proposto l’istituzione di una Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, proposta sostenuta tra gli altri dai colleghi senatori a vita Renzo Piano ed Elena Cattaneo.
Durante la discussione in Senato la senatrice intervenne affermando:
«Tale Commissione potrà svolgere una funzione importante: è un segnale che come classe politica rivolgiamo al Paese, di moralità, ma anche di attenzione democratica verso fenomeni che rischiano di degenerare. Istituire questa Commissione, però, è anche l’occasione per colmare una «lacuna» – e qui uso le virgolette con proprietà di causa – perché si tratta di dare un senso più compiuto alla già citata decisione europea» Il 7 novembre 2019, a causa delle crescenti minacce e insulti che le sono rivolti via internet, il prefetto di Milano Renato Saccone, sentito il comitato provinciale per l’ordine pubblico e la sicurezza, le assegna una scorta.
Il 10 dicembre dello stesso anno il Comune di Milano, assieme all’Associazione Nazionale Comuni Italiani hanno organizzato una grande manifestazione per testimoniarle la vicinanza di piccoli, medi e grandi comuni. Parteciparono oltre 600 sindaci che marciarono insieme con lei fino a piazza della Scala dove venne donata la fascia tricolore alla senatrice a vita che intervenne dal palco dicendo:
«Siamo qui per parlare di amore e lasciamo l’odio agli anonimi della tastiera e invece guardiamoci da amici anche se ci incontriamo anche per un attimo.»
Nel 2019 ha ricevuto il Premio Art. 3, assegnatole “per il coraggioso e quotidiano impegno a mantenere viva la memoria e i valori civili e morali che la nostra Carta costituzionale detta, in particolare con gli articoli 3, 8, 19”.
Nel gennaio 2020, durante la trasmissione Che tempo che fa, ha sostenuto che in primavera avrebbe dovuto tenere il suo ultimo incontro pubblico, dopo 30 anni come attiva testimone della Shoah. L’evento, organizzato col contributo dell’associazione Rondine Cittadella della Pace, si sarebbe dovuto tenere presso uno stadio di Arezzo. A causa dell’emergenza epidemiologica di COVID-19 però, l’ultima testimonianza pubblica di Liliana Segre è stata posticipata al giorno 9 ottobre 2020.
Il 29 gennaio 2020, su invito del Presidente David Sassoli, è intervenuta al Parlamento europeo, dove ha ricevuto un’ovazione dal pieno dell’assemblea.[30]
Il 18 febbraio 2020, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Roma “La Sapienza” e alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, le è stato conferito un dottorato honoris causa in storia dell’Europa, dedicato dalla senatrice a suo padre Alberto, “ucciso per la colpa di essere nato”.
Il 9 ottobre 2020 pronuncia l’ultimo discorso pubblico, prima di ritirarsi a vita privata, presso la Cittadella della Pace di Rondine, in provincia di Arezzo.
Jasmina Isufaj
Classe 1^C Scuola Secondaria di primo grado “Zirilli”