UN NEMICO SCONOSCIUTO
Mentre a fine dicembre 2019 e inizio gennaio 2020 pensavamo ai buoni propositi per l’anno nuovo ed eravamo del tutto ignari dell’emergenza sanitaria che si sarebbe creata, un nuovo virus altamente contagioso e completamente sconosciuto al nostro sistema immunitario aveva iniziato a circolare in una regione orientale del globo. Non avremmo mai pensato, all’epoca, che questo virus apparentemente così lontano avrebbe potuto diffondersi e causare tanti problemi a livello individuale e collettivo, per la salute, per i sistemi sanitari ed economici. Ma in poco più di due mesi lo scenario globale è cambiato radicalmente e noi abbiamo dovuto adattarci e far fronte alle nuove esigenze.
Già a novembre, e forse anche a ottobre, secondo le ipotesi di uno studio italiano, il nuovo coronavirus Sars-CoV-2 aveva iniziato a circolare in Cina, in particolare a Wuhan, la città più popolata della parte orientale, perno per il commercio e gli scambi. All’inizio, però, non si sapeva se si trattasse di un nuovo virus: ciò che inizia ad essere registrato è un certo numero di polmoniti anomale, dalle cause non ascrivibili ad altri patogeni.
I coronavirus sono una vasta famiglia di virus che prendono il loro nome dal fatto che al microscopio si osserva una sorta di contorno del patogeno simile ad una corona. Questi virus si trovano sia in animali che umani, causano un quadro clinico che può variare da una classica influenza fino a complicazioni più consistenti. Come altre malattie che colpiscono prevalentemente l’apparato respiratorio, l’infezione da questo virus può generare sintomi lievi come rinite, mal di gola, tosse e febbre mentre in persone considerate più fragili possono insorgere difficoltà respiratorie e polmonite. La polmonite causa facilmente la morte negli anziani, in quanto individui più fragili rispetto ai giovani, ma anche chi è già affetto da altre malattie complesse come diabete, cardiopatie, immunosoppressioni è più vulnerabile alle complicazioni della malattia. L’incubazione che è il periodo di tempo che passa dall’infezione alla comparsa dei sintomi clinici della malattia in questione dura in media 5-6 giorni, ma può durare anche circa 14 giorni, il che vuol dire che si può essere totalmente asintomatici anche per due settimane dopo il contagio. È dunque possibile trasmettere la malattia anche prima dimanifestare i sintomi e la trasmissione tramite aerosol non avviene: quando si starnutisce, ad esempio, si rilasciano numerose goccioline infette (droplets) che possono arrivare anche fino a 12 metri di distanza esse però cadono a terra trascinando con sè il virus; che non continua a viaggiare nell’aria potendo eventualmente infettare anche persone lontane. L’infezione tra persone avviene quindi unicamente tramite un contatto ravvicinato. Si può guarire trattando la sintomatologia in modo mirato, garantendo una cura costante del paziente e l’esito dipende molto dal quadro clinico che si presenta, ed alla salute iniziale dellapersona infetta.
I parametri di prevenzione primaria da rispettare in questi casi sono ovviamente il distanziamento sociale (a più di un metro gli uni dagli altri), il lavaggio frequente delle mani e l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale. Il virus nella sua natura cerca di infettare l’ospite per poter replicarsi; in quanto è un parassita endocellulare obbligato e non avendo organuli citoplasmatici è costretto ad utilizzare il metabolismo di un’altra cellula per la propria sopravvivenza e riproduzione.
La prima data ufficiale in cui inizia la storia del nuovo coronavirus è il 31 dicembre. Dalle prime indagini, era emerso che i contagiati erano frequentatori assidui di un mercato umido a Wuhan, che è stato chiuso il 1° gennaio 2020; da qui l’ipotesi che il contagio possa essere stato causato da qualche prodotto di origine animale venduto nel mercato.
Il 9 gennaio le autorità cinesi avevano dichiarato ai media locali che il patogeno responsabile è un nuovo ceppo di coronavirus e l’OMS divulgava la notizia il 10 gennaio, fornendo tutte le istruzioni del caso.
Nel mentre Wuhan diventava una città isolata e i festeggiamenti per il capodanno cinese venivano annullati. Lo scorso 29 gennaio in Italia venivano riscontrati i primi due casi di persone contagiate da coronavirus SarsCoV2. Due turisti cinesi erano stati ricoverati all’istituto Spallanzani di Roma e lì curati dai medici dell’ospedale. Il 6 febbraio un nuovo caso veniva segnalato a Roma: si trattava di uno dei nostri connazionali rimpatriati da Wuhan. Nella serata del 30 gennaio l’OMS dichiarava “l’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale” e l’Italia bloccava i voli da e per la Cina, unica in Europa. Venerdì 21 febbraio 2020 è una data centrale per la vicenda italiana legata al nuovo coronavirus. In questa data sono emersi diversi casi nel lodigiano, in Lombardia: si tratta di persone non provenienti dalla Cina, un nuovo focolaio di cui non si conosce ancora l’estensione. Pochi giorni dopo la situazione a Wuhan cominciava a stabilizzarsi; i contagi calano e il 2 Marzo il primo ospedale speciale chiude.
IL contagio purtroppo si è già diffuso nel nostro paese soprattutto nel nord; il che ha fatto sì che l’Italia venisse suddivisa in tre macro regioni: nord, centro e sud, ognuna delle quali con andamento epidemico diverso.
Tuttavia dato l’inizio del contagio anche in altre regioni, mercoledì 4 marzo il governo ha dato il via libera alla chiusura di scuole e università in tutta Italia fino al 15 marzo. Alla data del 4, stando ai dati della Protezione civile i positivi sono circa 2.700 e già c’è qualche caso (decine o qualche unità) in tutte le regioni. La Lombardia è in assoluto la più colpita arrivando a consumare anche 100000 mascherine al giorno, e altre 14 province, diventano “zona rossa”. Lunedì 9 marzo, intorno alle 22, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte annuncia in televisione di aver esteso a tutto il paese le misure già prese per la Lombardia e per le altre 14 province, tanto che tutta l’Italia diventerà “zona protetta”. In breve, il nostro Paese diventa il terzo per numero di contagi al mondo (al secondo posto c’è la Corea del Sud) e gli italiani vengono bloccati negli aeroporti stranieri in quanto possibili untori. In pochissimo tempo i contagi sono aumentati in modo esponenziale proprio a causa del fattore di contagiosità R davvero molto alto; tutto ciò ha preso alla sprovvista l’Italia in campo sanitario ed economico e di conseguenza anche sociale.
Nelle zone dei focolai arriva la decisione di chiudere scuole, uffici e cinema, a quel punto scattano le manifestazioni d’isteria di massa: la popolazione prende d’assalto i supermercati e fa scorte alimentari come se l’apocalisse fosse alle porte e non rimanesse che barricarsi in casa per settimane. Intanto, gli speculatori fiutano l’opportunità e fanno schizzare i prezzi di mascherine e disinfettanti oltre ogni limite del buonsenso: rimarrà nella memoria collettiva l’immagine delle quattro confezioni di Amuchina vendute su Amazon a 100 euro. Ora l’Antitrust ha messo sotto i riflettori piattaforme e siti online impedendo queste truffe. L’effetto coronavirus si abbatte sui mercati finanziari, la Borsa di Milano è la peggiore d’Europa, la crisi inizia a infettare i rapporti fra l’Italia e gli altri Paesi. Alle Mauritius 40 turisti italiani vengono bloccati sull’aeroplano solo perché arrivano dalle zone infette. Iraq, Kuwait, Giordania e Seychelles vietano l’ingresso agli italiani. E non saranno gli ultimi. Intanto, nel nostro Paese il settore del turismo viene sommerso da un’ondata di disdette: addirittura il 40% delle prenotazioni totali. E siamo solo all’inizio. Non va meglio al settore fieristico, con il Salone del Mobile di Milano costretto al rinvio. Ad inizio marzo nel mondo ci sono oltre 90.000 contagi però i primi studi vanno avanti e 20 vaccini possono essere considerati in fase di sviluppo. l’OMS dichiara che la mortalità del virus è 3,4% più alta di quella della normale influenza associata alla malattia all’inizio della catastrofe a causa dei sintomi simil-influenzali. Il numero dei malati bisognosi di reparti intensivi e di rianimazione intanto cresce esponenzialmente e le strutture sanitarie Lombarde sono nei guai perchè ci sono troppe persone in terapia intensiva e di conseguenza anche i normali reparti vengono riconvertiti per fare centri speciali covid. Facendo una panoramica dopo i primi giorni di marzo ci sono più di 100 paesi con almeno un contagio nel Mondo e l’Italia è il secondo paese dopo la Cina. Il campionato di calcio viene sospeso, le olimpiadi rimandate e così ogni altra forma di sport sia a livello collettivo che individuale e dopo qualche giorno (l’11 marzo) l’OMS dichiara lo stato di pandemia e Conte chiude bar, ristoranti, negozi, teatri, cinema… in tutta Italia. Continuano a lavorare supermercati e farmacie, luoghi in cui un solo membro della famiglia vi può accedere con le dovute giustificazioni e precauzioni. Tutto questo è l’inizio di un lungo periodo molto delicato per gli italiani sotto ogni punto di vista ma indispensabile ad arrestare i contagi. La scuola è stata giustamente una delle prime attività da chiudere e sarà anche l’ultima a ripartire, ma nonostante ciò l’istruzione, diritto dello studente, è stato un argomento assai attenzionato, in quanto quasi da subito i docenti tramite un app online hanno reso possibile il loro supporto e la continuità delle attività didattiche attraverso la DAD a mio parere in modo eccellente e ciò che all’inizio per molti aspetti si poteva ritenere un’assurdità nata dall’esigenza della costrizione in casa, in realtà si è rivelata una soluzione molto efficiente. Di lì a poco anche altre nazioni come la Spagna dichiarano lo stato di allarme. Il 16 marzo in Piemonte viene aperto un ospedale di emergenza a Cuneo e viene annunciata la costruzione di un nuovo ospedale ottenuto in pochi giorni anche grazie al buonsenso di numerosi volontari. Anche un aereo dalla Cina con esperti medici e materiale sanitario non tardano ad arrivare. Il 21 marzo Conte chiude tutte le attività produttive non essenziali; attività ricreative e tutte quelle attività che avrebbero inevitabilmente generato contatto umano e la continuazione della catena di trasmissione; soltanto le attività strettamente necessarie continuano a lavorare e produrre. Presto anche New York entra in lock down, ed in Italia un’ordinanza del Ministero dell’Interno e della Salute stabilisce il divieto di spostarsi dal proprio comune. Intanto la letalità del virus viene aggiornata dagli studi e risulta il 9,2% più alta rispetto alla media del mondo e “soltanto” lo 0,8% degli individui senza altre patologie muore; Il quadro italiano peggiora e l’Italia supera la Cina per numero di contagi.
Davvero emozionante è stato il discorso del Papa del Santissimo Sacramento e della Benedizione Urbi et Orbi, per la prima volta avvenuto in modo solitario con la piazza vuota, quasi da far impressione, il 27 marzo sul sagrato della Basilica San Pietro. A questo storico momento di preghiera, seguito dai cattolici di tutto il mondo, sempre più impauriti dalla minaccia del Covid-19 è stata annessa la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria.
A fine marzo la situazione sembra cominciare a stabilizzarsi o per meglio dire non continua a peggiorare drasticamente, arrivano altri aiuti umanitari dall’Albania, partono i test su altri 5 vaccini e l’indice di trasmissione riscontrato secondo l’ISS risulta vicino a 1. Inizia il mese di aprile e l’agenzia Europea del farmaco sta valutando una dozzina di vaccini contro il covid-19, due di questi hanno già superato la prima fase, ci vuole però almeno un anno e si stanno facendo i test su 40 farmaci. Conte allunga, in modo del tutto aspettato, le misure restrittive fino al 13 aprile. Il presidente dell’ISS afferma che in Italia 50 aziende producono mascherine. Nel frattempo laboratori dell’Arpa hanno prodotto già 8000 litri di gel igienizzante. Tutti sono in prima linea nella lotta contro il COVID-19. In tutta Italia si moltiplicano le aziende che decidono di riconvertire la loro produzione per fornire elementi necessari a sostegno alla lotta contro il virus. Dai gruppi della moda al digitale, sono sempre di più le imprese impegnate a produrre dispositivi per la protezione individuale e prevenire il contagio da coronavirus. Mascherine, camici, guanti, calze e occhiali a uso sanitario, ma anche respiratori polmonari e gel disinfettanti. Sono queste ora le priorità che hanno portato le aziende alla conversione della loro usuale produzione, cambiando o adattando i macchinari e rivedendo la logistica.
Il 5 aprile tutti i sacrifici fino a quel momento fatti cominciano a dare qualche riscontro positivo: l’ ISS annuncia il trend discendente della curva, fino ad allora i tamponi fatti ai sospetti malati di covid-19 o a chi fosse stato a contatto con un paziente infetto avevano dimostrato dopo un picco massimo una breve fase di standby in cui la media tra tamponi effettuati e malati riconosciuti si era mantenuta in un certo senso costante, preparandosi ad una lenta discesa. Tuttavia il numero dei malati che necessitava di respiratori artificiali non era diminuito e di conseguenza il 6 aprile apre l’ospedale a Milano costruito in pochi giorni per l’emergenza. Una particolare situazione da evidenziare riguarda una RSA a Bergamo, nella quale sono morti 52 anziani su 150, e l’11 Aprile viene aperta un’inchiesta sulle RSA di Milano. In Italia, secondo l’Istituto superiore di sanità, tra il 1 febbraio e il 14 aprile ci sono stati 6.773 decessi all’interno di queste residenze per anziani. Nel 40,2% dei casi le morti sono avvenute per Covid-19 o per sintomi tipici anche senza una diagnosi precisa. Ciò è avvenuto perché durante l’esplosione della pandemia le case di riposo non sono state considerate tra le priorità di intervento delle politiche pubbliche. Esse che non hanno tra il proprio personale le stesse professionalità specialistiche degli ospedali, si sono trasformate di fatto in piccoli reparti Covid-19, senza possibilità di organizzare un’assistenza sanitaria adeguata e ciò è davvero riprovevole in quanto i primi veri pazienti suscettibili alla letalità di questo virus e che dunque andavano protetti e salvaguardati sin da subito sono proprio gli anziani.
Mentre in Italia i contagi superano i 100.000 e l’OMS dichiara che il covid-19 è 10 volte più letale dell’influenza, per la prima volta in Cina non si registrano decessi e a Wuhan termina il lock down dopo quasi tre mesi. Il 14 aprile l’IFA autorizza l’avvio di uno studio sull’eparina a basso peso molecolare: questo perchè i casi più diffusi delle morti dei malati di covid-19 è attribuibile a dei micro coaguli situati nei capillari polmonari e che recentemente è stato scoperto sia efficiente trattare appunto con questa sostanza che è un anti coagulante.
Per quanto riguarda l’unico livello di prevenzione applicabile al momento, ovvero quello terziaro; curare efficacemente il Covid-19 si è rivelato subito un’impresa. La ragione è semplice: sino a 3 mesi fa non sapevamo dell’esistenza di questo virus. E’ per questa ragione che al momento ad essere utilizzati sono alcuni “vecchi” antivirali e il plasma delle persone guarite. Nell’attesa di risultati più solidi sul loro utilizzo c’è la necessità sempre più pressante, in vista di una eventuale seconda ondata, di individuare un protocollo di cura che i medici di base potranno somministrare a casa prima che l’infezione da coronavirus evolva richiedendo un ricovero (parlando di farmaci per Covid-19 intendo quelli somministrati in via del tutto sperimentale nei pazienti ricoverati con sintomi importanti).
Ad inizio epidemia, si è pensato di utilizzare degli antivirali (Lopinavir e Ritonavir) già in uso contro HIV. Purtroppo però, dopo le prime somministrazioni, uno studio pubblicato dal New England Journal of Medicine ha dimostrato che nello stadio avanzato della malattia, cioè quando servirebbero, questi farmaci non funzionano. Per questa ragione il mondo della ricerca ha provato ad utilizzare un farmaco, Remdesivir, messo a punto con scarso successo per l’Ebola ma efficace, in modello animale, contro il virus causa della SARS e della MERS; virus “abbastanza” simili a Sars-Cov-2. Utilizzato in via compassionevole su un paziente statunitense, i sintomi sono migliorati nel giro di due giorni. Un risultato che ha indotto gli scienziati ad estenderne l’utilizzo ad altri pazienti (in uno studio che ha coinvolto 53 pazienti negli Stati Uniti e in altre parti del mondo, 33 hanno avuto un miglioramento in termini di richiesta di ossigeno e 17 di questi 33 che avevano un ventilatore hanno potuto abbandonare la ventilazione meccanica).
Nell’attesa di chiarire l’efficacia dell’unico antivirale al momento disponibile, un’altra strada è rappresentata dall’utilizzo del plasma dei pazienti guariti. In queste persone infatti si sviluppano anticorpi contro il nuovo coronavirus che possono servire a chi è malato per combattere l’infezione. Già in passato, nei casi di influenza A (H1N1) la somministrazione di una soluzione arricchita di immunoglobuline si è dimostrata utile nel ridurre la mortalità. L’efficacia di questa terapia, già impiegata in passato con Ebola, con la SARS e la MERS, è stata provata anche da uno studio in Cina su 10 pazienti, pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS. Attualmente in alcune città del nord Italia, come Mantova, Padova, Lodi e Pavia sono partite delle sperimentazioni, che mostrano primi risultati di successo in pazienti gravi. Il vero problema di questo approccio però è relativo alla disponibilità di sacche di plasma. Per questa ragione una delle possibili soluzioni è rappresentata dalla creazione in laboratorio di questi anticorpi, (anticorpi monoclonali umani diretti contro la proteina Spike, una delle componenti del virus SARS-CoV-2. Inoltre il lancio di mascherine antibatteriche e antivirali da parte di un’azienda svizzera è stato testato come valido preventivo primario; a renderle tali è anche la funzionalizzazione dei tessuti in questione con argento “colloidale”, ovvero con nanoparticelle di argento in soluzione la cui attività antibatterica è nota da oltre due millenni.
Tutti questi metodi verranno ancora ulteriormente studiati e perfezionati in modo tale da sapere come intervenire al meglio nell’attesa della produzione di una efficace prevenzione primaria in assoluto, quale è il vaccino.
Il 16 aprile la casa farmaceutica Svizzera Rocher ha messo a punto un test sierologico. Tale test misura gli anticorpi anti-SARS-CoV-2 che il nostro organismo produce se entra in contatto con il Covid-19; si tratta di tre diversi anticorpi (le immunoglobuline IgA, IgM e IgG) che ci raccontano la storia dell’infezione ovvero se abbiamo incontrato il virus e da quanto tempo. Ne verranno fatti 250000 in modo da campionare al meglio la popolazione italiana ed avere un quadro più chiaro non solo dei malati fino ad ora individuati con i tamponi ma anche degli asintomatici.
All’incirca verso metà aprile in Europa si contano più di centomila morti e non ci sono più ricoverati a Wuhan.
Il 28 Aprile i contagi in Italia sono più di 200 mila ma l’ISS annuncia che il fattore R con 0 è sotto l’1 in tutte le regioni, un dato davvero rassicurante che ci fa ben sperare guardando al futuro. La contagiosità elevata è Il vero problema determinante la diffusione a livello mondiale del virus infatti inizialmente si era partiti da un fattore R molto alto (R3 o R4) ovvero una persona era in grado di contagiare 3 o 4 persone, e la presenza di asintomatici, i quali inconsapevolmente avevano contratto il virus comportandosi come untori non ha fatto altro che aggravare moltissimo la situazione.
In un momento così difficile, i cambiamenti sono stati tanti e non sempre negativi, alcuni addirittura positivi: l’ambiente e la natura, infatti, stanno pian piano riprendendo vita ora che si sta assistendo ad un forte calo di emissioni di carbonio. L’aria non è più inquinata come prima, i cieli sembrano più chiari e luminosi, gli Oceani e le acque sono più pulite, si è registrato un calo delle emissioni di gas serra e dell’inquinamento acustico. Il cambiamento, probabilmente, sarà solo temporaneo ma sta mettendo in luce il forte impatto negativo che l’uomo ha sull’ambiente.
Il presidente Conte annuncia la fase 2 in Italia con data di inizio prevista per il 4 maggio (sarà possibile spostarsi all’interno della regione in cui ci si trova anche per fare visite ai propri familiarisempre nel rispetto delle distanze e con le mascherine, e praticare sport in solitaria all’aperta); prevedendo anche un piano di riaperture delle attività tra maggio e giugno, in vista del continuo trend discendente della curva epidemiologica: ogni giorno nonostante vengano effettuati migliaia di tamponi in più rispetto ai periodi di picco della pandemia, i malati in percentuale sono sempre di meno (su 100 tamponi ad esempio sono qualcuno risulta malato).
Questa riapertura è stata decisa principalmente perché bisognava pensare anche al lato economico del paese, oltre allo stato di benessere collettivo dei cittadini in quanto per stato di benessere si intende non solo quello fisico ma anche psichico. Non prolungare il lock down ulteriormente avrebbe creato danni irreversibili a grandi e piccole imprese alcune delle quali purtroppo nemmeno riusciranno a ripartire.
Un’altra realtà riguarda i lavoratori in nero che non essendo riconosciuti dallo Stato non hanno potuto ricevere i supporti economici dovuti.
Evidenziando quello che è il punto di vista umano della situazione questi giorni di orrore e di isolamento credo ci abbiano dato modo di riflettere anche su molti aspetti della vita; ci siamo resi conto delle persone che veramente sono importanti per noi non potendole incontrare, di quanto sia importante il rapporto umano facendoci apprezzare le piccole cose a volte ritenute scontate ma che in realtà sono una fortuna.
Al momento la fase 2 è iniziata da più o meno 10 giorni ed è ancora presto per comprendere se effettivamente il buon senso del popolo italiano abbia dato i suoi frutti rallentando in modo drastico la diffusione del virus, anche se gli studiosi si aspettano una risalita se pur contenuta dei contagi.
Tuttavia una cosa è certa ovvero che fin quando non verrà trovato un vaccino efficace e stabile (operazione che potrà durare anche molti mesi) dovremo continuare ad utilizzare i presidi e le precauzioni stabilite nella speranza di avvicinarci sempre di più al fattore R0.
Tutto ciò va fatto nel rispetto e nella salvaguardia del prossimo in modo tale da raggiungere l’immunità di gregge attraverso una prevenzione primaria di tipo attiva, così facendo verrà salvaguardata tutta la restante popolazione suscettibile che non avendo contratto la malattia non ha ovviamente sviluppato gli anticorpi.
Bisogna ripensare a tutti i sacrifici sia sociali che economici di cui sfortunatamente siamo stati vittima in questi mesi, agli enormi contributi che tutto il personale sanitario ci ha fornito; agli strazianti ed interminabili turni di lavoro a cui sono stati sottoposti medici ed infermieri, mentre a noi l’unica richiesta fatta per dare una mano è stata quella di restare a casa al sicuro in modo tale da non vanificare nulla anche nel rispetto di coloro che non ce l’hanno fatta senza nemmeno poter ricevere un degno funerale.
Anche se le norme di restrizione andranno via via allentandosi, il ritorno alla vita come la conoscevamo qualche mese fa sarà ancora molto lontano ma gli unici a poter abbreviare questo tempo siamo noi stessi ed il nostro buon senso.
Insieme ce l’abbiamo fatta e ce la faremo.
Davide Lipari 4DBS