Il Mamertino porta con sé una storia fatta di cultura e civiltà
Mamertino: quando parliamo di ricchezze e meraviglie di un territorio intendiamo una molteplicità di elementi che, combinandosi armoniosamente, rendono un ambiente culturalmente versatile, ricco e dinamico. Ad un osservatore poco attento una “piccola” realtà come quella della città di Barcellona Pozzo di Gotto può, invece, apparire più o meno statica e priva di bellezze. Eppure basterebbe sbirciare sotto l’apparente manto del “ciò che sembra” per vedere “ciò che è”. Allora scopriremo che la nostra “piccola realtà” è un luogo ricco di meraviglie e di tesori, dove agrumeti, vitigni e uliveti la fanno da protagonisti. Se gli agrumi e l’olio rappresentano l’ “oro rosso e giallo” della nostra terra, gioiello non meno prezioso è però il vino, prodotto tipico nel nostro territorio.
Furono i Greci che, oltrepassando il Mar Ionio e sbarcando in Sicilia, diffusero la coltivazione della vite e la produzione del vino e, con esso, le sue virtù intrinseche. Sì, perché la vite e il vino, come decantavano antichi poeti in odi appassionate, “evocano i mondi interiori colorando la vita umana”. Il vino era considerato “annaffiatore” di menti, capace di spingere agli umori poetici, all’inatteso, al di là dell’ordinario: “Vinum Vita Est” – diceva Petronio – “nel vino è la vita”.
Omero ci racconta anche che il vino era simbolo indiscusso di prestigio sociale e per questo era consumato abbondantemente durante i tre pasti principali. Indubbiamente la vite e il vino hanno avuto sempre un posto di rilievo nella nostra cultura siciliana e soprattutto nella nostra contrada, anche se i giovani, che per un po’ di tempo si erano allontanati dal vino ritenuto troppo “grezzo”, “casereccio”,….“antico”, privilegiando altri tipi di bevande industriali, stanno ritornando ad apprezzare i nostri prodotti della vite, soprattutto il Mamertino, vino delle nostre terre. Considerarlo “antico” forse potrebbe essere anche corretto, ma nell’accezione più fedele al termine perché, in realtà, la coltura della vite è antichissima e la Sicilia ha avuto sempre un ruolo preminente nella cultura vinicola, come testimoniato in alcune monete del VI sec. a.C. che raffiguravano il Dio Dioniso da un lato e l’uva dall’altro, accanto al nome della città d’uso, ad esempio Naxos. Anche nel periodo romano il vino fu considerato una bevanda “divina”, e infatti Plinio il Vecchio nella “Storia Naturale” dedica ad esso e alla sua pianta tutto il quattordicesimo libro. E’ proprio nell’opera di Plinio, anzi, che si trovano importantissimi riferimenti alla nostra viticultura, e quindi al vino che già all’epoca si chiamava “mamertino”. Nella traduzione nostra si legge in particolare: “i vini mamertini prodotti intorno a Messina, in Sicilia, hanno conseguito il quarto posto durante i pubblici banchetti a giudizio del divino Giulio Cesare”, che infatti fu il primo a dar loro rinomanza e prestigio, quel prestigio che oggi è riconosciuto a livello internazionale.
Questi vini sono così chiamati, perciò, perché hanno assunto la denominazione della popolazione che all’epoca abitava le nostre contrade. I Mamertini erano stati, infatti, mercenari per il tiranno di Siracusa e poi, quando furono congedati, nel viaggio di ritorno verso l’Italia centrale pensarono di occupare le città del messinese popolando tutto il versante nord fino al confine con il promontorio di Tindari. Quindi i “Mamertini” sono i vini milazzesi, barcellonesi e tutti quelli che si producevano in queste contrade, come si evince dall’epistolario dello stesso Giulio Cesare. È in una cartina datata 1578, inoltre, che si può vedere come le zone limitrofe al golfo di Milazzo verso occidente, e quindi anche Barcellona, Castroreale, Terme Vigliatore, Furnari, siano i territori più vocati nella coltivazione dei vitigni che hanno dato alla luce anche vini di una certa importanza come l’EVOE’, il vino che il nostro concittadino Michele Stilo produceva nei terreni di contrada Sulleria (Rodì Milici) e il cui nome EVOE’ (Enoe) indicava il grido di giubilo delle baccanti di Euripide. La produzione dei nostri vini ha pertanto dato prestigio alla nostra città, soprattutto quando nel 2004 essi hanno conquistato il riconoscimento di “vino DOC”, ossia vino di Denominazione di Origine Controllata. Proprio in quegli anni, infatti, nessuna delle aziende del territorio – come “Cambria” di Furnari, “Grasso” di Milazzo, “Barone Galletti” di Contrada Sant’Andrea di Bafia, che producevano il vino Mamertino – aveva registrato il marchio. Fu l’azienda biologica “Vasari” di Santa Lucia che pensò di depositare il marchio “Mamertino”, creando conflitti interni poiché nessun altra azienda da quel momento avrebbe potuto utilizzare questa etichetta. Furono anni di contese, che hanno visto schierarsi l’una contro l’altra le case vinicole più prestigiose del nostro territorio fino a quando, grazie all’intervento della CIA di Milazzo e degli ispettorati agrari e forestali, si è arrivati ad una soluzione avviando tutta la procedura necessaria affinchè il Ministero delle Politiche Agricole potesse concedere il marchio a tutte le aziende che producevano e producono il prestigioso vino.
Ha avuto così inizio la vita di un vino DOC che fa onore al nostro territorio: il Mamertino. Ma non si può dimenticare che, per produrre un vino eccellente come il nostro, si richiede dedizione, pazienza, coraggio e intuizione, anche se ciò che lo rende speciale è altresì la qualità dei nostri terreni, poiché il legame tra vitigno e territorio è fondamentale. Infatti “un grande vino nasce nella vigna buona”, si dice, e i vigneti delle nostre zone sono stati particolarmente baciati dalla natura, che li ha scelti come culla per vini speciali che sanno di frutta, fiori, di acacia…. di vita. E poiché la terra è madre che genera e custodisce, i nostri produttori hanno capito che, per ottenere un risultato che sia la pura espressione delle caratteristiche della terra stessa, devono intervenire il meno possibile, lavorandola con amore, rispettando i tempi e le condizioni.
Dopo un anno di lavoro nel vigneto, quando i grappoli sono pronti, ecco quindi che arriva il momento della verità. Tutto l’impegno e gli sforzi compiuti si spiegano in questo momento così intenso e speciale, quando le decisioni intuitive che sono state prese via via durante l’anno – nelle gelate invernali, durante le piogge primaverili o nel caldo d’estate – sono state determinanti e non vi è più modo di tornare indietro. Negli storici palmenti – i più antichi dei quali si trovano nelle zone di Furnari, Rodi, Milazzo – avviene perciò la definitiva trasformazione dell’uva in mostro, materia prima che, dopo un attento e altrettanto delicato lavoro di vinificazione, nelle sue otto fasi darà vita al Mamertino e a tutti i vini pregiati del nostro territorio. E’ questo il coronamento di un lungo processo che sa di memoria e tradizione: quello della coltivazione e lavorazione di un vino dalle origini antiche che porta con sé, nella sua lunga storia, la cultura e la sapienza di un popolo, quello siculo-messinese, che dai tempi più remoti e nonostante le stratificate dominazioni, ha saputo tramandarsi esperienze e colture, tutte sempre fortemente radicate al territorio.
Perciò non dimentichiamo questa memoria. E’ vero che sempre più giovani sono tornati ad apprezzare il gusto e la genuinità dei buoni vini, e tra questi quello Mamertino DOC prodotto nella nostra terra – dimostrando questo interesse animando i wine pub o i wine bar della nostra città – ma, affinché questi prodotti siano realmente stimati, sarebbe opportuno che il loro consumo venisse preceduto dalla conoscenza di quanto amore, lavoro e fatica ci sia dietro quel calice degustato tra amici. Diffondiamo sempre più, perciò, questa conoscenza e, da barcellonesi, apprezziamo e promuoviamo anche tutte quelle iniziative che possono aiutare a diffondere la “cultura” del vino del nostro territorio, come ad esempio il convegno dal titolo “Dalla Terra alla Tavola. Una storia millenaria” organizzato il 24 gennaio 2020 dall’UTE di Barcellona Pozzo di Gotto che, grazie all’intervento di eccellenti relatori, ha fornito “spunto e corpo” anche a questo articolo.
Rita Chiara Scarpaci
Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.