Le orche di Genova: una triste storia senza lieto fine
Le orche sono tra i più intelligenti mammiferi esistenti ed è dotato di straordinaria memoria. È spesso protagonista di film, documentari e copertine, che tuttavia hanno contribuito il più delle volte a creare un falso mito tra lettori e spettatori, descrivendone soltanto il lato crudele e proponendo quindi un’immagine errata, non reale e poco veritiera di questo affascinante animale: quella di uno spietato assassino, che attacca e distrugge tutto ciò’ che incontra sulla sua strada.
Contrariamente a quanto si possa pensare, infatti, in condizioni normali le orche non attaccherebbero mai l’uomo nel loro ambiente naturale. Le orche vivono in vasti gruppi che comprendono un numero di individui compreso tra i cinque e i trenta e costruiscono perciò una famiglia verso cui mostrano un atteggiamento protettivo, come avviene del resto nei confronti dei loro piccoli.
La più recente dimostrazione di quest’ultima straordinaria qualità che le contraddistingue è la vicenda che negli scorsi giorni ha visto come sfortunati protagonisti proprio un gruppo di quattro orche, avvistate nel mare del porto di Genova. Un evento straordinario per le acque liguri, dove non si avvistavano da anni.
Il gruppo, composto da un maschio adulto, tre femmine e un cucciolo, ha nuotato costantemente all’imboccatura del bacino tra Prà e Voltri. Alcuni degli esperti biologi, medici veterinari e ricercatori, che insieme a motovedette della Guardia costiera hanno monitorato le condizioni del branco, hanno sin da subito formulato una prima ipotesi per cui si sarebbe trattato di esemplari provenienti dalla colonia che vive intorno allo Stretto di Gibilterra, fra Atlantico e Mediterraneo, i quali probabilmente si sono spinti fino in Liguria cacciando dei tonni.
Proprio perché gli avvistamenti di orche nel Mediterraneo sono rarissimi, il video che le ritraeva nelle acque al largo di Voltri è diventato presto virale. Tra le possibili cause che hanno portato il gruppo a raggiungere le acque liguri secondo gli esperti non sono da escludere i continui cambiamenti climatici, che provocano inevitabilmente sbalzi delle temperature delle acque dei mari, capaci di disorientare questo genere di mammiferi. È infine probabile che le orche abbiano, forse sfruttando il loro istinto, cercato un mare più calmo e “tiepido” per proteggere un cucciolo ferito o malato, sperando si riprendesse, sebbene ciò non sia accaduto.
Il particolare che ha tuttavia spinto molti ad interessarsi alla vicenda, suscitando molta commozione, è la forte determinazione con cui la madre del cucciolo ha trascinato con sé il corpo senza vita di questo, come spiegano gli esperti, portandolo più volte in superficie nel vano tentativo di consentirgli di respirare. Un comportamento tipico delle orche nei confronti dei propri cuccioli che hanno perso la vita. Più volte gli altri membri del gruppo sembravano riprendere il largo, ma poi sono sempre tornati indietro, non rassegnandosi all’idea di abbandonare il cucciolo.
Gli istituti coinvolti si sono più volte pronunciati sulle preoccupanti condizioni fisiche degli esemplari, i quali mostrano alcuni segnali di deperimento. È infatti stato impossibile dar loro da mangiare perché, in quanto animali abituati a cacciare, avrebbero rifiutato il cibo fornito dall’uomo. Per garantire agli animali, che si trovavano in una situazione di stress, il minor disturbo possibile, è perdurata per giorni l’ordinanza della Capitaneria di Porto di Genova per limitare l’interferenza tra la loro presenza e l’attività di navigazione.
Solo quando la madre avrà elaborato l’accaduto, il gruppo potrà lasciare il Mar Ligure e tornare in acque nettamente più adatte alle proprie esigenze. A quel punto i ricercatori potranno prelevare il corpo del cucciolo, che fornirà importanti informazioni per lo studio delle cause che ne hanno determinato la morte.
Giulio Bonanno IV C BS