“Cervelli in fuga”: una triste prospettiva per i giovani di oggi
Cervelli in fuga: L’emigrazione è un fenomeno che comporta lo spostamento di una o più persone dalla propria terra di origine per motivi diversi come la fame, la guerra, le persecuzioni religiose, o ancora per motivi politici etc… Questo fenomeno ha caratterizzato l’Italia per circa cento anni, in particolare negli anni che vanno dal 1873 al 1914 e in una seconda ondata dal 1918 al 1970 e infine una terza ondata che ha avuto inizio nei primi anni del 2000, precisamente nel 2007, e ancora non ha avuto termine. Quest’ultima momento migratorio mi ha colpito particolarmente perché, cosa che molti ignorano o fingono di non sapere, accade ancora tutt’oggi ed è purtroppo quella che viene definita “la fuga dei cervelli”, fenomeno che interessa particolarmente i giovani neolaureati.
Questo terzo flusso di spostamenti dall’Italia verso l’estero è stato causato da una grave crisi economica che comunque agli inizi del XXI secolo ha colpito non solo le regioni meridionali, dalle quali i giovani già si spostavano spesso a Nord, ma anche quelle settentrionali, interessando per lo più i ragazzi di età compresa tra i 26 e i 28 anni. La maggior parte di questi sono stati infatti costretti in questi decenni ad allontanarsi ed abbandonare il proprio paese per cercare migliori opportunità di lavoro all’estero, stipendi più dignitosi e molti altri motivi per realizzare il proprio futuro. Così, agli inizi di questa ondata migratoria, già il 10% di tutti i neolaureati e i diplomati, favoriti anche dai percorsi universitari di intercultura, iniziò a disperdersi in tutta l’Europa, a cominciare da Francia, Germania, Belgio, Svizzera e molti altri stati. Col passare del tempo la percentuale di emigrati in Italia aumentò e allo stesso tempo i giovani iniziarono a spostarsi anche verso l’America e l’Australia, tanto che tra il 2017 e 2018 circa 279 mila italiani hanno lasciato il paese, equiparando quasi il quantitativo di emigrati in Italia negli anni ‘50 del dopoguerra, corrispondente a circa 295mila individui all’anno.
Personalmente questa situazione mi dispiace molto, perché purtroppo non sempre chi sceglie di andare a lavorare all’estero lo fa per desiderio di libertà, ma molti sono spinti dalla necessità economica mentre altri cercano una propria realizzazione. Il caso dei “cervelli in fuga” rappresenta comunque una vera e propria perdita per l’Italia, poiché è un fallimento quando un paese si priva di risorse intellettive importanti per ricrescere, è un investimento in termini di formazione anche scolastica che si lascia andare.
E’ una perdita, quindi, perché questi giovani, soprattutto ricercatori o esperti in settori all’avanguardia, studiano e si preparano nelle nostre università ma poi vanno ad incrementare le economie altrui, determinando perciò una doppia privazione, dal punto di vista culturale e dal punto di vista economico. Non è facile risolvere il problema se non con una maggiore offerta di impiego anche a chi è qualificato, ma ritengo che uno dei possibili rimedi per limitare i danni sia un intervento serio delle istituzioni su più fronti: innanzi tutto gratificando i nostri “cervelli” migliori con retribuzioni adeguate, e in secondo luogo offrendo incentivi ad aziende e università italiane che assumono con contratti seri a lungo termine più neolaureati con comprovate qualità. Solo così potremo riuscire forse a frenare questo tipo di fenomeno, ma sino a che questo non accadrà noi, uomini di domani, dovremo solo rassegnarci. Spero quindi che nel tempo le cose migliorino ed a me non debba toccare la stessa sorte toccata a moltissimi giovani in questi ultimi decenni.
Giuseppe Levita
Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.