Il conflitto fra la libertà dell’individuo e la legge, morale e giuridica
DELITTO E CASTIGO di Fedor Dostoevskij
La legge ha da sempre rappresentato il modello di riferimento politico e civile condiviso e adottato dalla società al fine di garantire una pacifica convivenza tra i singoli individui: si tratta quindi di un anello di congiunzione sociale essenziale nella regolazione dei rapporti umani.
Secondo il protagonista del romanzo di Dostoevskjj, RasKolnikov, l’umanità è costituita da due grandi categorie di persone, gli “inferiori”, conservatori conformi all’ordinarietà, e gli “straordinari”, rivoluzionari sovvertitori della legge.
Possiamo allora generalizzare dicendo che la legge, offrendo la possibilità di essere seguita e rispettata così come la possibilità di essere messa in discussione ed infranta, rappresenta il fulcro di un delicato equilibrio sociale che oscilla tra l’ordine e la rivoluzione. Quando si infrange una legge, si va in qualche modo a lesionare quell’integrità sociale che mantiene tale l’ordine delle cose: si crea essenzialmente uno squilibrio tra mentalità diverse. Se, nel momento in cui viene ripristinato l’equilibrio, prevarrà la morale corrente la “lesione iniziale” potrà risanarsi, oppure, nel caso in cui l’anticonformismo prevalesse sull’ordinarietà, la “lesione” si ingrandirà sempre più, dando origine ad una frattura netta: quando ciò accade, si verifica ciò che noi definiamo “rivoluzione”.
Se ci soffermiamo a riflettere, sono innumerevoli le rivoluzioni che si sono succedute nel corso dei secoli, cominciando dalla rivoluzione più famosa di tutti, quella francese, per passare a quella russa o alla rivoluzione americana, ma non vanno assolutamente escluse le rivoluzioni scientifiche, astronomiche, tecnologiche, letterarie, artistiche e via dicendo… ecco quindi che il termine “rivoluzione”, pur racchiudendo in sé il concetto di anticonformismo e comportando spesso il sovvertimento della legge ordinaria per instaurarne una nuova, non allude sempre e necessariamente ad un significato negativo o distruttivo.
Si può, dunque, affermare che infrangere la mentalità corrente sia un atto per così dire “lecito” nella misura in cui le conseguenze che ne derivano possono comportare un miglioramento generale della società.
Avete mai pensato a come potrebbe essere il mondo senza “rivoluzione”? Probabilmente non saremmo qui a discuterne, dal momento che la prima vera e propria rivoluzione che determinò l’inizio della storia, innescando la catena di eventi che ci ha condotto fino ad oggi, fu la nascita della scrittura. Fino a quel momento infatti, nessuno aveva provato mai a mettere per iscritto ciò che veniva pronunciato, per il semplice motivo che la mentalità comune aveva così stabilito… nessuno tranne qualcuno, appartenente, senza dubbio, alla categoria degli “straordinari” di Raskòlnikov.
Allo stesso modo è possibile ragionare su eventi come la rivoluzione francese, evento cruciale nella storia settecentesca la quale ha inevitabilmente comportato morte e distruzione, ma senza la quale non si sarebbe arrivati a ciò che siamo oggi, perché la storia non è altro che una serie di eventi che si succedono tra loro in un ciclo logico e continuo in cui si alternano ordine e sconvolgimenti.
Appare chiaro quindi come la storia sia mandata avanti da continue sovversioni della legge, alla cui base vi sono individui in grado di “muovere” e “smuovere” le masse, con il fine di cambiare il mondo attraverso una… “parola nuova”.
In questa misura, il discorso espresso dal protagonista è pienamente giustificabile e, in qualche modo, anche condivisibile. Tuttavia non ritengo sia possibile generalizzare tale concetto applicandolo alla morale e al diritto moderno in quanto la società odierna è regolata da libertà e principi in passato non ancora contemplati. Il diritto alla vita ad esempio costituisce uno dei diritti inviolabili dell’individuo, di cui l’uomo è titolare per il semplice fatto di essere nato e niente e nessuno può privarlo di tale libertà, neanche se per scopi “ragionevolmente giustificabili”.
Dunque, è possibile concludere affermando che non esistono uomini inferiori né straordinari, ma solo uomini che nel loro complesso costituiscono un’umanità variegata all’interno della quale è possibile distinguere comportamenti definibili “conformi alla mentalità e alla moralità comune” e altri “tendenzialmente anticonformisti”, che guardano al mondo da prospettive diverse, ma che non per questo possono essere considerati superiori o dotati di qualità e aspirazioni eccezionali: ognuno se osservato sotto precisi aspetti può avere “il dono o il talento di dire in seno al proprio ambiente una parola nuova”.
Arianna Torre V C BS