Anita Garibaldi: l’eroina risorgimentale venuta da lontano
Anita Garibaldi è nata in Brasile ed è morta in Italia, vicino Ravenna, una delle più famose e importanti “eroine” della nostra storia. Morta giovane, anzi giovanissima: ventotto anni quasi da compiere.
Nel pieno Risorgimento italiano. Cullata tra le braccia del grande uomo con il quale aveva conosciuto l’amore. Ana Maria de Jesus Ribeiro de Silva, nota a tutti come Anita Garibaldi, possedeva un fascino ed un carattere davvero eccezionali per la sua epoca. Nata il 30 agosto del 1821 da Bento Ribeiro da Silva e Maria de Jesus Antunes, ebbe nove fratelli e sorelle, e mostrò ben presto la forza del suo carattere, soprattutto dai dodici anni in poi quando, rimasta orfana del padre, dovette dedicarsi ai più umili lavori per aiutare la famiglia. A tredici anni, con un corpo già sviluppato, attirava molti uomini e, dopo spiacevoli episodi, per evitare di essere nuovamente violentata, si rivolse alla polizia locale, che non fece quasi nulla. Fu così costretta dalla madre a sposarsi con un calzolaio, Manuel Duarte Aguiar, che avrebbe aiutato la famiglia economicamente. L’unione fu disastrosa: l’uomo era un ubriacone e professava degli ideali monarchici contrari a quelli di Ana. La ragazza era molto determinata e i litigi per la politica locale la fecero cadere in un pozzo di malcostume; tuttavia rimase a Laguna, la città dove viveva. Nel frattempo il marito si dovette arruolare nell’esercito imperiale nemico, lasciando la città e la giovane sposa. Intanto un generale, trentaduenne e conosciuto per le varie imprese compiute durante il Risorgimento, sbarcava con delle piccole navi a Laguna per attaccare di sorpresa la flotta imperiale. Si trattava del celebre Giuseppe Garibaldi.
Egli conobbe la giovane Ana nei pressi di una fontana. Ne apprezzò subito gli ideali e il forte carattere. Iniziarono a vedersi in quei giorni, intorno alla fine di luglio del 1839, ma l’amore tra i due sbocciò quando Garibaldi fu invitato da un amico a bere un caffè nella casa di Ana Maria. Quel giorno il generale le disse che in italiano il diminutivo di Ana diventava Anita, il che molto probabilmente era un vezzeggiativo storico poiché il diminutivo di Ana dovrebbe essere Annina. In ogni caso fu così che nacque il famoso nomignolo di Anita con il quale è conosciuta in tutto il mondo.
Da allora i due cominciarono a conoscersi, scambiando tecniche militari e costumi. La crescita della carriera di Anita era costante ed esponenziale. Presto divenne un’importante figura nell’esercito Repubblicano. La guerra, al contrario, procedeva lentamente e si era trasformata in resistenza e guerriglia. La situazione si complicò per Garibaldi quando, il 13 gennaio 1840, gli imperiali del nord attaccarono ancora e Anita venne catturata. Il generale quasi impazzì: amava la sua donna, ma allo stesso tempo aveva anche la responsabilità per i suoi soldati. Ma Anita era forte di ideali ed estremamente determinata, infatti riuscì a scappare. La guerra per il sud andava sempre peggio. I repubblicani lasciarono allora lo stato di Santa Catarina e trovarono rifugio nel Rio Grande do Soul. Lì Anita conobbe un altro italiano, Luigi Rossetti, che stava organizzando una campagna di aiuto per i repubblicani e trovò una grande intesa con le idee della ragazza. Si mise in mostra nella battaglia di Taquari. Anita avrebbe voluto prendervi parte, ma le fu impedito poiché aspettava un bambino, Menotti, che sarebbe nato il 16 settembre del 40. Dall’unione con Garibaldi vennero al mondo altri 3 figli, Rosita (morta a due anni), Teresita e Ricciotti. Ma l’episodio che dimostra la sua incredibile forza si verificò quando, per una seconda volta, gli imperiali provarono a catturarla per minacciare il generale. Uccisero alcune guardie, ma Anita riuscì a fuggire, infagottando il bambino di appena 12 giorni e montando a cavallo. La ritrovarono alcuni amici del marito dopo quattro giorni, in pessime condizioni, ma viva. La resistenza non procedeva nel migliore dei modi per l’ “eroe dei due mondi” e il suo esercito, tanto che furono costretti a ritirarsi ulteriormente all’interno dello Stato e ad uccidere alcuni cavalli per fornire un po’ di cibo. Ma le guerriglie durarono altri quattro duri anni e terminarono solamente nel 1845.
Gli ammirevoli gesti di Anita e la fama conquistata non bastarono a sostenere la famiglia. Inoltre in quei tempi Garibaldi appoggiava i pari diritti tra donne e uomini e l’ideale non andava a genio ai politici del luogo. Per risollevarsi dalla grave situazione che si era creata, dovette riconciliarsi con quello che era divenuto l’Impero Brasiliano. Venne ricompensato e gli fu offerta una migliore posizione economica. Arriva il marzo 1848. Il popolo genovese accoglie con entusiasmo la famiglia di Garibaldi, che arriva a bordo di una nave. La donna tocca terra e ringrazia i paesani anche a nome del marito rimasto in Uruguay. Si accorge compiaciuta dell’aria festosa, visto che sono ben 14 anni che Giuseppe è dovuto scappare in esilio ed è stato condannato a morte dal re. Ma tutti sanno che è un’ingiustizia, sanno che Garibaldi è un eroe. E lo è anche la moglie, Anita. Il suo nome salta di bocca in bocca. Oltre tremila persone festanti ascoltano con attenzione il suo breve discorso in italiano, mentre sventolano tante bandiere tricolori. Un giornalista prende appunti per un articolo che verrà pubblicato il giorno successivo sulla Lega Italiana. L’8 di marzo Anita si recò dalla suocera, a Nizza, dove Giuseppe la raggiunse il 21 di giugno, ricevendo omaggi ed onori. Ma la vita avventurosa dei due era destinata a continuare. Il 9 febbraio dell’anno dopo si recarono a Roma per partecipare alla proclamazione della “Repubblica Romana”. Tornarono nuovamente a Nizza e, finalmente per la prima volta, vissero in pace per due mesi.
Ma due soli mesi, poiché Garibaldi con i suoi legionari volle partecipare alla difesa di Roma e la moglie lo seguì nonostante fosse di nuovo incinta e non stesse bene. Anita, per cause non conosciute, cessò di vivere tra le braccia dell’amato alle 7 e 45 del 4 agosto 1849 a Mandriole, nei pressi della laguna di Comacchio. Così Garibaldi riporta nelle sue memorie:
“Le presi il polso, più non batteva. Avevo davanti il cadavere di colei che io tanto amava. Piansi amaramente la perdita della mia cara Anita. Raccomandai alla buona gente che mi circondava di dare sepoltura a quel cadavere e mi allontanai sollecitato dalla stessa gente di casa che io compromettevo rimanendo più tempo”.
“L’eroina dei due mondi”: così viene oggi ricordata. Cresciuta a pane e ideali, Anita ha combattuto, lottato, sofferto, scelto, rischiato, pagato, patito, sognato, desiderato e vissuto e amato. Anita Garibaldi è morta, giovanissima, ma il suo mito continua a vivere ancora oggi e di certo quella sera dell’estate del 49 non morì con lei.
Martina Crisicelli
Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.