Impresa di Fiume: il dodici settembre centesimo anniversario
L‘impresa di Fiume di Gabriele D’Annunzio prendeva avvio il 12 settembre di cento anni fa, un evento che fece enorme scalpore. Fiume, l‘ebbrezza al potere, quel che avvenne cento anni fa nella città, oggi Croata, è un unicum che ha segnato profondamente la storia d’ Italia e non solo.
“Non si era mai visto un poeta prendere una città e governarla” scrisse Bertolt Brecht, ma quella strana congrega di irriducibili, di soldati disobbedienti ai loro superiori ed obbedienti solo a Gabriele D’Annunzio, che il 12 settembre occuparono Fiume, era la versione Italica della grande convulsione post Bellica europea.
Marguerite Yourcenar ne ha raccontato una scheggia nel suo “Colpo di grazia” ma occupazione di città di confine ve ne furono ovunque da parte di corpi franchi, in rivolta contro i nuovi assetti stabiliti a Versailles.
E Fiume, la città di vita, con le parole del Vate, fu per più di un anno laboratorio politico esistenziale di anarchici e nazionalisti, protofascisti e protoantifascisti, sindacalisti e sognatori sciolti in un groviglio contraddittorio di pulsioni libertarie anche autodistruttive.
D’annunzio divenne cocainomane a Fiume, città di droga libera e sfrenatezza sessuale, lì si poteva divorziare e Guglielmo Marconi ne approfittò, si praticava l’arte e Toscanini andò a suonarvi; c’era il salario minino e una caotica aspirazione alla democrazia diretta, ispirava un’aria di febbrile e orgiastico romanticismo da superuomo opposto all’Italietta liberale di Giolitti che alla fine cannoneggiò la città per piegarla, ma pure Mussolini la guardava con fastidio anche se poi ne rilevò riti e miti.
Antonio Gramsci, che aveva definito D’Annunzio “serbo della massoneria anglo-francese”, alla fine fu attratto dalla carica rivoluzionaria del Fiumanesimo e tentò, senza riuscirci, di incontrare il poeta, novello Garibaldi che preferiva il “disobbedisco”.
Giusy Gullì e Gaia De Natale V C BS