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Due siciliani eroi da non dimenticare: FALCONE E BORSELLINO

Noi siciliani non dovremmo dimenticare, sicuramente, tutte le vittime ad opera di “Cosa Nostra”. Due grandi eroi, che con i loro processi stavano per riuscire a placare il fenomeno mafioso, furono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Tra qualche giorno celebreremo il ventisettesimo anniversario della morte di Falcone, mentre il 19 luglio celebreremo anche Borsellino. Le loro vite furono intrecciate fin dalla giovinezza: entrambi siciliani, nacquero infatti a Palermo. Giovanni nacque il 20 maggio 1939, Paolo 8 mesi dopo, il 19 gennaio, ed entrambi crebbero nel quartiere della Kalsa, una zona molto antica di origine araba.

Due siciliani eroi da non dimenticare: FALCONE E BORSELLINO

Nella vita di Falcone c’erano la scuola, l’Azione Cattolica e poco divertimento. Invece Paolo aveva una vita più vivace, aveva molti amici e a scuola non sbagliava un colpo, il dieci in greco parla chiaro. Frequentarono tutti e due il liceo classico e Giovanni, dopo aver finito le scuole medie, si iscrisse all’Accademia di Livorno, ma dopo ci ripensò e si iscrisse in Giurisprudenza. Paolo, invece, optò subito per lo studio della legge e, anche se quando morì il padre le condizioni economiche della famiglia peggiorarono, nonostante la difficoltà si laureò con centodieci e lode a ventidue anni. Anche Falcone si laureò a pieni voti e durante i suoi studi conobbe Rita, la donna della sua vita che lo sosterrà durante il suo percorso in Giurisprudenza. Dopo vari trasferimenti, i due si ritrovarono a Palermo, dove intanto la situazione era cambiata: gente che spariva o veniva uccisa misteriosamente. Durante questa guerra di mafia si rafforzò Totò Riina, capo della cosca dei Corleonesi. Questi omicidi, però, non scossero i siciliani, che si comportrono con la consueta omertà.

Due siciliani eroi da non dimenticare: FALCONE E BORSELLINO
Pool antimafia

Con l’arrivo di Antonino Caponnetto al Tribunale di Palermo nacque il Pool Antimafia che, unendo le indagini di mafia, ebbe successo, tanto che tantissime cosche finirono per essere distrutte. Però le famiglie mafiose siciliane rimaste ancora in piedi lottarono contro l’onestà, continuando con gli omicidi, soprattutto Totò Riina, che preparò un’estate di sangue, uccidendo anche i pentiti. Partì allora il Maxiprocesso, con ben 475 imputati, il più grande attacco alla mafia mai realizzato in Italia, per il quale vennero condannate 360 persone con la fedina penale sporca. Nel 1988, però, Antonino Meli venne nominato capo dell’Ufficio istruzione di Palermo, bocciando Falcone. Finì così il Pool e Falcone, allora, si trasferisce a Roma. Nella capitale, tuttavia, Falcone non allentò il suo impegno contro la mafia. Con un decreto da lui ideato, infatti, tornarono in carcere gli imputati di Cosa nostra scarcerati. Sconfitto nel Maxiprocesso, che gli costò l’ergastolo, Totò Riina volle vendicarsi tanto per cominciare di chi non gli aveva garantito l’impunità: il 12 marzo 1992, a Mondello, la spiaggia dei palermitani, fu assassinato Salvo Lima, capo politico della corrente andreottiana in Sicilia.

Due siciliani eroi da non dimenticare: FALCONE E BORSELLINO

Era il primo passo verso la strage di Capaci del 23 maggio, nella quale persero la vita, oltre a Falcone, anche la seconda moglie Francesca Morvillo, sposata nel 1986. 23 maggio 1992: allo svincolo di Capaci, sull’autostrada da Punta Raisi a Palermo, 500 kg di tritolo uccidono Giovanni Falcone, la moglie e tre agenti della sua scorta. Sono le 17.58: un boato terribile che scaraventò in aria un lembo di autostrada. L’Italia era scossa, soprattutto Paolo Borsellino, che dichiarò: “So che è arrivato il tritolo per me, la mafia mi ucciderà quando gli altri lo decideranno”. Il 19 luglio era una calda giornata d’estate, l’ultima per Borsellino. Andò a trovare sua madre ed alle 16:58, il boato dell’autobomba si sentì per tutta Palermo. La sua morte convinse il popolo a lottare per la legalità e per l’onestà. Quello che dobbiamo fare noi ragazzini allora è proprio questo: unire le nostre forze per un obiettivo comune, seguendo l’esempio di questi grandi eroi siciliani. Perchè “le loro idee devono camminare sulle nostre gambe”.

Salvatore Caravello

Classe I, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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