Sport per tutti: la sua funzione inclusiva per sentirsi liberi e vivi
Sport, quando ne parliamo intendiamo, per definizione, un’attività motoria volta a sviluppare le capacità fisiche e psichiche degli individui che la praticano, al fine di esaltarne il rendimento in competizione. Tuttavia, esso possiede anche altre funzioni, che forse a volte non si manifestano in modo evidente ma che non per questo sono meno rilevanti, tutt’altro. Una di queste è quella di riuscire a fungere da “collante” fra persone; fortissimi legami umani, infatti, si creano e si coltivano grazie ad esso. Lo sport ha anche una funzione educativa, in quanto insegna l’importanza del rispetto delle regole e degli altri, compagni o avversari che siano; serve da stimolo a superare i propri limiti e a riprovarci nonostante le sconfitte.
Non solo; tra le innumerevoli discipline praticate, ritroviamo alcune attività motorie adattate rientranti nel movimento paralimpico e dedicate ai diversamente abili. Lo sport è quindi anche la chiave per aiutare ad andare oltre ogni “diversità”, dal momento che tutti possono praticarlo.
Concentrandoci su quest’ambito parasportivo, gli atleti che ne entrano a far parte vengono suddivisi in base alle loro possibilità fisiche: grado di cecità, abilità motorie, tipologia di protesi, ecc. Queste classificazioni servono a rendere le competizioni più equilibrate. Anche le regole dei giochi vanno riadattate e un classico esempio in tal senso è rappresentato dal basket in carrozzina. Le modifiche alle regole delle singole discipline sono spesso così profonde al punto da far riconoscere in esse “discipline nuove” in cui chi non è disabile non ha chances di cavarsela; immaginiamo, infatti, cosa riuscirebbe a fare un cestista normodotato contro un cestista con disabilità, entrambi su una sedia a rotelle!
Si afferma con estrema evidenza la funzione inclusiva dello sport.
Perché, allora, si continua a parlare di discriminazione e diversità anche in questo settore?
Dal mio punto di vista, essa viene favorita da tutti i servizi e trasmissioni radio, televisive, web, che fanno apparire i diversamente abili, sportivi e non, come persone con qualcosa che non va, “imperfette”, allo scopo di impietosire la massa e, magari, lucrarci sopra e fare audience. Questa prassi incide anche sui disabili stessi, poiché ne alimentano i complessi di inferiorità o diversità, facendoli sentire degli “animali da circo”.
La soluzione sarebbe ignorare queste dinamiche. È importante praticare sport solo per il piacere di farlo, non per dimostrare qualcosa alla società ma solo per sentirsi liberi e vivi, nonostante le difficoltà con cui è necessario fare i conti ogni giorno.
I normodotati non hanno motivo di provare pietà per i disabili; dovrebbero invece imparare a conoscere la loro normalità, sedersi con loro, magari sulla carrozzina, giocare insieme ai ciechi con gli occhi bendati, provare a vivere sulla propria pelle la loro dimensione spaziale, temporale, esistenziale; certamente avrebbero molto da imparare a cominciare dal fatto che la normalità è relativa.
Gabriele Gattarello IV A
Liceo scientifico – opzione scienze applicate- “Empedocle” (Me)