ANIME E MANGA
“Manga” è un termine che in Giappone indica i fumetti in generale. Per il popolo giapponese i manga rivestono un ruolo intellettuale ed economico molto importante e sono considerati un mezzo artistico ed espressivo non meno degno della letteratura. I manga si possono distinguere in base al target a cui si rivolgono e in base alle categorie.
In base al target, troviamo un genere di manga rivolto ai bambini, detto Kodomo. Esempi di Kodomo sono Doraemon, Hamtaro e magica Doremì. Per quanto riguarda un target di adolescenti, si distinguono i manga per ragazze, detti shōjo (indicativamente dai 10 ai 18 anni) e manga per ragazzi, chiamati Shōnen
Gli shōjo manga affrontano soprattutto temi romantici e presentano di solito un personaggio principale femminile. Esempi di Shōjo ce ne sono tantissimi, per esempio Lady Oscar.
Gli shōnen invece trattano spesso di sport, specie di calcio o baseball, oppure rientrano nel filone della fantascienza, con un eroe-robot oppure con un eroe-pilota che combatte per salvare la Terra dall’invasione aliena di turno, o di personaggi eroici o fantastici che tramite duri combattimenti adempiono alla loro missione.
Tra gli shōnen più popolari ricordo Ken il Guerriero, Dragon ball, GTO, Naruto, Bleach e One Piece(il più venduto e popolare al mondo). Per un pubblico adulto, over 18, esiste un genere chiamato seinen e tratta tematiche complesse, con una grafica spesso ricercata: Es –, Berserk, Akira
Poi ci sono le classiche categorie che non necessitano di ulteriori spiegazioni: avventura, fantascienza, horror/dark (claymore, devilman), maghi/maghette (incantevole creamy, Magica Emi, Rensie la strega), poliziesco (detective conan, l’ispettore Gadget), psicologico (Death note,CODE GEASS), scolastico (la maggior parte degli shojo), sportivo (Holly e Benji, Mila e Shiro).
Anime
Gli anime, parola che deriva dall’inglese “animation“, non sono altro che i cartoni animati giapponesi e spesso sono tratti dalle storie dei manga.
Con il crescente interesse verso la cultura nipponica, però, le trasposizioni animate iniziano ad assumere un altro valore, diventando un mezzo alternativo per avvicinarsi al Giappone per la prima volta. Non è un caso che molti ragazzi si siano interessati al Sol Levante proprio grazie a un anime.
I primissimi esempi di anime risalgono ai primi anni del 1900, con il Giappone che apre sempre più le sue porte verso l’Occidente. Colpiti dalle opere animate estere, il pittore Seitarō Kitayama, e i vignettisti Oten Shimokawa e Jun’ichi Kōuchi iniziano a sperimentare autonomamente alcune tecniche di animazione, tra cui fotografare a una a una le vignette che disegnano su una lavagna. Sono loro i pionieri del mondo degli anime.
Passano gli anni ma le tecniche e i materiali a disposizione dei piccoli studi giapponesi scarseggiano, tanto che i filmati prodotti tendono a essere privi di dettagli e di fluidità. Senza contare che la fama del rivale occidentale, un tale Walt Disney, cresce sempre di più.
Siamo negli anni Trenta e la produzione di cortometraggi viene finanziata dal governo, che se ne servirà come mezzo di propaganda in tempo di guerra. Gli anni successivi al 1945 sono caratterizzati dalla pesante situazione economica e dalla conseguente crisi del settore cinematografico, ma è proprio in quel periodo che nasce il primo lungometraggio a colori dell’Asia e primo vero anime: “La leggenda del serpente bianco”, a cura della neonata Toei Animation.
L’animazione giapponese riparte, sostenuta anche dalla fiorente industria manga a cui inizia a legarsi. Ed è proprio ai manga che gli anime devono la loro evoluzione, quando il 1° gennaio 1963 va in onda il primo episodio di Astro Boy, il personaggio più famoso del “dio dei manga” Osamu Tezuka.
È il primo passo che sancisce l’inizio dell’animazione moderna giapponese.
Pietro Sampieri, Andrea Terranova,
I.C. “Vittorini”