Foibe: al Majorana i giovani imparano e ricordano!
Un omaggio alle migliaia di italiani «colpevoli di essere italiani» e uccisi barbaramente dai soldati con la stella rossa. Un omaggio a tutti quegli altri italiani che nel silenzio generale dovettero abbandonare l’Istria, Fiume e la Dalmazia per disperdersi in Italia o raggiungere mete più lontane.
“Verità sepolte riaffiorano e volontà di ristabilire la verità” i temi conduttori della giornata vissuta al Majorana di Milazzo in occasione della conferenza sulle Foibe cui i giovani delle classi V dell’Istituto Tecnico Tecnologico giovedì 21 febbraio hanno preso parte alla presenza del sindaco Giovanni Formica, dell’avvocato Maria Rosaria Cusumano, presidente dell’associazione Sciarpabianca e promotrice dell’evento, dell’onorevole Roberto Menia, primo firmatario della legge per l’istituzione della giornata del Ricordo, delle sorelle Capone, esuli istriane, del prof. Daniele Fazio e di PierAngelo Giambra, editore del libro “Sulle ali della memoria – Gli esuli giuliano-dalmati di Sicilia ricordano”.
“E’ opportuno e doveroso affrontare il vuoto storico di una delle pagine della storia recente del nostro Paese e dimostrare che la guerra non ha mai vincitori di nessun tipo e di nessun senso e che la barbarie quando si è in guerra c’è sempre da entrambe le parti” sono le parole del Dirigente Scolastico, prof. Stello Vadalà, con cui si dà avvio alla giornata di studio coordinata dalla professoressa Rossella Scaffidi.
Il Majorana ha voluto così studiare a fondo, con gli alunni, l’orrore e, grazie all’apporto dello storico Daniele Fazio e all’ausilio di immagini e testi tratti dal libro “Sulle ali della memoria – Gli esuli giuliano-dalmati di Sicilia ricordano” imparare a conoscere e ricordare il dramma dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale e le vittime delle foibe per colmare un vuoto di una pagina tra le più cupe della storia contemporanea, avvolta a lungo nel silenzio e nel buio, come le tante vittime, inghiottite nelle cavità carsiche, le cosiddette foibe, per volere del maresciallo Tito e dei suoi partigiani, in nome di una pulizia etnica che doveva annientare la presenza italiana in Istria e Dalmazia.
Una memoria che per troppo tempo è andata persa ma che, dal 2004, si ricorda ogni 10 febbraio.
Proprio l’onorevole Roberto Menia, primo firmatario della legge per l’istituzione della giornata del Ricordo e relatore alla mattinata di studio, con il suo energico e sentito intervento ha voluto “raccontare un po’ di storia e di vicende personali” e riferire, lui testimone indiretto, di aver sempre percepito, da bambino, nei racconti dei familiari un senso di ingiustizia verso la loro storia, quella storia che aveva portato migliaia di italiani a dover lasciare le loro case e la loro terra, e che spesso lo portava a interrogarsi sul perché di quella sorta di reticenza a dire ciò che era accaduto, come se si trattasse di un rito privato da nascondere.
Accomunate in questo mondo di emozioni e di ricordi le sorelle Capone, esuli istriane e attente testimoni dirette del dramma degli abitanti delle terre contese e degli esuli poi, con delicatezza e dolcezza si sono rivolte ai giovani presenti in Aula Magna augurando loro di non dover mai conoscere l’orrenda realtà della guerra.
La decimazione fisica della gente prima e l’esodo poi hanno oggi un nome: le violenze delle foibe, ormai acclarate dalla Storia e parte di un disegno repressivo del comunismo di Tito, e che pertanto devono essere considerate tra le tragedie più efferate del secolo scorso.
I confini di quella Jugoslavia, cui veniva assegnata l’Istria, il Quarnaro e gran parte della Venezia Giulia, prima facente parte dell’Italia), con la sottoscrizione dei Trattati di pace di Parigi, venivano ridisegnati. Essa fu teatro di un eccidio efferato che si consumò nel nord est di un’Italia lasciata a se stessa e dilaniata dalla guerra civile. Lungo il confine orientale, in quelle zone che maggiormente subirono la pressione fascista, l’insofferenza sfogò in una rivendicazione violenta da parte degli oppositori, unitisi a Tito. Mossi dal loro odio verso il regime di Mussolini, queste popolazioni iniziarono un’oppressione arbitraria e violenta non solo verso coloro che avevano aderito al fascismo, ma anche verso chi era contrario all’annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia e non si riconosceva nel nuovo regime comunista.
Non si conosce con precisione il numero delle vittime. Con il termine vittime delle foibe si comprende anche coloro che furono fucilati, uccisi direttamente sul posto, annegati, morti durante il trasferimento ai campi di prigionia jugoslavi e all’interno di essi. Le cifre delle vittime si basano sulla conta delle persone scomparse e non più ritrovate. In questo senso si parla di circa 7 mila vittime delle foibe, e 350 mila quelli che dovettero abbandonare le loro case e le loro terre. L’ondata di esecuzioni portata avanti tra il 1943 e il 1947 dai partigiani titini si trasformò in un’autentica operazione di pulizia etnica. E le vittime italiane non erano solo personalità legate al regime, ma anche insegnanti, impiegati, sacerdoti, autonomisti fiumani, antifascisti e anticomunisti.
Lezione di storia ma soprattutto di vita quella che oggi è stata vissuta nell’Aula Magna del Majorana che, al di là di ogni retorica che a volte accompagna certe celebrazioni o commemorazioni, si inserisce appieno nell’intento educativo e formativo di promozione dello spirito critico dei propri alunni, nella consapevolezza che la storia sia semper magistra vitae e che debba perseguire la tutela dell’uomo, della dignità e dell’umanità.
Franca Genovese