Il business della resurrezione
Il 18 novembre in Gran Bretagna, il corpo di una ragazza di soli quattordici anni è stato congelato: la ragazza non desiderava essere seppellita dopo la morte, ma ha chiesto e ottenuto da un giudice, che si è occupato del suo caso, di essere crioconservata nella speranza di poter essere, un giorno, risvegliata e curata dalla sua rara patologia.
Una sepoltura “alternativa” per chi non si accontenta del proprio destino; alle volte comprensibile ma solo fin quando si tratta di un desiderio, un’illusione di cui nutrirsi per star meglio, chi non vorrebbe una “seconda chance”? Tutto lecito, ma non nella realtà.
La crioconservazione inizia appena il cuore cessa di battere ma prima che avvenga la morte cerebrale; ed è proprio per questo che in Italia non viene effettuata, poiché le leggi prevedono un periodo di osservazione di 24h dall’arresto cardiaco per poter dichiarare la morte di un individuo.
Questo margine di tempo previsto dalla legge è in contrasto con la procedura della crioconservazione in quanto, per evitare la decomposizione, è necessario portare il corpo a -90° entro mezz’ora dalla morte per predisporlo all’ibernazione. Successivamente il sangue viene sostituito da una sostanza in grado di evitare il congelamento dell’acqua nelle cellule, il corpo viene portato a -196° (la temperatura dell’azoto liquido in cui viene immerso) e conservato a testa in giù in apposite cisterne chiamate “tewar”.
Fino ad oggi 377 corpi sono stati “conservati” con questa procedura e la lista di attesa conta più di due mila persone.
Questa pratica prevede una spesa notevole, a seconda se si decida di congelare l’intero corpo o solo il cervello; la prima ammonta a più di 100.000 euro, mentre la seconda a circa la metà ma tutto ciò dipende dalla società a cui si decide di affidare questo servizio.
Sono soltanto tre le società nel mondo attive in questo settore: l’Alcor e la Cryonics Institute negli Stati Uniti e la KryoRus in Russia.
L’Italia, per il momento, “non si sporca le mani”; preferisce mantenere una posizione marginale da cui trarre un proficuo tornaconto economico, occupandosi del trasporto dei cadaveri nella sede adibita alla crioconservazione. L’Italia è stato uno dei primi Paesi a fiutare il “business della resurrezione”. Ebbene sì, persino la vita è diventato un affare, al momento conteso da americani e russi.
Filippo Polistena, il titolare di un’agenzia di Pompe Funebri, ha fondato la ‘Polistena human criopreservation’ con sede a Mirandola, e sostiene che “Le criobanche saranno le banche del futuro”. Inoltre, dichiara: “Le richieste che ricevo, anche per quanto riguarda semplici informazioni, arrivano soprattutto da persone del Centro-Nord Italia, dai 50 anni in su. Siamo addetti al trasporto di corpi in tutto il Paese verso la Russia da due anni. Nell’arco di massimo tre ore raggiungiamo il luogo, poi sistemiamo il corpo nel ghiaccio secco e in due giorni arriva a Mosca attraverso un semplice volo di linea, viaggiando come bagaglio speciale.”
Tutto ciò è orripilante, i corpi vengono trattati come carni di bestiame; spostati da un lato e dall’altro come fossero merce da esportare e rivendere al miglior acquirente. Nella morte si è perso il vero valore della vita.
Nel frattempo l’interesse verso questa tematica sta crescendo, forse meno della ricerca ma, certamente, più di quanto sia stato indagato finora nel cinema, nella fantascienza e nella scrittura. Cresce la disperazione degli uomini e l’aspirazione ad una seconda possibilità.
Ci si fa congelare senza la certezza di risvegliarsi un domani poiché, ad oggi, non si è ancora trovato un metodo per riportare in vita le persone ibernate; ma se in futuro sarà possibile risvegliarsi, che prospettiva di vita ci si deve aspettare? Forse quella di una cavia e certamente quella di una nuova vita in solitudine, visto che al risveglio, tutto il nostro mondo di affetti sarebbe già scomparso.
La paura di dover morire ha da sempre turbato l’esistenza di qualunque individuo ma perché sfidare il nostro ineluttabile destino? La scelta della crioconservazione ricorda un po’ l’antico popolo egizio: l’idea della morte e di una seconda possibilità lo portò ad attuare sui corpi dei defunti pratiche rituali come l’imbalsamazione, al fine di garantire una vita nell’aldilà.
La morte è una voragine a cui non esiste rimedio anche se la speranza ha sempre cercato, in qualunque periodo storico, di trovare una via “immortale” per la nostra esistenza. Si tratta forse di fantascienza? La resurrezione rimane ancora una dote divina.
Di Salvo Aurora V C BS