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Simona Atzori: colei che “nulla può ma tutto fa”

Simona Atzori è nota al grande pubblico per essere una ballerina e pittrice straordinaria, eccezionale nel vero senso della parola. Simona nasce, infatti, a Milano il 18 giugno 1974, da genitori di origini sarde, priva degli arti superiori ma, nonostante ciò, ha saputo fare del proprio handicap un elemento di unicità in campo artistico.

Potenziando e concentrandosi sull’uso degli arti inferiori ha in particolare dedicato tutte le sue energie alla pittura e alla danza, discipline nelle quali il suo talento eccelle. Avvicinasi alla pittura fin da piccolissima, all’età di quattro anni, Simona prosegue poi il suo percorso come autodidatta e nel 1983, all’età di nove anni, entra a far parte della VDMFK (Associazione mondiale di artisti che dipingono con bocca o piedi). Nel 2001 consegue la laurea in “arti visuali” presso la University of Western Ontario, in Canada, e da allora i suoi dipinti trovano spazio, oltre che in Italia, nelle gallerie di tutto il mondo, come Svizzera, Austria, Portogallo e Cina. Dal 2008 la sua mostra è permanente nella città di London, in Ontario (Canada) a riprova del suo grande talento.

Ma colei che “nulla può ma tutto fa”, così come è chiamata spesso, non si limita a dipingere con quelle che lei definisce le sue “mani basse”, ovvero le gambe. Inizia infatti a danzare all’età di sei anni, seguendo le prime lezioni, e coltiva questa passione negli anni, fino ad arrivare nel 2000 ad esibirsi in un luogo unico, dove prima di allora nessuno lo aveva fatto: una chiesa. Simona è infatti in questo contesto “Ambasciatrice per la Danza” del Grande Giubileo. Durante la sua vita, tuttavia, l’eclettica artista si è esibita anche con importanti personaggi della storia della danza, come Marco Pierin, e in occasione delle Paralimpiadi invernali del 2006 di Torino viene invitata a danzare nella cerimonia di apertura, un grande onore per lei, per la quale nel 2002 è stato istituito il premio d’arte che porta il suo nome. Tale riconoscimento è stato conferito negli anni a diversi nomi noti della danza, tra i quali ne ricordiamo due di grande spicco: Carla Fracci e Roberto Bolle. Come pittrice, invece, nel corso della sua carriera di artista Simona ha avuto modo di donare a papa Giovanni Paolo II un ritratto del Santo Padre da lei realizzato. La sua è quindi una storia di grande volontà e determinazione, oltre che di un grande talento. Quando nel 2005 il grande giornalista Candido Cannavò, ex direttore de “La Gazzetta dello Sport”, pubblica il libro “E li chiamano disabili” (Storie di vite difficili coraggiose stupende, con prefazione di Walter Veltroni), tra le sedici storie di uomini e donne che hanno avuto il coraggio della non-rassegnazione c’è anche la sua, quella di Simona, ragazza dotata di una vitalità e di straordinaria positività che con il suo esempio e i suoi risultati, ma soprattutto grazie al suo atteggiamento verso la vita, riesce sempre a trasmettere efficacemente agli altri il giusto messaggio per affrontare la vita un po’ più serenamente. Una sua frase molto nota è: “Perché ci identifichiamo sempre con quello che non abbiamo, invece di guardare quello che c’è?”. E’ una frase che troviamo in molte sue opere e lei la ripete spesso per far capire che siamo tutti uguali, senza nessuna diversità, perchè “Non esistono limiti: i limiti sono solo negli occhi di chi guarda e la diversità è la sola cosa che ci accomuna. La diversità è bellezza”. Una grande lezione per tutti da parte di una donna eccezionale.

Aurora Triolo

Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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