martedì, Dicembre 24, 2024
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I monti Peloritani-Monte Scuderi. (da terredeipeloritani.it)

Una delle cime più alte dei Monti Peloritani è rappresentata dal Monte Scuderi, una magnifica area verde ad Itala, dalla quale si può assistere ad un panorama mozzafiato che si dirama su due direzioni: paesaggi siciliani (dall’Etna fino ad arrivare a Capo Peloro per poi ammirare parte della riviera tirrenica della provincia di Messina) e panorami calabresi.
Per raggiungere il Monte è possibile accedervi da diversi percorsi: da frazione Mannello tramite Portella Salice per Culma Caravaggi o Portella Salice per Culma Lia, da Contrada Caravaggi o da Contrada Mandrazza. Il Club Alpino italiano, che si occupa di salvaguardare tale ambiente, ha predisposto un percorso tracciato per agevolare le escursioni. Il Monte Scuderi si trova ad un altezza di 1253 metri e si ricollega, tramite una piccola sella, al Monte Poverello e al Monte Cavallo, costituendo il complesso dei Monti Peloritani.

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Questa montagna fin dall’antichità risultò di grande rilievo in quanto abitata dall’età preistorica; la presenza di popolazioni si intensificò soprattutto con i bizantini che crearono una vera e propria città fortificata chiamata Micos o Vicos (proveniente dal greco che significa dirupo).
Dai ritrovamenti archeologici si pensa che i bizantini occuparono il Monte per un periodo abbastanza lungo fino al XVI secolo, periodo in cui l’altura venne presa di mira per la ricerca di tesori, come i metalliferi che componevano i terreni cristallini di base. Provenendo da meridione o da settentrione, ancora oggi, è facile trovare possenti strutture murarie di considerevole spessore e lunghezza, realizzate con scaglioni di calcare locale.
Nella parte Sud-Orientale dell’altopiano è possibile trovare numerosi cumuli di pietrame distribuiti in maniera disordinata dai quali non si riesce a risalire al significato. Nella parte Settentrionale, invece, tale cumulo di pietrame prende la forma di una grande vasca rettangolare, chiamata “La Casa del Re”, che veniva utilizzata per raccogliere le acque. Inoltre, in tale zona, è possibile notare una sorta di fortificazione che blocca l’accesso al pianoro. Proprio oltre queste mura, sono stati ritrovati cocci dell’era bizantina, e monete e medaglie risalenti al VII-VIII secolo dopo Cristo.

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Il Monte Scuderi fu molto utilizzato anche in epoche più recenti, infatti fino al 1950, prima che le abitazioni fossero dotate di freezer, veniva utilizzato come fornitore naturale di ghiaccio. Infatti, nelle cime più alte vi sono dei fossi, circolari o quadrati, rivestiti di pietrame a secco che raccoglievano la neve nei periodi più gelidi.
Questa veniva pestata, uniformata e compattata tale da formare delle enormi distese di ghiaccio. Per poter conservare il ghiaccio, da utilizzare in vari periodi dell’anno, la distesa veniva ricoperta di foglie di felce. Erano i “nivaroli” che si immolavano per l’estrazione del ghiaccio e la successiva vendita ai bar o alle famiglia agiate.
Il fascino del Monte Scuderi è, inoltre, legato ad una leggenda che lo riguarda. Si narra che Re Saturno, con la sua lunga barba bianca, utilizzava mantelli d’oro e d’argento ed adorava la ricchezza.
Un giorno, quando la morte bussò alla sua porta, prese una decisione affinché il tesoro non andasse disperso lasciandolo in custodia eterna alla figlia. Quest’ultima, avendo subito l’incantesimo di eternità dal padre, cadde in una profonda depressione; lei che di ricchezza e sfarzo proprio non ne voleva sapere. Il tesoro era di grandissimo valore economico, e a detta di qualcuno, sarebbe stato necessario per saldare tutti i debiti della Sicilia.
Per entrarne in possesso vi erano delle condizioni da rispettare: tra il gruppo di ricercatori doveva esserci almeno un prete ed una donzella casta; in una notte di luna piena essi dovevano produrre a mano un tovagliolo di tessuto; nella stessa notte dovevano pescare del pesce fresco e portarlo ancora vivo in cima al Monte, per poi essere cotto e mangiato con il tovagliolo; il tutto doveva avvenire prima del sorgere del sole.
La mattina si entrerà nella grotta del tesoro, bisognerà farsi leccare da un serpente senza avere il minimo timore, ed allora si potrà incontrare la figlia del Re. Il sacerdote, con una serie di citazioni liturgiche, potrà spezzare l’incantesimo, ma prima bisognerà raggiungere l’altra sponda del lago contando “13 volte 13”. Spezzato l’incantesimo essi diventeranno proprietari del tesoro. Un gruppo di ricercatori di Alì provò tale impresa ma senza ottenere risultati.

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