venerdì, Novembre 22, 2024
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Il silenzio uccide

Il bullismo è un fenomeno diffuso in tutto il mondo che consiste in una seria di prepotenze, umiliazioni e atteggiamenti violenti perpetrati nei confronti di una vittima incapace di difendersi.

Questa tipologia di comportamenti si sviluppa in particolar modo dall’età più tenera fino all’adolescenza e proprio per questa caratteristica il termine viene usato per indicare comportamenti aggressivi in ambito scolastico o in contesti sociali frequentati da giovani.

I ruoli del bullismo, solitamente, risultano ben definiti: da una parte c’è il bullo che tende a prevalere sugli altri per non sentirsi o apparire debole, e dall’altra parte la vittima che subisce gli atteggiamenti denigratori e umilianti senza reagire.

Il bullo può essere identificato con un ragazzo che ha problemi in famiglia di vario genere che lo spingono ad umiliare un coetaneo più fragile per sfogare la propria rabbia; oppure ha subito in passato atteggiamenti vessatori nei propri confronti e reagisce a distanza di anni, utilizzando lo stesso codice di comportamento prepotente adottato dai suoi assalitori. Talvolta questi ragazzi possono apparire educati e rispettosi nei confronti degli adulti, ma con i loro coetanei assumono un comportamento differente, prendendosi gioco dei loro punti deboli.

La vittima, al contrario, viene scelta tra persone deboli di carattere, incapaci di difendersi e di chiedere aiuto, che vengono prese di mira per via del loro aspetto, per l’ottimo rendimento scolastico o per via del carattere timido e riservato.

A questa netta suddivisione vorremmo aggiungere una terza parte che gioca un ruolo fondamentale in situazioni del genere: il “pubblico”, il branco, cioè tutte quelle persone che sanno che nel luogo che frequentano si sta sviluppando questo genere di fenomeno, ma preferiscono rimanere in silenzio. Infatti l’aspetto peggiore del bullismo è rappresentato dai compagni che, pur sapendo cosa sta accadendo nel loro ambiente, rimangono in silenzio diventando anch’essi complici, o addirittura incitano il bullo ad agire in maniera sempre più violenta, facendolo sentire più forte e portando la vittima a chiudersi sempre di più in sé stessa.

Dagli anni 2000 circa, con l’avvento delle nuove tecnologie e la creazione di social network, si è sviluppata una forma differente di bullismo, definita cyber-bullismo.

Il fenomeno consiste nella divulgazione di immagini e contenuti privati di una persona ritenuta “non adatta alla società” al fine di deriderla. Tutto ciò provoca nella vittima un forte senso di umiliazione al punto da indurla a pensare di essere inferiore agli altri, di non valere nulla e di non servire a nulla. Nei casi più estremi la vittima arriva persino al suicidio, dimostrando di avere maggior coraggio nel decidere di morire piuttosto che continuare a vivere.

Nella nostra scuola si è parlato molto di questo argomento e se ne continuerà a parlare ancora per molto, per mettere in guardia noi studenti sulla sua pericolosità.

A tale proposito è venuto a trovarci il tenente Martina Perazzolo, comandante della Compagnia dei Carabinieri di Santo Stefano di Camastra, che ci ha messo al corrente del fatto che in Italia sono state varate delle leggi che condannano il bullismo come reato, ritenendolo una violazione del Codice Civile e Penale.

La nostra classe ha inoltre partecipato ad un concorso per commemorare il 40^ Anniversario della scomparsa di Peppino Impastato che aveva come tematica “i diritti negati”.

Abbiamo scelto di realizzare un cortometraggio che mettesse in scena un atto di bullismo, in quanto lesivo della personalità dell’individuo e della libertà di espressione.

Il protagonista del nostro racconto è un ragazzo di 13 anni di nome Marco, deriso e continuamente maltrattato dalla bulla di turno con la complicità di tutti i suoi compagni. Il ragazzo, oltre ad essere malmenato, viene anche preso di mira sui social network attraverso la pubblicazione di foto che lo ritraggono in atteggiamenti ridicoli con relativi commenti offensivi. Soltanto una ragazza trova il coraggio di denunciare l’episodio pubblicamente, presso gli studi di registrazione della Radio scolastica, chiedendo scusa al suo compagno per non essere intervenuta in sua difesa. Gli altri coetanei, sentendo la confessione della compagna, si pentono per i loro gesti e si riconciliano con Marco.

Quest’esperienza è stata molto bella, in quanto ci siamo divertiti parecchio a registrare le singole scene, ma abbiamo anche imparato l’importanza della denuncia. È fondamentale, in casi del genere, rivolgersi sempre agli adulti, genitori, insegnanti, forze dell’ordine, per chiedere aiuto senza essere considerati per questo deboli e senza coraggio.

Bisogna sempre ricordare che il silenzio può uccidere più di una pistola o di un coltello.

 

Calà Palmarino Giacomo, Fusari Maria Pia, Lipari Aurora, Longo Antonino

 (Classe III B, IC Don L. Sturzo, plesso di Cesarò)

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