MORIRE DI LAVORO
Ancora nel 2024 sulle prime pagine dei giornali troviamo articoli sulle stragi nei luoghi di lavoro. Vite spezzate per la mancanza di sicurezza.
E’ vero, siamo tutti indignati, ma nello stesso tempo consapevoli di essere incapaci di risolvere il problema. Il rischio “zero” non esiste, gli addetti ai lavori e gli esperti del settore lo sanno bene.
Tutte le teorie per la prevenzione dei rischi, tutte le misure studiate, tutti i corsi di formazione attivati ancora non sono riusciti a ridurre il numero di morti “bianche”, spesso paragonabile ad un bollettino di guerra.
Ad oggi, 23 febbraio 2024, sono 181, ma purtroppo è un numero solo provvisorio e sicuramente quando leggerete questo articolo, ci sarà stato sicuramente un incremento. Proverò ad analizzare il problema secondo la mia esperienza professionale iniziata nel lontano 1992 quando mi trovavo in Piemonte e poi proseguita dal 1996 in Sicilia e Calabria.
Era il 1991 e con la “277” si incominciò a parlare di valutare il rischio da esposizione a rumore, piombo e amianto. Quando con la famosa “626” (D.Lgs. emanato il 19 settembre 1994), lo Stato italiano ha recepito le otto direttive comunitarie sulla sicurezza, speravamo di voltare pagina.
Il “nuovo approccio” avrebbe finalmente aiutato tutti a superare le difficoltà riscontrate fino a quel momento nell’applicare i DPR 547/55, 303/56, ecc. ecc. Nuove figure professionali scendevano in campo con tanti buoni propositi: il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), gli addetti al servizio Prev/prot (ASPP), i lavoratori addetti al primo soccorso, antincendio e gestione delle emergenze, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), il medico competente (MC), il datore di lavoro (D.L.).
Nuovi adempimenti si affacciavano all’orizzonte per tutte le imprese italiane, tanto per citarne qualcuno: Documento di valutazione dei rischi (DVR), Piani di emergenza ed evacuazione, Verbali, piani di formazione per i lavoratori con mansioni specifiche (gruisti, ponteggiatori, ecc. ). Successivamente è arrivata la “494/96” per i cantieri mobili, inizialmente esclusi dalla normativa precedente. E anche qui nuove figure: Committente, Responsabile dei lavori, Coordinatore della sicurezza e nuovi adempimenti/documenti: Piani di sicurezza e coordinamento (PSCC), Piani di sicurezza (PDS), Documento di valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI), Notifica preliminare… ecc. Tutto ciò era di difficile applicazione al Nord e praticamente un’utopia al Sud. Anche con l’avvento del Testo unico, D.Lgs. 81/2008, la storia non è cambiata.
Ma torniamo al presente. Ogni giorno c’è qualcuno che esordisce con una nuova ricetta: aumentare i controlli, inasprire le sanzioni, lottare contro il lavoro nero e il fenomeno del caporalato, eliminare i subappalti, introdurre una patente a punti per la sicurezza.
La questione è molto complicata da risolvere perché da una parte si riscontra la resistenza dei datori di lavoro e dei Committenti che vedono la sicurezza sul lavoro solo come un “costo”, dall’altra troviamo la repulsione da parte dei Lavoratori ad utilizzare i dispositivi di protezione individuale (DPI) e le misure di protezione collettive (linee vita, reti, ..) perché recepite come “imposizione” e “perdite di tempo”.
Personalmente non vedo come si possa vincere questa partita con queste strategie, l’unica soluzione per me è cambiare la “mentalità” di tutti gli attori della sicurezza. La scuola, sicuramente, potrà dare un contributo importante in tutto questo, formando ed educando alla sicurezza i lavoratori di domani che dovranno essere consapevoli che la vita è una sola e non ha prezzo.
Non si può “morire di lavoro”.
Francesco Nocifora