Ieri come oggi: Graziella e Giulia
Incontro con gli autori di “Una Rosa Bianca”
Presso l’auditorium della scuola secondaria di primo grado “Foscolo” di Barcellona Pozzo di Gotto, in occasione della “Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne” e nell’ambito del progetto “Pari Opportunità” coordinato dalla prof.ssa Lara Alesci, si è tenuto un incontro con la prof.ssa Flaviana Gullì e il prof. Gaetano Mercadante, autori del libro “Una rosa bianca”, pubblicato da Giambra Editori.
Dopo un’introduzione legata ai recenti fatti di cronaca che riguardano Giulia Cecchettin, la prof.ssa Alesci ha presentato agli alunni la docente, nonchè giornalista, Flaviana Gullì e il prof. Gaetano Mercadante, insegnante di scuola primaria e attivo nell’ambito teatrale e dei cortometraggi. I due autori hanno dapprima raccontato dettagliatamente il contenuto del libro, e poi hanno analizzato il perché questa storia sia così attuale e le motivazioni che li hanno spinti ad indagare e portare alla luce ancora una volta la storia della nostra concittadina Graziella Recupero e del suo femminicidio. La sua storia, come quella di Giulia presenta infatti – come hanno fatto notare ai ragazzi che li ascoltavano – i medesimi schemi che si perpetuano ripetutamente nei femminicidi, oggi come ieri.
Molto coinvolgente è stata infine la seconda parte dell’incontro, dedicata all’interazione con gli alunni, i quali hanno posto svariate domande agli autori, riguardo la stesura del libro ma non solo. Ecco quindi come essi hanno risposto, a volte individualmente a volte a due voci.
Come mai avete scritto il libro “Una rosa bianca” e perché l’avete intitolato così?
F.G.: Il libro voleva restituire dignità alla figura di Graziella con una ricostruzione dei fatti fedele che ci è venuta abbastanza difficile, sia per la distanza temporale dai fatti, sia perché la storia e le testimonianze ci sono apparse subito piene di contraddizioni. Come detto all’inizio Graziella, infatti, è come se fosse stata uccisa due volte: la prima volta accoltellata a morte da quello che noi abbiamo chiamato “Carmelo”; la seconda, in maniera ancora più subdola, dalle chiacchere della gente. Questo perché nel contesto sociale in cui il fatto è accaduto vigeva quella cultura di cui in questi giorni si sta tanto parlando, cioè il cosiddetto “patriarcato”, una mentalità che costringeva le donne in una condizione di sottomissione alla volontà maschile e impediva loro ogni libertà e movimento autonomo. Il titolo “Una rosa bianca” nasce, invece, da un racconto del fratello di Graziella, Elio, che durante le interviste ha parlato di un innamorato che ogni anno e per molto tempo andava a portare sulla sua tomba delle rose bianche, “innamorato mancato” che abbiamo chiamato Antonio anche per restituirle un amore vero ma che è frutto della finzione letteraria.
Lei, prof. Mercadante, ha intervistato i parenti e i compagni di Graziella. È stato difficile?
F.G.: In realtà abbiamo intervistato insieme i familiari e qualche compagno di classe. Il rapporto con i familiari è stato complicato, erano molto chiusi perché non volevano parlare di questa storia, ci avevano dato i documenti però per loro rivivere quel ricordo tragico era difficile. Il fratello maggiore Pino non ci ha persino mai parlato se non attraverso l’altro fratello, Elio. È stato difficile guadagnarsi la loro fiducia perché erano restii e un po’ scottati dalle brutte dicerie che erano circolate su Graziella.
G.M.: in realtà loro temevano che la scrittura di questo libro, la riesumazione di questa storia, potesse portare altro dolore oltre quello che già c’era stato, ma siamo stati bravi a scrivere con attenzione la storia senza toccare qualcosa di troppo doloroso.
Come ha reagito Barcellona a questo omicidio?
F.G.: Barcellona inizialmente ha reagito con tanto dolore, però ha anche voluto intenzionalmente dimenticare presto ed il fatto è passato quasi subito nell’oblio. Inoltre, come già raccontato prima, la mentalità di quei tempi portava quasi a condannare la vittima, a dire che “se l’era cercata”, e a sminuire l’azione dell’assassino, reso folle per troppo amore.
Quanto avete impiegato ad organizzare le testimonianze?
G.M.: Per realizzare tutta la documentazione che poi è servita soprattutto a Flaviana, abbiamo impiegato sette anni non di lavoro continuativo, ma per trovare i testimoni e riuscire ad ascoltarli.
F.G: Per la stesura, invece, ci sono voluti solo un paio di mesi.
Cosa ha provato lei mentre scriveva questo libro?
F.G.: Ho provato diverse emozioni. Soprattutto il capitolo con cui ho vissuto le emozioni più intense è stato il quarto, in cui ho cercato di calarmi nei panni di una madre a cui viene sottratta una figlia diciannovenne. I genitori non sono infatti preparati mentalmente a perdere i propri figli prima della propria morte perché è una morte contro-natura quella prematura. Anche io sono madre e quindi mi sono immedesimata molto.
Ha dedicato a qualcuno in particolare questo libro?
F.G.: Il libro per volontà di entrambi è dedicato a Graziella e tutte le donne vittime di femminicidio. E anche la targa che è stata apposta sul luogo del delitto porta proprio questa dedica. Se fosse stato solo mio lo avrei dedicato a mia madre, che porta il nome di Graziella, e che mi ha insegnato ad essere una donna libera.
Cosa vi ha colpito di questa storia?
G.M.: Mi ha colpito il contesto sociale in cui tutto questo si è svolto. Non esistono occasioni migliori, infatti, di questo delitto per capire il contesto maschilista e patriarcale di Barcellona e del meridione in generale, anche in ambiente colto e non solo popolare, ed è una mentalità che purtroppo non è del tutto scomparsa, nonostante siano trascorsi quasi settant’anni.
Che cosa avete provato quando vi hanno consegnato gli effetti personali di Graziella? Nel tenere tra le vostre mani le foto, i diari, le lettere che abbiamo avuto modo di vedere?
G.M.: Io ho avuto la fortuna di avere la fiducia della sua famiglia, anche se non ho conosciuto la mamma di Graziella perché, per quanto fosse ancora in vita, i figli hanno ritenuto che per lei rivangare il dolore non fosse opportuno. Dopo la sua morte, circa due anni dopo, sono stato ricontattato dalla famiglia e mi è stata data una scatola con tutti gli effetti personali di Graziella. Ho portato con me questa scatola per tutti questi anni e l’ho riconsegnata solo il giorno prima della pubblicazione del libro. Per me era talmente importante che l’ho sempre custodita attentamente, al punto da portarla personalmente con me in occasione di un mio trasloco di abitazione.
F.G.: Quella scatola di ricordi è stata importante anche per me, perché, ho capito che questo libro andava scritto per forza.
Come è stato lavorare insieme?
F.G.: È stato molto difficile perché siamo entrambe due persone molto determinate, “capatosta”, ognuno aveva la sua idea e la voleva imporre all’altro. Inizialmente abbiamo litigato ferocemente però poi, passati questi momenti di scontro, abbiamo trovato un’intesa, che ormai ci permette di completare le frasi relative al libro a vicenda.
A distanza di anni dell’omicidio di Graziella Recupero secondo voi quali sono i motivi sociali per cui ancora oggi nel 2023 sentiamo parlare di femminicidio?
F.G.: Intanto perché ancora ci sono molti residui di quella cultura patriarcale e maschilista di cui si parlava, anche se viviamo in un’epoca diversa, non c’è più il delitto d’onore, il matrimonio riparatore, ecc. C’è tuttora molto di quella cultura, dicevamo, insieme ad un aspetto già sottolineato prima, cioè che i ragazzi di oggi non sono abituati ad accettare le sconfitte, ad accettare un rifiuto, non sono abituati ad attendere con pazienza le conquiste, non sono neanche abituati a riparare gli oggetti e quindi anche le relazioni, e soprattutto a capire che talvolta le cose finiscono.
Grazie per la disponibilità e per le vostre risposte. Vi diamo la nostra parola che non dimenticheremo Graziella e faremo in modo che non venga più dimenticata né la sua memoria venga offesa.
Ylenia Biondo, Veronica Biondo, Samuele Calderone e Marco Raimondo
Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G. (ME)