venerdì, Novembre 15, 2024
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LE TRADIZIONI PASQUALI BARCELLONESI

A Pasqua le tradizioni a Barcellona Pozzo di Gotto sono varie, anche riguardanti la gastronomia. Una delle più famose dal punto di vista religioso è quella che si svolge durante la Settimana Santa, quando il Venerdì Santo due distinte processioni, una proveniente da Pozzo di Gotto e l’altra da Barcellona, si incontrano sulla via del Ponte Longano. Il fatto di possedere due processioni gemelle nella stessa città è un fatto unico e, proprio per questo oltre che per la sua bellezza, nel 2014, la manifestazione barcellonese, anzi barcelpozzogottese, è stata iscritta nel “Registro delle Eredità Immateriali della Regione Sicilia”. Ciascuna “Varetta”, come viene chiamato ogni gruppo statuario, raffigura una scena della Via Crucis e ogni anno viene decorata da chi se ne occupa con molti fiori, che l’abbelliscono e la rendono molto suggestiva.

Le “vare” sono in tutto quattordici per Pozzo di Gotto e dodici per Barcellona, per un totale di ventisei oltre all’accompagnamento per entrambe da parte dei cosiddetti “Giudei”, in realtà soldati romani che seguono il Cristo Morto, e varie confraternite. Delle due, la processione di Pozzo di Gotto è la più antica, risale al 1621 e parte dal duomo di Santa Maria Assunta; invece quella di Barcellona risale alla seconda metà del Settecento e parte dalla chiesa di San Giovanni Battista. Non mancano in entrambi i cortei altri aspetti tipici, come i “Giudei” di Pozzo di Gotto particolarmente pittoreschi con un elmo con piume di pavone che simboleggia la consacrazione della Chiesa, e il fatto che ambedue le processioni siano accompagnate da un canto struggente a più voci, la “Visilla”, un canto tardo latino del poeta Venanzio Fortunato in cui, tra una melodia e l’altra, si alternano momenti di preghiera. Questa del Venerdì Santo è una tradizione religiosa e culturale molto importante per la città, ma rischia purtroppo di perdersi piano piano: molte “Varette” infatti si stanno deteriorando, alcune rischiano l’abbandono, i cantori di “Visilla” sono sempre meno e per questo bisogna intervenire affinchè tutto ciò non si disperda.

Tuttavia essa non è l’unica tradizione religiosa molto sentita e diffusa a Barcellona Pozzo Di Gotto in occasione della Pasqua. Il Giovedì Santo, ad esempio, si è soliti visitare dopo i riti i cosiddetti “Sepolcri”, cioè gli altari dell’esposizione Eucaristica che in ogni chiesa vengono addobbati da piccole piantine di grano o cereali coltivati al buio, germogli che hanno tradizioni antiche, risalenti ai culti pagani ma che richiamano la rinascita della Natura e la Resurrezione di Gesù.

Ed è proprio il Giovedì Santo che tradizioni religiose e gastronomiche barcellonesi si fondono. In quel giorno, infatti, passando per le pasticcerie e le panetterie si possono gustare sì tutti i dolci tipici del luogo e non, ma in particolare gustare il “Panino di Cena”, un panino che ricorda proprio l’Ultima Cena, quando Gesù spezza il pane per darlo agli Apostoli, fatto con semplici ingredienti e coperto da semi di sesamo. Un altro dolce tipico è inoltre l’“agnellino”, un dolce di pasta di mandorle o “pasta reale” a forma di Agnello di varie dimensioni che spesso sul dorso porta una bandiera; segno di Trionfo Pasquale. Infine non si può dimenticare il dolce tradizionale più conosciuto e la cui preparazione impegna ancora nonne, mamme e nipoti nei giorni precedenti la Pasqua, cioè la “Cuddura”, una specie di biscotto che viene decorato con palline di zucchero, zuccherini e uova sode. Apparentemente semplice, a questa delizia vengono date varie forme e dettagli con un significato ben preciso, come ad esempio la colomba che simboleggia la pace o l’uovo sodo che simboleggia la resurrezione e la rinascita, tutti significati religiosi o culturali che fanno sì che, per un barcellonese, rompere la “Cuddura” prima di Pasquetta è di malaugurio. Insomma è indubbio che nel periodo pasquale, ma anche in quello natalizio, le tradizioni culturali, religiose e gastronomiche sono ancora abbastanza vive nella nostra città, ma sono anche sempre più in pericolo, pressate da abitudini globalizzate e dal progressivo allontanamento delle giovani generazioni da modi di vivere considerati “antiquati”, abitudini di cui vergognarsi per non sembrare poco “social” e poco “generazione Z”. Dimenticando, però, che la memoria è fonte della nostra stessa identità e che senza di essa si finiscono per perdere le proprie radici, scordando chi siamo e da dove veniamo.

Maria Zingales

Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G. (ME)

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