venerdì, Novembre 15, 2024
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Scrivere e raccontare di pace…

Concorso Unicef “Ambasciatrici e ambasciatori di pace”

pace,

“La pace è il bene supremo. Dimenticarlo è una follia” (Giovanni XXIII)

Il desiderio di una convivenza ordinata e pacifica tra tutti i popoli del mondo deve costituire, a parer mio, un tema tanto attuale quanto profondamente sentito per una società che possa definirsi sostanzialmente civile ed evoluta.

Ancor più che nel passato, oggi è necessariamente auspicabile che valori come il rispetto, la tolleranza e l’amore verso il prossimo possano intrecciare un tessuto così resistente e duraturo, al punto tale da avvolgere l’umanità intera in una infrangibile e resistentissima corazza.

Il concetto di “Pace”, inteso come valore assoluto a cui ispirare le condotte dei singoli o di intere comunità, è stato più volte divulgato e ribadito nel tempo da tantissimi personaggi illustri, i quali, con la loro vita o le loro opere, hanno cercato di influenzare il pensiero comune, ponendosi spesso in contrasto con le condizioni storiche e socio-politiche del loro tempo.

Una delle celeberrime frasi che hanno consolidato in me l’attenzione verso questa annosa tematica è stata proferita da Papa Giovanni XXIII: “La pace è il bene supremo. Dimenticarlo è una follia”.

Purtroppo non v’è giorno, però, in cui non rimbombino sui social media immagini di inaudita violenza perpetrata soprattutto nei confronti dei più indifesi, dei più deboli, dei più innocenti: i bambini, vittime ingiuste di una indicibile brutalità, difficile da accettare e ancor di più da commentare.

Piccoli esseri indifesi, colpevoli solo di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Piccole anime che dovrebbero solo godere della spensieratezza che l’infanzia porta con sé e invece si trovano a scivolare in un baratro di disperazione e orrore, costretti ad assistere a distruzione, esplosioni, spargimenti di sangue, cadaveri mutilati riversi sui campi, scenari apocalittici che lasciano con il fiato sospeso e che tolgono anche la forza di commentare… scempi, insomma, a dir poco inaccettabili…

Com’è triste vedere che proprio i bambini debbano trovarsi coinvolti in queste barbarie che gli impediscono l’esercizio dei più elementari diritti tipici di questa delicata fase della loro vita! Eppure non è possibile rimanere inermi, l’indifferenza fa male, ancora peggio della guerra…

Nel corso della storia recente tanto è stato fatto affinché venisse riconosciuto il diritto alla vita, al gioco, all’istruzione, ad avere una casa come luogo protetto e il diritto alla tutela da tutte le forme di sfruttamento e di abuso. In tal senso significativo è stato il contributo fornito dall’applicazione a livello internazionale della “Convenzione sui diritti dell’infanzia”, il più importante strumento normativo esistente oggi a tutela dei minori. Ma è proprio quando scoppia una guerra che questi diritti vengono negati, disapplicati e calpestati.

Le riprese video effettuate proprio sui campi di combattimento ci mostrano corpi di bambini malnutriti, sofferenti, malati che già dalla più tenera età vengono addestrati nell’uso di armi, violando così qualsivoglia legge internazionale. La stragrande maggioranza dei conflitti bellici, causati da svariati motivi – siano essi politici, economici, sociali o territoriali, tutti comunque inaccettabili per l’enorme devastazione che portano – costringono i bambini ad assistere al più totale sconquassamento dell’ambiente che dovrebbe proteggerli. Vittime indifese di brutali violenze e abusi, a volte prepotentemente strappati dalle loro originarie famiglie, i sopravvissuti si ritrovano ad avere solo il comune destino di aver subito inenarrabili ingiustizie e profonde lesioni permanenti che mai potranno giungere a guarigione. Numerose le testimonianze di chi, a distanza anche di anni dalla fine di un conflitto bellico, porta ancora con sé ferite psichiche molto vive e profonde, impronte indelebili che ne hanno trafitto l’anima e l’hanno marchiata per sempre, mentre nelle menti di chi tali barbarie ha dovuto subire rimbombano ancora i rumori assordanti delle esplosioni e le urla stridule degli indifesi che hanno lasciato segni permanentemente incancellabili.

È solo un aspetto, però. Perché la devastazione che la guerra porta con sé influisce inevitabilmente e in maniera negativa anche in campo culturale e formativo, dal momento che l’impossibilità di poter andare a scuola durante gli scontri non consente l’acquisizione di una istruzione, sia pur essa elementare. La guerra è quindi una miscela di barbarie, orrore e disperazione… Non giova a niente e a nessuno, se non a compiacere gli interessi di qualche prepotente. Ogni conquista ottenuta con la guerra è una conquista sterile, fine a sé stessa. E fino a quando l’uomo non capirà che solo le conquiste fatte con il cuore colmo di gioia e fratellanza sono le uniche destinate a creare legami indissolubili nel tempo, non potremo dire di aver creato un mondo fondato sulla pace, un’armonia destinata a perdurare nel tempo.

A mio avviso ritengo invece sia indispensabile la divulgazione di una vera e propria cultura fondata sulla diffusione di atteggiamenti tutt’altro che egoistici, propendendo verso l’assunzione di condotte fondate su una collaborazione civile e amorevole universalmente intesa.

È quanto mai necessaria la cultura dell’educazione alla pace! Ed utile, a questo fine, potrebbe essere il coinvolgere proprio i diretti interessati alle diatribe, attuando interventi plurimi sotto forma di convegni e dibattiti anche ad opera di organizzazioni internazionali. La pace non riguarda infatti il singolo individuo, e occorre l’apporto di tutti, accomunati da quello spirito che possiamo definire “amore universale”.

Fino a quando l’uomo non seppellirà i primordiali sentimenti di odio e rancore verso il prossimo, la menzogna e la gelosia, non sarà di fatto mai attuabile e perseguibile il percorso verso il più nobile dei valori universali: la Pace. Anche bambini e ragazzi, pertanto, in un’opera concreta di sostanziale sensibilizzazione tramite un’istruzione impartita proprio nei territori più culturalmente arretrati, secondo me dovrebbero vedersi coinvolti in prima persona nel tentativo di concepire una progressione intellettuale tale da far riconoscere alle generazioni future i diritti umani come “patrimonio dell’umanità”. L’apprendimento del concetto di pace, quale bene supremo da raggiungere e tutelare, è infatti una straordinaria opportunità che dovrebbe essere trasmessa a noi, generazioni del futuro. Occorre pertanto valorizzare le relazioni e abolire ogni forma di odio e competizione, aprendosi al dialogo e all’altruismo. Occorre, in conclusione, diffondere l’ideologia di un insegnamento pacifista.

Ed è proprio per le terre martoriate da brutture e storture indicibili, e con gli occhi di una tredicenne, che auspico fortemente che le organizzazioni internazionali riescano a compiere quegli interventi mirati a tutela dei più deboli e degli indifesi che possano consentire, una volta per tutte, di poter dar voce a chi voce non ha.

Giulia Valenti

LA STORIA DEL PRINCIPE PENTITO

In un regno molto lontano, regnava un principe.

Lui amava circondarsi di persone ricche, colte e aristocratiche.

Andava solo una volta all’anno a vedere la situazione del suo villaggio al suo passaggio ordinava al suo popolo di vestire la città a gran festa, così poteva “illudersi” e vedere la città lucente e le persone vestite eleganti.

Ma in realtà il suo villaggio non era molto ricco e aristocratico, era un villaggio povero popolato da gente umile che spesso non riusciva neanche a portare  un pezzo di pane a tavola per cena, tutto per colpa delle tasse altissime che il principe poneva per dare feste e balli sfarzosi al suo castello, i suoi abitanti non avevano più soldi per permettersi le decorazioni e i vestiti sfarzosi, quindi, quando la carrozza arrivò nel cuore del villaggio e l principe scese da essa,non trovò festoni, fiori,tappeto rosso,ne tantomeno trovò persone vestite con abiti da sera.

Il principe si infuriò talmente tanto da dire: – ah, vedo che rinnegate il vostro sovrano, da oggi le tasse si alzeranno! – i cittadini erano in silenzio, uno prese la parola e disse: -mio sovrano, non ci sono più soldi, le tasse sono troppo alte, non abbiamo più soldi per sfamare i nostri figli. – e il principe disse: -guardie prendetelo. – disse solo questo…, e salì sulla carrozza per rientrare a palazzo.

Quella sera il principe per “consolarsi” fece un ballo ed invitò tutti i sovrani ricchi- almeno sta sera posso vedere persone di una certa classe non come tutti quei poveracci mendicanti del mio villaggio! – disse.

La sera nel bel mezzo del ballo, bussò alla porta una vecchia signora vestita di stracci.

Il principe nel vederla disse bruscamente: -CHI SEI? COSA VUOI? – la signora disse: – vengo da un posto lontano, può un principe talmente bello e ricco dare un rifugio a una vecchia mendicante? – e lui ribatté 😮 cara vecchietta certo che no! Già oggi sono sceso al villaggio ed il mio popolo non ha saputo accogliermi come si deve. – e scoppio in una fragorosa risata la mendicante disse: – mio sovrano lei si sbaglia, non deve dare conto all’apparenza se ne pentirà. – e subito dopo che disse ciò si trasformò in un angelo –caro mio principe, ora pagherai per i tuoi peccati ed ora capirai ciò che provano gli abitanti del tuo popolo- schioccò le dita e lo trasformo in un umile lavoratore in una pescheria. Lui dopo qualche anno dopo si confidò nella preghiera. L’angelo riapparve sotto forma di un umile signora, ormai il principe era cambiato – e disse buongiorno signora come posso aiutarla l’angelo disse: – ben fatto. – e con un altro schiocco di dita lo fece tornare un principe buono e altruista, che da quel giorno abbassò le tasse e visitava ogni giorno il suo villaggio aiutando i più bisognosi.

Miriana Basile e Gilda Parmaliana Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G. (ME

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