La superstizione
La superstizione consiste nell’attribuire fenomeni spiegabili razionalmente a cause soprannaturali. Una credenza che può influire sul pensiero e sulla condotta di vita delle persone che la fanno propria.
Diciamo che a casa mia tutti i componenti, nessuno escluso, ahimè l’hanno fatta propria. E vuoi o non vuoi io ho subito quest’influenza. Manifestazioni esteriori di arcaica credenza non sempre piacevoli.
Basti pensare alle ore di attesa notturna in strade desolate aspettando qualche povera ignara vittima che si carichi di questa iella gratuita nel passare subito dopo l’attraversamento di un povero gatto che ha avuto la sfortuna di nascere nero.
Per non parlare delle innumerevoli volte in cui ti ritrovi a rischiare la vita mentre tua madre alla vista di un carro funebre vuoto inizia ad abbandonare il volante, simulando Macarene e Tuca Tuca alla ricerca di parti del corpo particolari o ferri dispersi in auto.
E della processione dell’olio che attraversa la nostra tavola, sorretto da innumerevoli braccia come la varetta più importante del Venerdì Santo, cosa dire. Tenuto amorevolmente fra i polpastrelli per evitare che una sola goccia possa toccare una superficie. Ciò potrebbe portare a nostalgia di sale, corni rossi e non aggiungo altro. Forme di follia arcaica 3.0; alla fine ci pensi e capisci che non possono far male a nessuno se non al malcapitato ma autolesionista che ne è protagonista.
Manifestazioni come diffondere la diceria che una persona porti male sicuramente di innocente non hanno nulla perché possono determinare in chi le subisce una tale sofferenza da condurre, in situazioni estreme, anche al suicidio.
Nella mia famiglia, tolto qualche caso di svenimento simultaneo di qualche parente di mio padre, che è riuscito a far accorrere gli invitati di un intero matrimonio gettandosi a terra solo per un apprezzamento, di fronte al quale io avrei dedicato un post su instagram, nulla di più grave o eccessivo, è accaduto.
Diciamo che ci limitiamo a qualche commedia improvvisata a danno dell’incosciente e malcapitato protagonista.
La domanda è: “Ma io circondata da tali soggetti, nata da genitori appartenenti alla culla della superstizione, come sarò diventata?”.
Eh sì, credo che un minimo di condizionamento io l’abbia subito, ciò nonostante mi piace pensare, anzi ne sono convinta, che la superstizione esaminata razionalmente, altro non è, se non espressione di una fragilità psicologica.
Ginevra Mazzeo, 3F
I.C. D’Alcontres