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Scuola Secondaria di primo grado “Zirilli”: Progetto PON “Uniti sotto lo stesso cielo”

Giorno 22 giugno, presso la sede della Scuola Secondaria di primo grado “Zirilli”, si è concluso il Progetto PON in rete “Uniti sotto lo stesso cielo”, Modulo l’arte per l’integrazione, Geo-grafie – Laboratorio di valorizzazione e narrazione delle identità- Educazione Interculturale (30 ore).

Protagonisti assoluti del percorso sono stati gli alunni delle classi prime e seconde, guidati dalla docente esperta prof.ssa Andaloro Giuseppa Tindara e dalla docente tutor di progetto prof.ssa Gitto Anna Maria.

Considerando l’attività artistica come una risorsa altamente inclusiva e ravvedendo la necessità di rendere più accoglienti alcuni spazi nella Scuola Secondaria di primo grado “Zirilli”, vissuta quotidianamente dagli alunni, è stato avviato il laboratorio di murales a scuola prendendo in esame il periodo artistico della Street Art.

Il Progetto ha perseguito i seguenti obiettivi generali:

– favorire l’inclusione, l’integrazione, l’accoglienza e il rispetto dell’altro;

– creare un ambiente di apprendimento cooperativo, di integrazione e socializzazione sinergico e costruttivo;

– scoprire e sviluppare le proprie potenzialità, aumentando la propria autostima;

– formare un gruppo di lavoro in cui ogni partecipante collaborando al progetto, impari a rispettare le consegne date dall’operatore, oltre che a collaborare in modo proficuo con i compagni;

– avvicinare gli studenti a forma alternative di “fare scuola” senza l’implicazione della frustrazione data dall’insuccesso scolastico;

– avvicinare gli studenti alla forma artistica della Street Art fornendo loro indicazioni storiche e teoriche su importanti artisti che nel recente passato si sono distinti in questa forma artistica.

Dopo una prima conoscenza del gruppo classe, attraverso l’ascolto delle molteplici esperienze personali e delle aspettative di ciascuno, si è passati all’attività di brainstorming tale da mettere insieme le idee di tutti gli alunni e sviluppare le tematiche prescelte riguardanti l’intercultura, l’inclusione, l’accoglienza e il rispetto dell’altro, l’integrazione e valorizzazione delle differenze. I temi da trattare e sviluppare hanno preso spunto sia dal background socioculturale dei corsisti, sia da vari stimoli didattici: vissuto personale, lettura di brani letterari, poesie, episodi della storia, luoghi geografici, racconti di personaggi reali.

I corsisti hanno ascoltato con molto interesse la testimonianza di Kerene Fuamba, una ragazza proveniente dal Congo, che il 13 aprile del 2011 è stata protagonista di un naufragio davanti alle coste di Pantelleria e in quella occasione ha perso la sua giovane mamma.

Esperienza commovente, come il racconto scritto dalla stessa dal titolo “Con gli occhi di Kerene” che ha partecipato al Concorso in Lingua Madre ed è stato premiato presso il Salone del libro di Torino.

(disponibile ai seguenti link: https://youtu.be/nF-HYD9nMc

corrieredellemigrazioni.it/2013/12/23/kerene-la-scrittura-che-salva/)

Una voce importante quella di Kerene, una voce flebile che racconta il suo dramma, diviene volto, diventa parola scritta che aiuta a rialzarsi, dopo che la vita è crollata addosso. Soprattutto quando a causare il dolore più atroce è un mare che cerca di inghiottirti.

Determinante è stata la lettura e l’analisi della poesia “Home”, della poetessa nigeriana Warsane Shire, di cui si riportano gli splendidi versi che hanno toccato i cuori di tutti gli alunni:

“Nessuno lascia casa a meno che
la casa non sia la bocca di uno squalo.
Scappi al confine solo,
quando vedi tutta la città scappare e
i tuoi vicini corrono più veloci di te
fiato e sangue in gola.
Il ragazzo con cui sei andata a scuola 
che ti baciava vertiginosamente dietro la fabbrica di lattine
tiene in mano una pistola più grande del suo corpo.

Lasci casa solo
quando la casa non ti lascia rimanere.

Nessuno lascia casa 
a meno che la casa non ti dia la caccia.
Fuoco sotto i piedi
sangue caldo nella pancia
è qualcosa che non avresti mai pensato di fare
finché la lama non ti ha bruciato il collo
di minacce.
Allora nascondi l’inno nazionale sotto il respiro
e soltanto strappare il passaporto nei bagni di un aeroporto
singhiozzando ad ogni boccone di carta
ti ha fatto capire che non saresti più tornata. 

Devi capire
che nessuno mette i figli su una barca
a meno che l’acqua non sia più sicura della terra.
Nessuno si brucia i palmi
sotto i treni
sotto le carrozze
nessuno passa giorni e notti nel ventre di un camion
nutrendosi di carta di giornale a meno che le miglia percorse
non vogliano dire di più di un semplice viaggio.
Nessuno striscia sotto le recinzioni
nessuno vuole essere picchiato
compatito.

Nessuno sceglie campi di rifugiati
o perquisizioni a nudo che ti lasciano
il corpo dolorante…
né la prigione,
perché la prigione è più sicura
di una città di fuoco
e un secondino nella notte
è meglio di un camion pieno
di uomini che assomigliano a tuo padre.
Nessuno può sopportarlo
nessuno può ingoiarlo
nessuna pelle può essere tanto resistente.

Andatevene a casa neri
rifugiati
sporchi immigrati
richiedenti asilo
che prosciugano il nostro paese.
Negri con le mani tese
che odorano strano
selvaggi
hanno distrutto il loro paese e ora vogliono
distruggere il nostro
come fate a scrollarvi di dosso
le parole
gli sguardi sporchi
forse perché il colpo è meno forte
di un arto strappato.

Perché gli insulti sono più facili
da mandare giù
delle macerie
delle ossa
del corpo di tuo figlio
fatto a pezzi.
 
Voglio tornare a casa,
ma casa mia è la bocca di uno squalo,
casa mia è la canna di un fucile
e nessuno lascerebbe la casa
a meno che non sia la casa a spingerti verso la spiaggia
a meno che non sia la casa a dirti
di affrettare il passo
lasciarti dietro i vestiti
strisciare nel deserto
attraversare gli oceani. . .
Annega
salvati
fai la fame
chiedi
dimentica l’orgoglio
è più importante che tu sopravviva!
 
Nessuno se ne va via da casa
finché la casa è una voce sudata
che dice
vattene
scappa lontano da me 
ora
non so cosa sono diventata
so solo che qualsiasi altro posto
è più sicuro di qua!”.

Strumenti e metodologia

Gli strumenti necessari alla realizzazione del progetto:

pareti lisce sulle quali realizzare l’opera, tempere acriliche, pennelli e rulli, matite, colori e spray fissativo.

Il progetto ha previsto l’articolazione nelle seguenti fasi:

– racconto di esperienze personali di alunni provenienti da paesi europei ed  

  extraeuropei;

– ascolto della testimonianza di Kerene Fuamba;

– lettura espressiva e analisi della poesia Home di Warsane Shire;

– scelta del tema e dell’opera da realizzare;

– ricerche online di informazioni e immagini;

– ricerche online dedicate alla Street Art;

– stuccatura e preparazione del fondo bianco sul muro;

– ripartizione del lavoro fra gli alunni;

– preparazione dei bozzetti;

– studi di colore e forme;

– trasferimento dei soggetti sul muro;

– colorazione delle forme e rifinitura dei particolari;

– realizzazione di un video di documentazione del percorso svolto.

Il prodotto finale, realizzato nella forma del murales, rappresenta un punto di confluenza tra tutti gli spunti artistici e gli stimoli letterari offerti ai corsisti, ma anche un mezzo di partecipazione attiva alla vita sociale e una efficace metodologia dalla quale partire per promuovere il dialogo interculturale e lo scambio di esperienze tra i giovani.

Al seguente link è possibile visionare il video che documenta l’attività svolta:

“Finché in nessuna nazione vi saranno più cittadini di prima e di seconda classe; finché il colore della pelle di un uomo non avrà più valore del colore dei suoi occhi; finché i diritti umani fondamentali non saranno ugualmente garantiti a tutti, senza distinzione di razza; fino a quel giorno, il sogno di una pace duratura, la cittadinanza del mondo e le regole della morale internazionale resteranno solo una fuggevole illusione, perseguita e mai conseguita!”.  

Haile Selassie, dal discorso all’ONU del 6 ottobre 1963

Prof.ssa Giuseppa Tindara Andaloro

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