Mito, Storia e Personaggi per le vie di Milazzo
Questi sono solo alcuni dei commenti che abbiamo registrato sull’uscita didattica a cui hanno partecipato a turno tutte le quinte del nostro Istituto nell’arco del mese di marzo, quando, accompagnati dai docenti, siamo andati alla scoperta della città che ospita il nostro Istituto.
L’iniziativa, disposta dall’attuale Provveditore agli Studi di Messina e già nostro Preside Stello Vadalà, su proposta della Prof.ssa Rossella Scaffidi e svolta in collaborazione con il Prof. Salvatore Italiano, ci ha consentito di visitare le vie del centro antico di Milazzo, e di riconoscere nel tessuto urbano i segni degli eventi passati. Edifici, strade e monumenti si sono “rivelati” nel loro contesto storico, con i loro personaggi più caratteristici e con risvolti curiosi e insospettabili.
Partendo da Scuola abbiamo appreso che l’area in cui sorge il nostro Istituto si trovava lontano dal centro abitato e che, anzi, prima incolta e disseminata di “sipale” di fichi d’India che facevano da cornice ad agguati di briganti e duelli rusticani, accolse nel corso del 1800 i primi insediamenti industriali di Milazzo, consistenti negli stabilimenti dell’estrazione dell’olio di sansa e dell’essenza del gelsomino, essenziale per la preparazione del famoso profumo Chanel N° 5. Quanta distanza dall’acre odore del “Purracchito”, antica discarica di Milazzo, che sorgeva appena fuori dalle mura della Città, lungo le quali correva appunto a “Strada arreti”, corrispondente all’attuale Via Umberto I. Scendendo verso il centro abbiamo attraversato la Via Madonna del Lume, che deve il suo nome alla Chiesa settecentesca, abbattuta circa sessanta anni fa per far posto alla strada, e di cui si riconoscono gli stucchi decorativi sulla parete interna ancora visibile ai passanti.
Giunti in Piano Baele abbiamo appreso che la piazza porta il nome di un’antica e nobile famiglia estinta da tempo, rimasta nella leggenda per le sue favolose ricchezze. Si racconta che un Barone “Baeli” amasse banchettare in mare davanti al Promontorio, usando come tavola uno scoglio sul quale abbandonava il ricco vasellame d’argento, lasciando che si disperdesse tra le onde. Dalla triste fine di una baronessina Baeli trae invece origine la denominazione “Salto del Cavallo”, che indica il punto del Capo in cui la ragazza si sarebbe lanciata in mare, disperata perché il padre le aveva impedito di sposare un giovane popolano.
Fermandoci ad assaporare un caffè, non avremmo mai immaginato che il noto ritrovo traesse il proprio nome dalle iniziali di Caio Duilio, a cui è dedicata la piazza antistante la Chiesa del Carmine. In pratica, dandoci appuntamento lì, senza saperlo citiamo il famoso Console Romano che nella battaglia del 260 a.C. sconfisse i Cartaginesi, assicurando a Roma il dominio sul Mediterraneo. Poco distante, al centro della piazza, si trova una fontana che rappresenta il “Genio del Torrente Mela”, riproduzione dell’antica statua raffigurante il Torrente, che, con i suoi detriti, ha dato origine alla Piana di Milazzo. I vecchi milazzesi chiamavano ironicamente la statua del vecchio barbuto “Maccuriu ca’ pala a manu” e attribuivano l’epiteto di “Maccuriu” anche a qualsiasi persona non meglio identificabile, mentre chiamavano “Delia a sudda” la statua della Libertà che si trova in Marina. Ecco quindi la Chiesa della Madonna del Carmine, costruita a partire dalla metà del 1500, con l’annesso Convento dalla facciata barocca, oggi sede degli uffici comunali come l’attiguo e neoclassico Palazzo delle Poste.
Procedendo si attraversa la Pescheria, un tempo caratteristico mercato del pesce, e si giunge nell’antica Via San Giacomo, oggi Medici, con i suoi palazzi Ottocenteschi e la Chiesa di San Giacomo, eretta nel 1434 da Alfonso V d’Aragona. Questa chiesa fu sede dell’Arcipretura dal 1860 sino all’apertura del nuovo Duomo di Santo Stefano, eretto intorno al 1950 sulla Via Cumbo Borgia. Nella Piazza del Duomo si possono osservare i resti di una necropoli bizantina, uno dei tanti siti archeologici che ancora oggi si continuano a scoprire nel territorio mamertino, abitato ininterrottamente da millenni.
Entrando nel Duomo si possono ammirare numerose opere d’arte di varie epoche, provenienti da altre chiese ormai non più esistenti. Come in un grande museo, i preziosi oggetti di culto documentano la devozione dei Milazzesi nei confronti del Patrono Santo Stefano e degli altri Santi maggiormente venerati in passato.
Dal Duomo, passando dove un tempo si ergevano i Casali e le Sene, si raggiunge un gruppo di antiche costruzioni di inizio Novecento: il Teatro Trifiletti, una casa eretta subito dopo il terremoto del 1908, un villino in stile Liberty e Villa Vaccarino, in stile eclettico tardo Liberty, costruita nel sito in cui, un tempo, venivano eseguite le condanne a morte. Da ciò la leggenda dei fantasmi che infesterebbero il giardino. Si narra in particolare del pirata napoletano Aniello Cuomo, che, impiccato nel 1817, si fa ricordare per lo “scogghiu du ‘mpisu”. La testa e le mani del criminale furono infatti tagliate dal corpo ed esposte su uno scoglio davanti al Promontorio, come terribile monito per gli altri pirati in transito per Milazzo.
Giungendo a Piazza Roma si osserva il Monumento ai Caduti il cui progetto, realizzato dallo scultore Nino Geraci, fu approvato dall’artista Ernesto Basile, che delegò la direzione dei lavori al suo discepolo milazzese Stefano Mirenda, architetto che disegnò anche l’artistica ringhiera in ferro battuto del monumento, purtroppo andata perduta a causa della campagna del “Ferro alla Patria” durante la Seconda guerra mondiale. Dalla collaborazione dei tre artisti ebbe origine il Monumento che, con le colonne rostrate richiama la vittoria di Caio Duilio sui Cartaginesi nel 260 a.C. e di Agrippa su Sesto Pompeo nel 36 a.C.
Da Piazza Roma, per raggiungere la Città alta, si passa nel sito in cui, fino al 1930, si ergeva l’antica porta del “Quartiere”, così denominata perché il complesso militare, costruito nel tardo Cinquecento, ospitava la guarnigione spagnola che presidiava la città.
La nostra passeggiata si è conclusa con la visita al Santuario di San Francesco da Paola, eretto dallo stesso Santo unitamente al Convento, durante il suo soggiorno a Milazzo tra il 1479 e il 1481, e più volte ristrutturato nel tempo, fino ad assumere l’aspetto attuale. Con grande sorpresa abbiamo appreso che nel 1914, a fare da modello per la rappresentazione degli angioletti dipinti sulla volta intorno a San Francesco, ci fu anche un bimbo che all’epoca aveva circa tre anni ed era il padre del nostro Prof. Lucifero. Questo dimostra ulteriormente quanto sia stretto il rapporto tra i monumenti e le persone che li hanno costruiti, fino a farne letteralmente parte. E così, la forte devozione dei Milazzesi all’eremita Paolano è ampiamente testimoniata dalle meravigliose opere che decorano la Chiesa, in cui si fondono fede, arte e storia. Il sito, inoltre, risulta di estremo interesse culturale, comprendendo anche i resti di una favolosa villa di epoca ellenistico romana, di cui si conserva ancora oggi un particolare mosaico pavimentale.
Certe volte vorremmo evadere da questa terra che tanto ci sembra limitata e poco attraente, quando in realtà basta girarsi un po’ intorno per rendersi conto delle sue bellezze naturali e di tutte le trasformazioni a cui è stata sottoposta da chi l’ha abitata prima di noi, lasciando traccia nei suoi monumenti. Siamo lieti di aver avuto la possibilità di guardare in una prospettiva diversa il contesto urbano che ci circonda. 5° A MM