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Gli alunni della “Foscolo” intervistano il presidente dell’Associazione Antiracket “Liberi Tutti”

Si è concluso lunedì 28 marzo 2022, con un incontro nella sede dell’Associazione antiracket ed anti usura “Liberi tutti” per un gruppo di alunni in rappresentanza delle classi terze della scuola secondaria di primo grado “Foscolo” di Barcellona Pozzo di Gotto, il percorso di approfondimento sul fenomeno delle estorsioni realizzato nell’ambito del Progetto Legalità coordinato dalla referente prof.ssa Munafò Michaela. Già lunedì 21 marzo, infatti, tutte le terze classi avevano avuto modo di fare conoscenza due dei soci fondatori dell’associazione, la dott.ssa Sofia Capizzi e l’imprenditore Sebastiano Genovese, che hanno presenziato anche l’incontro in sede. Al termine di quest’ultimo, alcuni dei ragazzi hanno poi posto alla dott.ssa Capizzi qualche domanda sulla sua personale vicenda di denuncia e impegno a sostegno di tutti coloro che scelgono di non sottostare alle intimidazioni della criminalità.

Dott.ssa Capizzi, ci racconta come ha avuto inizio questo suo impegno nell’Associazione?

Pur essendo stata sensibile da sempre dalla problematica della mafia in Sicilia, nel senso che ho sempre rigettato l’idea della Sicilia legata alla mafia, il mio impegno nell’Associazione nasce proprio quando nasce l’associazione. È un carico condiviso con tutti i colleghi che hanno deciso di farne parte. L’impegno, in realtà, è stato proprio quello di costruire quest’associazione, darle un nome, nel cercare i contatti, nel tracciare insieme le linee guida. E questo è stato il primo passo. Poi pian piano il compito è stato quello di renderlo visibile alla comunità”.

Ricordando l’episodio che l’ha portata verso l’associazione, cioè gli spari alla sua vetrina, ci racconta cosa ha provato e se ha capito subito che si trattava di un’estorsione?

Quando hanno sparato alle vetrine esso è stato solo l’ultimo avvertimento. In realtà il primo è accaduto quando ho trovato la porta del negozio chiusa con l’Attack. Lì per lì ho pensato a una bravata, non l’ho subito ricondotto ad una intimidazione. Invece è stato mio padre che ha subito detto che la cosa non gli piaceva e che credeva che ci fosse qualcos’altro. E mi mandò immediatamente a denunciare. È già da quel momento che esiste la denuncia. Successivamente abbiamo trovato davanti alla porta del negozio una bottiglia incendiaria con uno straccio nero e un proiettile, messaggio del tipo ‘o spariamo o diamo a fuoco’. Anche lì non è stata toccata la bottiglia e sono state chiamate le Forze dell’ordine, che prontamente sono intervenute e hanno rimosso e sequestrato la bottiglia. Poichè risultavo sorda a questi messaggi, c’è stato infine l’atto di sparare alle vetrine. Ma, dicendovi la verità, ammetto di non essere stata così coraggiosa quanto piuttosto di essere stata pronta. Per me era insopportabile l’idea di una prevaricazione di questo tipo, sia per me che per la mia famiglia. Quindi anche lì subito abbiamo chiamato Carabinieri, Polizia, è venuta anche la magistratura. E vi dirò di più. Il magistrato allora mi disse: “Signora, prima di togliere la vetrina aspetti, perché devono prendere le impronte e altre cose che ci serviranno per capire il colpevole. Magari aspetti per sostituirla”. E io risposi decisa: “Non la toglierò mai, perché deve essere un segnale chiaro per la città dove viviamo. Non dobbiamo fare finta che a Barcellona non ci siano problemi. Questi sono i problemi della nostra città e io non la toglierò mai!”. In quell’occasione sono venuti anche a fare servizi giornalistici per Rai 3 e altre TV, proprio perché per quei tempi era stato un segnale molto forte.

Chi l’ha aiutata ed è stato al suo fianco in questa sua esperienza spaventosa?

Mi sono state accanto molte persone. Molti in maniera silenziosa e solo alcuni sono venuti in maniera pubblica a dare solidarietà: solidarietà che ho avuto dagli amici, dai sacerdoti, dalle associazioni già esistenti. Il movimento dei giovani della Calabria “Ammazzateci tutti”, ad esempio, era pronto a venire a fare un sit-in nella piazza davanti al negozio. Nessuna dichiarazione di solidarietà invece è arrivata da parte politica, nessuna da parte amministrativa. E questo mi ha molto addolorata

Come è nata l’idea di creare questa associazione antiracket anche a Barcellona Pozzo di Gotto? Non ha pensato che nessuno l’avrebbe seguita?

L’idea è nata perché esisteva già a Capo d’Orlando. La storia dell’antiracket in provincia di Messina nasce proprio a Capo d’Orlando, che è una cittadina molto vicino a noi . Quindi, di fatto, quando ho vissuto questa esperienza, è ovvio che abbia cercato persone per condividere questo momento così difficile, e allora ho contattato l’associazione di Capo d’Orlando, il cui presidente era Tano Grasso, che nella storia dell’antiracket è stato antesignano. Quando è successo a me anni fa, si respirava un’altra aria, bisognava stare attenti, ci si incontrava in posti non facilmente identificabili. Ho incontrato Tano Grasso e lui mi ha sostenuta e mi disse una cosa che vi do proprio come messaggio: “Dal momento che hai denunciato e ti sei avvicinata all’associazione, hai firmato la tua assicurazione sulla vita, per te e per la tua famiglia. Non ti toccheranno mai.” E così è stato. E questo è il messaggio che do a tutti quanti, cioè che denunciare equivale a firmare un’assicurazione. Sei sicuro. Sei certo che nessuno ti toccherà. Poi scherzando Grasso mi disse anche: “Vedrai che a Barcellona nascerà un’associazione antiracket” e io gli ho risposto che non ci credevo affatto. E invece dopo pochi anni lui stesso ha spinto perché questo accadesse. E poi mi è stato vicino Don Salvino, una Procura rinnovata e molto sensibile a queste problematiche in quel periodo, in particolar modo la società civile, le Forze dell’ordine, la magistratura e l’amministrazione. Marciavano tutti allo stesso passo, nella stessa direzione. Quindi in qualche maniera le cose potevano cambiare e stavano cambiando.

Sappiamo che è proprietaria di un conosciuto negozio di articoli da regalo. Come organizza oggi il suo lavoro di imprenditrice con gli impegni dell’associazione?

Semplicemente come sto facendo oggi. Io e tutti gli altri ci ritagliamo degli spazi e lo facciamo perché lo riteniamo giusto e riteniamo che sia l’unica strada per il cambiamento. Sacrificando altre cose. Però, credetemi, va benissimo così perché è la cosa giusta.

C’è qualche esperienza che le è sembrata simile alla sua in qualcuno che è venuto a chiedere il vostro aiuto?

A Barcellona Pozzo di Gotto ci sono state diverse aziende vessate dal racket e anche loro hanno denunciato e sono state ampiamente sostenute sia dall’Associazione che dalle istituzioni e dalle Forze dell’ordine. Quando parliamo di denunciare è infatti fondamentale avere buoni rapporti con tutte le Forze dell’ordine – la Polizia, i Carabinieri e la Guardia di Finanza – e affidarsi a loro. L’Associazione, poi, sostiene come può. Ad esempio, ogni volta che ci sono state udienze e processi, il nostro impegno è quello di ritagliarci uno spazio per essere presenti. Perché quando c’è l’udienza di Tizio, Tizio ha bisogno, quando deve guardare in faccia i suoi estorsori in tribunale, di girare lo sguardo e vedere che ce ne sono altre 100 di persone amiche che li guardano, e non sentirsi più solo. Quindi ogni volta che c’è un problema o altro siamo sempre disponibili, organizziamo degli eventi, organizziamo le famose “passeggiate antiracket” per la città; in cui usciamo tutti assieme, entriamo nei negozi e diamo degli adesivi in modo da sensibilizzare i cittadini”.

Che consiglio infine darebbe a noi giovani?

Io sono convinta, ragazzi, che voi avete già dentro tutto chiaro. Il messaggio che vi darei è che nessuno crei ombre su quello che voi vedete chiaramente. Voi sapete cos’è giusto. Se, per esempio, non studiate un giorno o fate qualche scelta non giusta, voi lo sapete. Io quello che vi auguro è di essere sempre consapevoli e di non fare le cose in maniera distratta. Siate consapevoli anche nel momento in cui sbagliate, ma siate consapevoli. Perché la consapevolezza è la molla che vi fa rialzare e dire ‘No, io non sono così. No, io questo non lo faccio. No, io posso fare altro. No, io valgo di più’. È la consapevolezza di sé che è importantissima, è quella che abbiamo noi quando diciamo ‘Barcellona può rinascere. Ora tocca a noi’. È perché abbiamo fiducia profonda in questo noi. E voi difendetelo sempre”.

Grazie della sua disponibilità dottoressa Capizzi. Faremo tesoro delle sue parole.

Aurora Biondo, Sofia Bucolo, Paola Governali,

Elisa Maria Longo, Gioele Ragusa e Karen Torre

Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G

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