MORIRE DI LAVORO
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”: questo recita il primo articolo della Costituzione italiana. Molti italiani la pensano così, pensano che il lavoro sia sicuro, adatto per tutti… Ma vi siete mai chiesti quanti morti sul lavoro, quante “morti bianche” ci sono all’anno in Italia e nel mondo? Circa due milioni, di cui 12.000 bambini e il 90% uomini. Ma i numeri salgono quotidianamente.
Nel 2021 appena concluso solo in Italia i morti giornalieri si aggirano sui tre, più tutte le denunce che arrivano per infortunio con esito mortale, che sono aumentate rispetto al 2020 dell’11,4% in più nel giro di soli 8 mesi, da gennaio ad agosto. Ma questo fatto non si nota solo dalle notizie di cronaca, perché basta guardarsi intorno… Prendiamo in esempio la ristrutturazione di un balcone. Gli operai cominciano a costruire la struttura di ferro che mette in sicurezza i passanti, ma non loro. Molti, per superficialità o eccessivo senso di sicurezza o mancanza di controlli dei capocantiere, lavorano senza cavi che reggono il loro corpo, costruiscono questo ponteggio di ferro, si arrampicano come le scimmie e… E se per sbaglio dovesse loro scivolare un piede? Mentre costruiscono il “ponte” non c’è nessuna rete che li salva, c’è solo la terra sotto i loro piedi, la terra su cui si possono fare qualche graffio oppure morire. Ma questi sono piccoli incidenti, qualcuno dirà. Invece no, ogni giorno è un bollettino di guerra, e non solo nell’edilizia. A novembre, tra i tanti casi, quello di un camionista 50enne schiacciato dal peso del camion che pesava circa tre quintali, in Brianza. Chi si poteva aspettare una morte del genere? Questi sono i rischi di chi lavora, e ogni lavoro ha le sue pericolosità si dirà…. Ma non DEVE essere così, non dovremmo essere indifferenti solo perché la vittima ci è sconosciuta, anche perché non possiamo prevedere CHI sarà la prossima vittima, magari un amico, un famigliare… In fabbrica e in generale gli “incidenti” purtroppo si stanno moltiplicando, come per il caso di “morte bianca” di un ragazzo, un giovane di soli 20 anni e una vita da vivere davanti, che lavorava in un’azienda alimentare a Parma, schiacciato da un macchinario, come nel caso di Luana, la giovanissima mamma di 22 anni intrappolata anche lei da un ingranaggio a Prato. E quasi ogni settimana una notizia di cronaca simile, che non fa quasi nemmeno più “notizia”, che quasi non indigna e non addolora più…
E queste sono tutte morti “sul posto di lavoro”, in cui i medici cercano di rianimare le vittime ma ormai non c’è più niente da fare. Tuttavia le “morti bianche” non si verificano solo “sul” luogo di lavoro, poiché andrebbero considerati anche tutti gli incidenti che, purtroppo, avvengono dal tragitto lavoro-casa e che, rispetto al 2020, sono aumentate al punto che sono più quelle con il mezzo di trasporto che senza. Tutti questi sono dati che fornisce l’Inail da gennaio ad agosto 2021 e, mettendoli a confronto con quelli del 2020, vediamo una certa differenza, che varia in base ai parametri. Una tabella ci dice, ad esempio, che i morti nelle industrie sono nettamente maggiori delle morti per conto dello Stato. Non c’è comunque una territorialità regionale, almeno in Italia. Ci sono infatti regioni in cui i morti annualmente salgono e zone in cui pian piano scendono. Così, ad esempio, nei primi otto mesi del 2021 è la Lombardia ad avere il più alto numero di morti sul lavoro, con 106 casi, seguita dalla Campania con 85, e tutto questo ci fa ragionare sul fatto che, ancora oggi, non c’è differenza tra Nord e Sud e che molti lavoratori muoiono nel nostro paese a causa di qualche incidente o di qualche disgrazia.
Ma una cosa è certa: molti uomini e donne muoiono e moriranno ogni giorno finchè la sicurezza e la tutela del lavoro non diventerà una priorità sociale e civile. Perché molti “incidenti”, che in tutti questi anni si sono verificati, non dovevano succedere, soprattutto con le tecnologie moderne e i vari macchinari precauzionali che ci sono ora. Un uomo o una donna devono poter andare a lavoro canticchiando, e non sempre in ansia, con la costante paura che possa succedere qualcosa, con il costante pensiero che sulle sue spalle c’è una famiglia che ha bisogno di lei/lui. Le morti bianche femminili sono scese rispetto agli anni passati, e sembrerebbe una buona cosa se non fossero legate ad una maggiore disoccupazione femminile, ma quelle maschili sono sempre in continua crescita. È vero che questi fatti e questo problema non riguardano solo l’Italia, ma non è guardando gli altri Paesi che il fenomeno scompare, perché non è degno di una società civile e progredita fare i conti ogni giorno con un bollettino di guerra nel quale la “casualità” e la disattenzione, sono spesso solo i fattori minori e dove l’assenza di controlli sindacali e previdenziali è invece la causa prima di tragedie personali e di intere comunità. Perché se il lavoro è un diritto e dovere fondamentale del nostro vivere civile, non si deve e non si può più MORIRE DI LAVORO.
Karen Torre
Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G. (ME)