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Interessante convegno #STOPALLAVIOLENZASULLEDONNE

Si è tenuto nel pomeriggio di venerdì 18 febbraio 2022, presso l’Auditorium del Parco “Maggiore La Rosa” di Barcellona Pozzo di Gotto, un convegno molto importante intitolato “Stop alla violenza sulle Donne”, organizzato dall’associazione di Palermo “Siculomania” e dalla Prof.ssa Michela Di Dio, che lo ha preparato con cura. All’incontro, insieme agli altri ospiti e relatori, erano presenti anche alcune rappresentanze di alunne delle scuole secondarie di primo e secondo grado cittadino che hanno avuto così modo di ascoltare in prima persona delle testimonianze significative di chi ha provato e vissuto sulla propria pelle il dolore che può provocare il “fenomeno” della violenza e in estremo del “femminicidio”, persone come Lidia Vivoli, Vera Squadrito, Giovanna Zizzo e Giuseppe Delmonte che ancora oggi soffrono di un dolore incancellabile. Accanto a loro era poi presente anche chi spesso si è trovato a ricevere la telefonata di una donna che chiedeva aiuto perché il marito la stava per uccidere, chi opera per soccorrerla se ferita o per difenderla se attaccata in caso di processo in tribunale, o per aiutarla sentirsi al sicuro insieme ai suoi bambini. Questo ruolo hanno nel quotidiano il Dott. Ennio Fiocco, Giudice presso il Tribunale di Barcellona P.G., il Dott. Antonio Rugolo, Vicequestore del Commissariato di Polizia di Barcellona P.G., il Dott. Lorenzo Galizia, Capitano della Compagnia dei Carabinieri di Barcellona P.G., e l’Avv. Maria Rita Ielasi, Presidente dell’associazione “Cammino” di Messina e Sicilia nord orientale. Si è trattato sicuramente di un vero e proprio momento speciale, perché le persone che hanno assistito e ascoltato quelle storie sono rimaste davvero segnate e impaurite dall’accaduto e dalle testimonianze.

A raccontare per prima la sua storia, in particolare, è stata Vera, mamma di Giordana Di Stefano. Giordana era una bellissima ragazza di Catania che è stata vittima di femminicidio da parte del suo ex ragazzo e padre di sua figlia e la cui vita finì a soli 20 anni. Si erano fidanzati quando Giordana aveva 15 anni e, dopo sei mesi, era rimasta incinta. Lei voleva tenere il bambino, lui voleva che abortisse, ma la bellissima Giordana si rifiutò. Continuarono a stare insieme, ma lui cominciò ad essere un vero e proprio stalker, quindi lei spaventata lo denunciò e lo lasciò. Giordana pensò di essersi sbarazzata del suo aguzzino, così da cominciare una nuova vita, visto che il suo ex fidanzato l’aveva privata di tutto. Però il 6 febbraio 2015 l’assassino, pieno di odio nel cuore perché l’aveva lasciato, la sorprese quando lei tornava da lavoro e la accoltellò 48 volte, lasciandola morire dissanguata. Vera ha iniziato a raccontare tutto questo, dice per alleviare il suo dolore per la morte di sua figlia, e così ha trovato un modo per continuare a vivere. Ha cominciato quindi a fare conoscere la storia di Giordana a tutti, come ha fatto questo venerdì, per far capire soprattutto alle ragazze la necessità di scappare da questi uomini e rapporti malati, che non possono essere amore.

La seconda testimonianza diretta è stata quella di Giovanna Zizzo, mamma della giovane Lauretta. Questa è una storia molto particolare perché Giovanna, dopo otto anni di fidanzamento con suo marito, decise di formare la sua famiglia con lui. Insieme ebbero quattro figli, due maschi più grandi e due femmine più piccole. Un giorno i ragazzi scoprirono un tradimento da parte del loro padre a Giovanna. Questa rimase sconvolta e, dopo vari litigi e discussioni, decise di prendersi una pausa, perché voleva capire se, stando lontano da lui, ne avrebbe sentito la mancanza, così da potersene innamorare di nuovo. Ma lui non la prese per niente bene. Infatti la sera del 21 agosto, dopo aver passato una giornata spensierata, portò le sue figlie a dormire e, di nascosto, prese due coltelli. Con uno colpì due volte la povera Laura, causando ferite che le furono letali, e con l’altro colpì Marika, che stava cercando di salvare sua sorella, ma inutilmente perché ormai la splendida Laura non c’era più. Marika passò due giorni in coma e nel mentre Giovanna trovò un bigliettino sul tavolo di casa da parte del marito: c’era scritto “Se mi avessi perdonato, tutto questo non sarebbe successo”. Lui è stato condannato all’ergastolo, ma il vero e proprio ergastolo lo hanno vissuto e lo vivono Giovanna e i suoi figli. Lei racconta: – Ha preferito lasciarmi in vita, e uccidere nostra figlia, perché lui sapeva che mi avrebbe fatto più male. Laura, di soli undici anni, è morta il 22 agosto 2014 a San Giovanni La Punta, in provincia di Catania. Il suo sogno era diventare una veterinaria e salvare tutti gli animali che stavano male, per portarli in una casetta tutti insieme, ma l’uomo di cui si fidava e che doveva proteggerla glielo ha impedito.

Poi è stata la volta di raccontare per Giuseppe Delmonte, figlio di Olga Granà, uccisa dal marito con sette colpi d’ascia. Olga era giovanissima quando lo conobbe e dopo sei mesi lo volle sposare subito. Ma la vita bellissima che desiderava con suo marito non c’è mai stata. Lui l’aveva isolata, non era libera di lavorare, non poteva vedere nessuno, lui decideva tutto e lei non poteva fare niente. Inoltre la picchiava per qualunque cosa e la faceva sentire in colpa per tutto. Olga stanca lo lascia e, dopo la separazione, un giorno stava andando a ritirare l’assegno mensile, che le spettava. Lui la uccise quella sera dell’estate 1997, quando ancora non si parlava di “femminicidio”. Giuseppe ribadisce: – A mio padre hanno dato uno psicologo già dalla settimana successiva al suo ingresso in carcere. E glielo hanno mantenuto per questi oltre vent’anni. Io, invece, uno psicoterapeuta l’ho potuto avere solo tre anni fa e pagandomelo da solo. Nessuno si era preoccupato di come mi potessi sentire io, fino a poco tempo fa.- Testimonianza che ha sottolineato un dramma parallelo spesso dimenticato: quello dei figli superstiti, orfani due volte.

Successivamente si è raccontata Lidia Vivoli, che nel 2014 era un’assistente di volo ed è stata quasi uccisa dal suo ex compagno. Lidia lo conobbe nel 2011 e dopo due mesi erano già fidanzati. Un giorno la sua compagnia aerea la trasferì da Palermo a Catania, quindi andarono a convivere. Più passavano i giorni, più diventava geloso e oppressivo. La accompagnava ovunque e l’unico momento di respiro per Lidia era al lavoro, perché lì lui non poteva seguirla. La situazione degenerò quando le chiese di controllarle il telefono. Lei rifiutò e lui impazzì. Le prese la mano destra e la girò dietro la schiena quasi spezzandogliela. Poi le sbatté la testa al muro e lei svenne. A questa seguirono altre aggressioni. Ma, dopo averla picchiata, improvvisamente diventava un’altra persona: scuse in ginocchio, richieste di perdono, giustificazioni. Però ogni volta ci ricascava. Il 24 giugno 2012, quando Lidia stava nuovamente per lasciarlo, al Santuario della Madonna Nera di Tindari lui le si inginocchiò di fronte e giurò sui suoi figli che non le avrebbe mai più messo le mani addosso. La stessa sera erano tornati a casa ed erano andati subito a dormire. Erano quasi le 2 del mattino, lei dormiva abbracciata a lui, quando le disse che doveva andare in bagno. Invece andò in cucina, prese una padella e un paio di forbici. Lidia sentì colpirsi la nuca molto violentemente per due volte, così forte che il manico si staccò. Successivamente lui afferrò un paio di forbici e la pugnalò sulla schiena, in pancia, in faccia, nella gamba, praticamente in quasi tutto il corpo. Lidia riuscì a farlo andare via, convincendolo che non l’avrebbe denunciato, e così il suo carnefice le permise di chiamare l’ambulanza. Dopo quella notte Lidia ha paura di uscire in compagnia di qualcuno, perché lui da un momento all’altro potrebbe uscire dal carcere e uccidere le persone a lei più care. “Infatti – come ha dichiarato ai presenti – Se un giorno uscirà dovrà uccidere me, e non i miei figli o la mia famiglia, come è successo a Giovanna Zizzo.”

Questo convegno è stato molto significativo proprio grazie a queste testimonianze ed è stato realizzato proprio per questo: per le donne, perchè capiscano di lasciar perdere un uomo quando comincia a comportarsi e atteggiarsi in modo aggressivo; per le donne che si trovano in queste situazioni mostruose ma che non riescono a denunciare per la paura di mettere in pericolo la propria famiglia; per le ragazze presenti perché potessero ascoltare direttamente chi ha vissuto il dramma in prima persona; e per gli uomini, che molte volte non sanno andare avanti se vengono lasciati e arrivano a compiere azioni abominevoli, finendo persino con l’uccidere i propri figli. Per cosa poi? Non è normale una cosa del genere, e per questo un “grazie” da parte di tutti all’associazione “Siculomania”, all’organizzatrice Michela Di Dio, a tutti i testimoni e ai relatori, che hanno avuto il coraggio di aiutare queste donne e ragazze più giovani a capire quando e se è arrivato il momento di prendere “QUELLA DECISIONE”. Quindi “STOP ALLA VIOLENZA SULLE DONNE” una volta per tutte deve essere la speranza di una società davvero civile.

Aurora Biondo

Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G

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