I campi di rieducazione cinesi, l’oppressione degli Uiguri
Gli Uiguri sono un’etnia di religione islamica che vive nel nord-ovest della Cina, in particolare nella regione dello Xinjiang, nella quale rappresentano la maggioranza della popolazione. Circa vent’anni fa, con la lotta globale al terrorismo islamico, iniziò ad intensificarsi la repressione del governo nei confronti di particolari etnie prevalentemente musulmane, come appunto gli uiguri. Nel 2009, inoltre, una manifestazione degli uiguri portò ad un’ulteriore serie di scontri con la polizia cinese, nei quali furono coinvolte e uccise centinaia di persone.
Questa può essere definita come la goccia che fece traboccare il vaso; tanto è vero che, con il tempo, la minoranza musulmana iniziò a subire sempre maggiore repressione da parte delle autorità cinesi, fino ad arrivare all’apertura dei così detti campi di rieducazione.
Nel 2018 le polemiche sulla detenzione degli uiguri si intensificarono. Il mondo intero, grazie a dei video registrati all’interno di questi campi simili a prigioni, venne così a conoscenza di una realtà fino ad allora sconosciuta.
Ovviamente, il governo cinese inizialmente negò l’esistenza dei campi di rieducazione ma, nell’ottobre del 2018, non solo li descrisse come programmi di rieducazione “volontaria”, bensì arrivò addirittura a legalizzarli. Alcuni documenti diffusi dalla stampa internazionale confermarono così il più grande imprigionamento di massa mai esistito dopo quello che avvenne nella seconda guerra mondiale. Secondo le statistiche, le autorità cinesi avevano infatti internato nei lager circa un milione di uiguri; documenti ovviamente definiti falsi dal governo cinese, il quale aveva ulteriormente affermato che il loro sistema di rieducazione era in fase di esaurimento, invece le costruzioni di nuovi campi continuarono per tutto il 2019 e 2020.
Alcune immagini satellitari individuarono circa 380 centri di internamento situati in Cina, che andavano dai campi di rieducazione alle prigioni fortificate. Secondo quanto detto dal presidente cinese questi lager erano destinati ai “musulmani ribelli” e “pericolosi” arrestati anche per motivi futili e rinchiusi senza essere sottoposti ad alcun processo. Si scoprì, inoltre, che spesso i campi erano situati all’interno di fabbriche, il che faceva intendere ci fosse un collegamento tra la detenzione e il lavoro forzato. Stando a quanto riferito, i campi dovevano aderire ad un sistema di controllo molto rigoroso, con sorveglianza 24 ore su 24. Qui dentro le persone non erano solo costrette ai lavori forzati, bensì erano costrette anche a rinnegare le loro convinzioni e ad elogiare il Partito Comunista.
All’interno di queste strutture i detenuti potevano sentire i parenti una volta al mese, il loro unico contatto col mondo esterno.
Ad oggi non si hanno molte informazioni per quanto riguarda questi campi e questo è purtroppo dovuto alla censura dei mezzi di informazione.
Trovo che questo tema non sia abbastanza sensibilizzato. Personalmente tutto ciò mi disgusta e mi provoca un grande senso di rabbia e impotenza. Disgusta sapere che, ancora oggi, ci siano persone private del loro diritto di vita, di libertà di pensiero e di espressione. Quello che mi chiedo è: com’è possibile, ad oggi, essere ancora discriminati e imprigionati semplicemente per quello in cui si crede? Perché non si può semplicemente essere liberi di essere se stessi? Perché si deve sempre e costantemente giudicare e discriminare il diverso? Credo che purtroppo non riuscirò mai ad avere delle risposte a queste domande e penso inoltre che noi, persone nate nella parte giusta del mondo, abbiamo il dovere di intervenire o quantomeno provare a cambiare le cose, cercando di dare voce a chi purtroppo ne è stato privato.
Annalisa Italiano 4A BS