Luigi Sturzo, esempio di ardente passione civile
Per il regime fascista era un sinistro prete, per lo storico non credente Gaetano Salvemini, che gli fu amico negli anni dell’esilio in America, un Himalaya di certezze e volontà.
La voce dei cattolici in politica, a lungo silenziata dopo l’Unità d’ Italia dai veti di oltre Tevere, tornò a farsi sentire grazie alla figura minuta ed esile del sacerdote, Luigi Sturzo, grande esperto dei problemi del Meridione, e al suo profetico pensiero cattolico ma non clericale. Rispettoso dello Stato ma avverso allo statalismo, siciliano di Caltagirone, Sturzo fu attivo su mille fronti: i giornali, l’amministrazione dell’isola, l’Anci, l’Azione cattolica.
Nel 1919, dopo la tacita abrogazione papale del non expedit, il suo celebre appello “ai liberi e forti” fu l’atto di nascita del Partito popolare italiano che Sturzo da segretario dichiarò incompatibile con la dittatura fascista, sostenendo la secessione dell’Aventino. Arrivarono quindi le dimissioni e la stagione da esule.
Nel dopoguerra, in quella Democrazia cristiana che da erede dei popolari lo osannava come padre nobile, Sturzo rifiutò sempre cariche ufficiali, accolse invece la nomina a senatore a vita dopo aver chiesto il placet di Pio XII, fedele a quella chiesa che non sempre lo capì e che oggi ha in corso il suo processo di beatificazione.
La sua analisi lungimirante anticipò molti mali futuri della politica, dalla partitocrazia allo sperpero di denaro pubblico.
Esempio di ardente passione civile il cui distillato è una massima dall’attualità perenne: il programma politico non si inventa, si vive!