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Questione israelo-palestinese: storia di un conflitto irrisolto

Il 10 maggio scorso il Medio Oriente è tornato tristemente a richiamare su di sé l’attenzione del mondo intero. Si è infatti assistito alla riapertura di una “frattura insanabile”, dalle origini assai remote, che torna purtroppo a far discutere: quella originata dal decennale conflitto tra Israele e la Palestina. Una guerra che nell’ultima settimana è ripresa. Un lungo conflitto che di tanto in tanto ritorna, causando ingenti spargimenti sangue e diffondendo terrore, da oltre settant’anni.

Un imponente attacco missilistico, infatti, è stato ordito contro Israele dal gruppo politico e paramilitare palestinese Hamas-considerato da alcuni Paesi, tra cui anche l’Italia, un’organizzazione terroristica – colpendo obiettivi sensibili della Città Santa e costringendo i fedeli ebraici del Muro del Pianto all’immediata evacuazione, oltre ad aver provocato la morte di circa 200 civili tra i quali anche bambini (17 sul versante palestinese e 2 su quello israeliano stando ai dati dell’Unicef).

Il motivo dell’attacco da parte di Hamas sembrerebbe essere una reazione all’incremento della politica espansionistica di Israele degli ultimi mesi: il Paese ha infatti recentemente occupato il quartiere palestinese di Sheikh Jarrah (Gerusalemme Est), distruggendo diversi stabili e costringendo numerose famiglie palestinesi ad abbandonare le loro case, come già accaduto in passato, sin dall’ormai lontano 1948, anno a cui risale la fondazione dello Stato di Israele.

Gerusalemme

A partire dal 10 maggio ha avuto avvio una nuova e rapida escalation di violenze. Israele ha infatti risposto all’attacco di Hamas bombardando pesantemente la Striscia di Gaza, che ha da sempre rappresentato uno dei punti cardine di questo tragico e decennale conflitto: Gaza è quella striscia di terra situata proprio al confine tra Israele e la Palestina. È in questa regione costiera che si sono consumati i peggiori massacri (l’ultimo, risalente al 2018, comportò migliaia di feriti e 17 morti palestinesi) ed è qui che si sono rifugiati milioni di palestinesi durante gli anni di politiche espansionistiche da parte di Israele. 

Ma la genesi del conflitto che ancora oggi raccontiamo va ricostruita partendo dalla fine della Prima Guerra mondiale. Smembrato l’ormai dissolto Impero Ottomano, le potenze vincitrici si spartirono i territori: alla Francia andarono Siria e Libano mentre alla Gran Bretagna quelli di Palestina ed Iraq.

Gaza

Fu l’Onu a dividere i territori della Palestina nel novembre 1947 tra arabi ed ebrei. Quando nel maggio 1948 nacque ufficialmente lo Stato di Israele, ebbe avvio il conflitto che conosciamo oggi, con gli arabi che si ribellarono alla decisione intrapresa.

Nel ventennio intercorso tra le due guerre, in particolare a seguito delle persecuzioni avviate dai nazisti ai danni degli ebrei, quest’ultimi decisero, con il favore degli inglesi, di rifugiarsi in Palestina. Cominciarono i conflitti con le popolazioni arabe che da secoli già occupavano quei territori. Nel frattempo cresceva sempre di più il movimento internazionale Sionista (da nome del monte Sion) nato nel 1897, fermo sostenitore della necessità di creazione di uno Stato ebraico. La fondazione unilaterale dello Stato di Israele comportò lo sfratto fisico di migliaia di famiglie palestinesi dalle loro abitazioni, costrette ad andarsene per “far spazio” ai nuovi arrivati ebraici. In seguito agli orrori della Seconda Guerra Mondiale e all’Olocausto, la sensazione condivisa dai membri del Patto Atlantico era quella di voler “risarcire” gli ebrei, da sempre nella storia vittime delle persecuzioni, concedendo loro la “Terra Promessa” che sempre avevano desiderato e mai avevano avuto dai tempi dell’Impero Romano. Gli ebrei, sopravvissuti al progetto di sterminio messo in atto dalla politica antisemita nazista, ebbero così la possibilità di veder nascere uno Stato che fosse finalmente il loro, la cui fondazione si basava tuttavia sulla violenza: quella contro le famiglie palestinesi, costrette militarmente ad abbandonare le loro case.

Ma non è mai stato riconosciuto uno Stato di Palestina e da subito gli israeliani hanno occupato i territori assegnati agli arabi, conquistando sempre di più. L’Egitto, la Transgiordania, la Siria e l’Iraq, corsero in appoggio degli arabi ma non riuscirono ad avere la meglio sull’esercito israeliano, che dal primo momento ha goduto dell’appoggio degli Stati Uniti e di altre potenze mondiali.

Gli Accordi di Oslo, firmati ufficialmente a Washington nel 1993, prevedevano il riconoscimento di uno Stato palestinese sovrano. Essi furono voluti fortemente dal presidente americano Clinton ma non trovarono mai concretezza. Portarono però alla nascita dell’Autorità Nazionale Palestinese, che è quanto più somiglia a uno Stato che però non gode di piena indipendenza e sovranità. Ora alla guida dell’autorità c’è Hamas, l’organizzazione islamista ostile a Israele, nata per rivendicare le terre “ingiustamente sequestrate”. La principale rivendicazione di Hamas consiste nel ritorno della Palestina alla sua condizione precoloniale e l’istituzione di uno Stato Palestinese, che può avvenire soltanto “attraverso la guerra”.

Nel corso degli anni, l’aggravarsi del conflitto tra Israele (sostenuto dal Regno Unito e dagli americani) e la Palestina, ha causato la morte di migliaia di innocenti: basti pensare come finora l’ultimo attacco abbia provocato, si stima, la morte di circa 212 civili in totale e altrettanti feriti gravi.

Il dilagare delle violenze tra le due regioni sta oggi riaprendo un inguaribile ferita nel cuore del Medio Oriente. La guerra infinita tra Israele ei governanti di Hamas continua senza una soluzione in vista. Prosegue incessante, intanto, l’attività della diplomazia internazionale, ma l’ipotesi di un “cessate il fuoco” si allontana sempre più e la popolazione è in preda al terrore. Gli sfollati palestinesi continuano purtroppo ad aumentare e la Striscia di Gaza torna drammaticamente ad essere il palcoscenico di una tragedia che ha avuto una genesi ben precisa e di cui oggi più che mai, nonostante gli sforzi compiuti, non si riesce a intravede la tanto auspicata fine.

Giulio Bonanno V C BS

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