L’amore al tempo di Dante
“Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacere sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona.”
Questi versi, appartenenti al canto V dell’Inferno dantesco, sono tra i più celebri di Dante Alighieri.
Ci troviamo nel secondo girone, dimora dei lussuriosi, ovvero coloro che in vita si fecero travolgere da illecite passioni amorose. Qui le anime dei dannati sono trascinate da una violenta bufera che li fa soffrire profondamente; in questo modo li punisce la giustizia divina, con perfetta corrispondenza alle loro colpe in quanto come in vita essi si lasciarono travolgere dal vento delle passioni, così per l’eternità saranno travolti dalla tempesta infernale che li trascina di qua e di là, senza mai un attimo di tregua. In questo girone l’attenzione di Dante viene attratta da due anime che, invece di procedere una dietro l’altra, procedono affiancate.
Stiamo parlando di Paolo e Francesca, due dannati che morirono per amore. Riguardo l’accaduto tra questi due giovani sappiamo che Francesca era stata promessa in sposa a uno dei due fratelli Malatesta e che lei avesse inteso di dover sposare il più bello e attraente Paolo quando invece si presentò, per chiedere la sua mano, Gianciotto. Francesca, sottostà alla decisone paterna e sposa l’uomo che il padre ha scelto, ma la simpatia e l’attrazione fra lei e Paolo è sempre forte e i due finiscono per diventare amanti, tradendo Gianciotto che, scoperto il tradimento, li uccise entrambi.
Si parla però anche di un tipo di amore tratto dalla letteratura, in quanto Paolo e Francesca trascorrevano il tempo a leggere le avventure dei cavalieri di re Artù e, in particolare, di Lancillotto e Ginevra e proprio la lettura dell’amore sbocciato tra i due e del relativo bacio, li aveva portati a scoprirsi innamorati e, infine, a baciarsi dando sfogo finalmente al loro profondo amore.
La storia di queste due anime è emotivamente così intensa che lo stesso Dante si sente mancare alla fine del canto, perdendo i sensi; inoltre, l’incontro con queste due anime mette in crisi alcuni vecchi ideali del poeta, quelli cioè dell’amor cortese, che qui sembra diventare fonte di peccato e dannazione. Questi versi si avvalgano infatti di una doppia interpretazione. La prima interpretazione che possiamo dare è che quando si è amati con tanta forza, è impossibile non corrispondere innamorandosi della persona che ci ama: l’amore, in pratica, non concede a nessun amato di non amare in risposta. L’altra interpretazione che possiamo dare assume un significato moderno, ovvero: l’amore non perdona a nessuna persona già amata, cioè già impegnata, di amare qualcun altro. In questo caso, infatti, anche l’amore stesso guarderebbe con rimprovero ai gesti di Francesca, che già sposata non avrebbe dovuto innamorarsi. Da un lato, infatti, il poeta vi scorge qualcosa di puro, di bello, di spontaneo e sente compassione, dall’altro però non perdona i loro peccati perché sa che hanno commesso un atto che va contro i principi della morale.
Entrambe, quindi, le interpretazioni si basano sui valori, ma come si usa dire oggi “al cuor non si comanda” e questo appunto è l’unica descrizione della realtà, in quanto non importa se la persona che ama vede il proprio amore ricambiato o no: amerà comunque e viceversa non importa se una percepisca, anche profondamente, le attenzioni e i corteggiamenti di un’altra persona, perché se il sentimento non c’è, non lo si può inventare a meno che non si reciti anche con se stessi.
Chiara Abate IV A BS