Democrazia, ieri, oggi e domani! Tucidite docet
Per nostra fortuna viviamo in un paese libero, democratico, repubblicano, la cui legittimità è fondata, come dice la Costituzione, “sul lavoro” e sull’impegno di ognuno di noi.
Ci sono diversi aspetti qualificanti per un regime democratico; uno dei tanti è il concetto di merito secondo il quale, come spiegato dallo storico ateniese Tucidite, ognuno viene prescelto per rivestire cariche pubbliche non in base all’appartenenza a un partito ma per il suo valore. E’ questo, a mio avviso, un aspetto più che giusto che non deve passare in secondo piano in quanto la capacità individuale di eccellere in qualcosa e di compiere un certo atto in maniera ottimale deve essere ricompensato, in quanto, al contrario, il livellamento formativo, l’imporre uniformità a tutti, impone anche la mediocrità a tutti e quindi ignora il merito dell’individuo che invece può essere proposto come modello da e; diventa prioritario promuovere l’eccellenza e coltivare le risorse di ciascuno, attivando quindi la leale competizione. È, pertanto, fondamentale dare la giusta importanza al concetto di meritocrazia, in quanto fonda ogni forma di promozione sociale esclusivamente sul merito e sulle capacità individuali, enfatizza i cosiddetti talenti dell’individuo, che vengono riconosciuti, apprezzati, valorizzati dalla società in cui vive e permette inoltre di determinare la posizione sociale di un individuo secondo criteri di merito e non di appartenenza a lobbies o altri tipi di conoscenze familiari o di casta economica.
Un altro aspetto importante è la povertà; legato perciò a quanto sancito nell’articolo 3 della Costituzione, ognuno di noi deve essere posto sullo stesso piano, deve avere le stesse opportunità: siamo quindi tutti eguali davanti alla legge, indipendentemente dalla religione, dal sesso, dalla lingua, dalle opinioni politiche e dalle condizioni personali e sociali e proprio per questo non è la povertà o la ricchezza che definisce una persona. Se qualcuno può fare qualcosa di buono per la città non deve essere impedito dalla sua condizione sociale, ritengo infatti che un uomo che vive in povertà non è sinonimo di ignoranza o di incapacità, poiché a volte si può dare anche qualcosa in più rispetto ad altri che pur disponendo di mezzi non riescono a dare nessun contributo.
Altra caratteristica non meno importante è l’ubbidienza alle leggi non scritte, in quanto leggi di coscienza. Ciò sta a significare che ognuno di noi è in grado di distinguere il bene dal male e di agire di conseguenza , è quindi in grado di giudicare se stesso e indirizzare i propri comportamenti, e al conseguente sentimento di soddisfazione o di colpa; in parte però penso che ognuno di noi abbia una visione diversa quindi magari ciò che per me è giusto per qualcun altro sarà sbagliato e viceversa, perciò essendo appunto leggi di coscienza e non scritte non possiamo giudicare le azioni di qualcun altro come giuste o sbagliate.
Altrettanto interessante il concetto di partecipazione analizzato dallo storico greco del V secolo a,.C. Come sappiamo democrazia significa “governo del popolo”, e ciò significa che tutti dobbiamo sentirci coinvolti in ciò che un governo fa o decide, negli errori che compie, negli inganni in cui si lascia trascinare, nelle truffe che alcuni suoi rappresentanti tramano ai danni dei cittadini. Invece spesso prevale il disinteresse, l’abitudine, il “quieto vivere”. Allora invece della partecipazione mettiamo in atto il totale disimpegno e quindi non possiamo ovviamente solo criticare quello che viene deciso a livello parlamentare o legislativo se ce ne disinteressiamo continuamente. Anche noi abbiamo la nostra fetta di responsabilità, in questo tipo di “regime”, e anche semplicemente con il nostro voto, che non è poco, possiamo dare un contributo.
Inoltre giustizia e libertà sono strettamente collegate tra loro, dato che attraverso le istituzioni democratiche, che dovrebbero garantire la libertà dei cittadini, si può ottenere una giustizia non illusoria. Occorre quindi, che ci sia l’effettiva volontà di tutti per cambiare rotta, per permettere a questa nostra democrazia di funzionare meglio. L’unica arma da usare è quella della partecipazione, cioè della comune responsabilità intesa come strumento di democrazia autentica. Partecipare significa anche poter esigere correttezza da chi è stato eletto e spesso non è in grado di rappresentarci.
Grande rilievo poi assume la parola intesa come preparazione all’azione, cioè discutere prima di decidere, e quindi è molto importante informarsi; concludo affermando che secondo me la democrazia è una forma di governo con tanti valori come l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, la tolleranza religiosa e la libertà di stampa, la libertà di organizzazione politica e sindacale, la soluzione pacifica dei conflitti sociali, il rispetto dei diritti delle minoranze, ed è quindi la miglior forma di governo.
Chiara Abate IV A BS