COME NEL SOGNO
Quando avevo più o meno sei anni, lo ricordo bene perché stavo per entrare in prima elementare, spesso facevo un sogno.
Protagonista del sogno era mio papà. Ci troviamo a casa, la mia prima casa, lui seduto lateralmente a me, sul mio letto, anzi, sul mio piumone rosa pieno di principesse e io rannicchiata per fargli spazio.
L’odore di popcorn invade la mia stanza, è la mamma che dalla cucina cerca disperatamente di accontentarmi facendo però scoppiettare mais ovunque e gridando “aiuto, aiuto!” mentre noi facciamo finta di non sentire, anzi la prendiamo in giro.
Il mio papà mi racconta fantastiche storie, non conosciute da nessuno, forse inventate. Ma a me piacciono un sacco.
Le ore passano, mentre lui mi racconta nei dettagli le peripezie di un certo Armanduzzo, che a dire il vero non capisco se esiste realmente o no.
Mentre è intento a narrarmi queste storie, si sente un suono incessante, è il citofono Non ho il tempo di rendermi conto di nulla, so solo che nel giro di pochi secondi papà non è più seduto vicino a me, la mamma mi abbraccia impaurita.
Io mi ammutolisco, non capisco come da tanta allegria si sia passata a tanta tristezza. Sento parlare di guerre, di soldati, di paura, non ho il tempo di fare domande che mi sveglio.
Dopo un paio di anni, il sogno si è avverato, non del tutto, ma in parte. Sono cresciuta, magari è per questo che il mio papà non si siede più accanto a me a raccontarmi storie e questo non credo c’entri con il sogno.
Ad avverarsi è stata la parte peggiore. La sua assenza.
Dalle sere seduti a raccontare storie ad una chiamata, non per una guerra, lui non è un soldato, ma per un lavoro.
Il suono non è del citofono ma del telefono e da quella chiamata lui è andato via da me per molto tempo.
La tristezza invade la casa come nel sogno.
Ginevra Mazzeo I F I.C D’Alcontres- Barcellona P.G