giovedì, Novembre 21, 2024
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Io resto a casa

Il 9 marzo 2020 l’Italia si fermò. 

Il mondo cambiò, le nostre giornate, le nostre abitudini, le nostre vite subirono una grande rivoluzione. Il tempo sembrava quasi essersi fermato; i minuti sembravano ore, le ore sembravano giorni, le settimane sembravano anni. Niente era come prima. Il responsabile? Un virus, COVID-19, che giunse a noi come un fulmine e stenta ancora oggi ad abbandonarci.

Il governo ci impose di rimanere a casa. Vi erano numerosi messaggi e spot anche televisivi che ci invitavano a farlo. Le pubblicità non smettevano di raccomandarci nuove abitudini per prevenire il contagio. Tutto ruotava attorno al virus.

Nessuno smetteva di ricordarci della sua presenza, della minaccia che incombeva continua e delle conseguenze, anche drastiche, che potesse determinare. 

Le giornate vennero stravolte.  Niente scuola, niente lavoro, niente incontri familiari, niente compagni, fidanzati, amici, nessun contatto sociale era possibile. La monotonia caratterizzava i nostri giorni. Ogni mattina le lezioni svolte tramite piattaforme per garantire l’istruzione anche a distanza, i pomeriggi le chiamate con gli amici, le sere qualche film in tv e poi a dormire. Le lancette segnavano il tempo trascorrere, ma ogni cosa rimase ferma a quel 9 Marzo. La sensazione maggiore provata in quei giorni era l’ansia. Si aspettava il tg o qualche altro notiziario che potesse informarci sulla situazione. Si aspettavano, giornalmente, delle notizie positive che però, puntualmente, tardavano ad arrivare. I contagi aumentavano continuamente, così come le nostre paure.

Potremo tornare ad abbracciarci? Potremo uscire? Potremo vedere i nostri cari, i nostri amici? Ma, soprattutto, tornerà tutto come prima? Nessuno ci garantiva nulla, nessuno ne sapeva più di altri. Ogni informazione era sempre differente dalla precedente e niente serviva a rassicurarci. Le mura di casa divennero dimore e fortezze per difenderci dal nemico che ci aspettava fuori da quelle. 

Qualcuno fu più fortunato di qualcun altro. Mentre noi vivevamo le giornate in piena noia e ansia ma pur sempre al sicuro con le nostre famiglie, altri si trovavano intubati, in ospedale senza nessuno vicino. Il pensiero che la gente fuori stesse così male per qualcosa di così astratto era terribile. 

“IO RESTO A CASA”, proponevano gli slogan. Ma il pensiero spesso portava a quelle persone che vivono la casa come una prigione e il cuore si stringeva facendosi sempre più piccolo.  Ogni volta che veniva presentato un nuovo decreto nuove paure si cumulavano alle precedenti. I contagi salivano, scendevano, i morti aumentavano e la speranza di  tornare a riappropriarci delle nostre vite era sempre più lontana, ma mai così tanto da farci smettere di credere che niente fosse perduto.

Pian piano le curve iniziarono a cambiare rotta. Quello che prima era in aumento iniziava a diminuire, la gente si riprendeva, il virus si modificava, la luce in fondo al tunnel iniziava a farsi strada fino ad oggi. La situazione sembra migliorata ma niente ci permette di abbassare la guardia. 

Ci consentono di respirare la stessa aria che qualche giorno fa rischiava di ucciderci. Ci permettono di rincontrare le nostre famiglie ma ci negano gli abbracci. Come si può pensare che tutto sia finito? Tuttavia, c’è stato dato il tempo che spesso lamentavamo di non avere. C’è stata data la possibilità di passare le giornate a rafforzare i legami familiari. Abbiamo scoperto l’importanza delle cose che spesso abbiamo dato per scontate: il calore di una carezza, l’importanza di un abbraccio, la vicinanza fisica delle persone che più amiamo. 

Ma chi ci darà indietro tutto quello che abbiamo perso?.

Cosimo Mollica IV A BS

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