Onore agli “eroi” della sanità barcellonese, città in prima linea nell’emergenza Covid-19
I coronavirus sono virus a RNA che, nell’essere umano, causano generalmente infezioni respiratorie lievi e gravi solo in quei soggetti muniti di difese immunitarie più deboli. Essi si sono imposti alle attenzioni del mondo per tre principali motivi: l’avvento dell’epidemia di SARS, tra il 2002 e il 2003, quello dell’epidemia di MERS, tra il 2012 e il 2013 e, per ultimo, l’avvento dell’epidemia più recente, quella di SARS-CoV-2, meglio conosciuta come epidemia da COVID-19, che ha sconvolto gli equilibri mondiali e ha sancito l’inizio di una nuova realtà, ben distante dalle abitudini e dalle routine quotidiane che hanno caratterizzato la vita di milioni di persone nel mondo sino a questo momento.
È, dunque, nel dicembre del 2019 che il covid-19 fa la sua prima comparsa a Wuhan, in Cina, dando il via a quella che nel giro di poche settimane è diventata un’epidemia in grado di varcare i confini nazionali. E così è stato perchè, nel giro di solo qualche mese, il coronavirus fa la sua prima comparsa in Italia, estendendo la sua morsa di contagi giorno dopo giorno, sino a quando il paese, il 9 marzo 2020, è costretto a proclamare il cosiddetto “lockdown”. A partire da quel giorno, dunque, la vita economica e sociale in Italia si ferma e migliaia di cittadine e grandi metropoli si ritrovano a dover affrontare, da nord a sud, una situazione alla quale nessuno era preparato.
Anche la città di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, dunque, è stata costretta a far fronte all’evolversi delle drastiche vicende, ponendo al primo posto la salute dei suoi abitanti grazie all’istituzione del Covid Hospital “Cutroni Zodda”, che ad oggi ospita ben 14 pazienti affetti da coronavirus. Tra queste persone, sei sono degli infermieri del reparto di Pneumologia, recentemente trasferito dal nosocomio di Milazzo al presidio ospedaliero di Barcellona Pozzo di Gotto per dare manforte nella battaglia contro il Coronavirus. È proprio in questo periodo, infatti, che i veri eroi di questa situazione, medici ed infermieri, insieme a tutto il personale sanitario, stanno prestando servizio nella città del Longano per poter salvare il quanto maggiore numero di persone possibili, sostenendo i propri pazienti e affrontando due lotte: quella per la sopravvivenza dei contagiati e per il loro benessere, e quella contro la distanza che li separa dai loro cari che, dopo turni struggenti in ospedale, non sono liberi di riabbracciare tornati a casa ma, al contrario, dai quali devono allontanarsi, isolandosi, per la paura di infettarli e mettere a rischio anche le loro vite, oltre che le proprie. Tutti i barcellonesi, così come tutti gli italiani, stanno affrontando un periodo difficile: non si può più uscire di casa senza una valida motivazione, non ci si può abbracciare, instaurando dei rapporti fisici, quelli che ci legano, non si può trascorrere del tempo con gli amici. La gente, adesso, è quindi costretta ad allontanarsi, a dover affrontare in modo solitario le incertezze e i demoni che oscurano la propria mente, le paure. Si viene divisi sì, ma allo stesso tempo si diventa anche più uniti, e lo dimostrano i medici, gli infermieri, i soccorritori stradali e tutto il personale a servizio della sanità pubblica, che non si arrendono, che anche di fronte alla malattia sorridono, riuscendo ad instaurare quei legami che non sono fisici ma che non possono essere spezzati, in quanto forgiati con l’amore e la fratellanza. Tutti, d’altronde, combattono una guerra, adesso, e queste persone, questi eroi del tempi odierni, più di tutti, diventando la testimonianza vivente che l’unica cosa per la quale vale la pena combattere, fino alla fine, non è il potere o il denaro ma, al contrario, qualcosa di un valore più inestimabile: la vita. Il nemico da affrontare è forte e fa più paura rispetto a ciò che si è affrontato sino ad adesso, perché non lo si conosce. È un nemico invisibile, spietato, che ti priva dell’amore e dell’affetto, nonché del suo principale mezzo di diffusione: il contatto. Anziani, adulti, ragazzi e bambini che, spesso, sentono di appartenere a mondi completamente diversi, ricchi di incomprensioni gli uni dagli altri, si ritrovano a vivere nella stessa realtà: stesse preoccupazioni e stesso dolore. La gente ha le lacrime agli occhi e il cuore infranto: deve salutare i propri cari, coloro che sono sempre stati al loro fianco, senza poter fare lo stesso, senza poter dare loro conforto durante gli ultimi istanti di vita. Nessuna carezza, nessun abbraccio e nessun addio.
Porgiamo, dunque, la nostra attenzione verso il personale sanitario della nostra città, della nostra Barcellona Pozzo di Gotto, che crescendo abbiamo imparato a conoscere e ad amare, facendola la nostra casa: altri innocenti se ne vanno e agli occhi di questi portatori di salvezza essi rappresentano non solo un altro paziente che lascia il nostro mondo per unirsi ad un altro o un altro paziente le cui condizioni peggiorano, divenendo più critiche, ma sono anche un’altra vita che non si è riusciti a salvare, un’altra morte da comunicare. Sì, perché prima che Barcellona stessa fosse oppressa dal virus, ogni qual volta che un paziente veniva ricoverato, senza quel caos e senza quell’orda di persone da soccorrere, si aveva il tempo di conoscere i propri pazienti che, col tempo, si trasformavano in qualcosa che assumeva maggiore importanza ai propri occhi, degli amici, e nel momento di dirsi addio si sapeva di aver fatto di più per loro: non si fornivano solo cure e sostegno medico ma anche affetto e sostegno morale. Ora invece, la città del Longano si vede privata anche di questo, della compassione e dell’amore, essenzialmente cioè di ciò che fa dell’uomo l’uomo stesso.
Nonostante, però, queste nuove cicatrici che segnano l’animo, nonostante la sofferenza, nonostante il timore che nasce non solo dalla preoccupazione rivolta nei confronti dei cari più deboli e dunque più soggetti ad essere infettati, ma anche nei confronti di tutti coloro in gravi condizioni di salute, a un passo dalla morte, le persone che si trovano in prima linea come il personale sanitario, ma anche le forze dell’ordine o coloro che lavorano per noi all’interno dei supermercati, non demordono e, nonostante insomma anche le mille difficoltà, il loro cuore continua a battere all’unisono per noi, loro continuano a sacrificarsi per noi, per Barcellona Pozzo di Gotto, quella che è anche la loro città. Perché si sa che prima o poi tutto sarà finito e che, se si uniscono le forze, alla fine la vita riuscirà a vincere in quanto, come la stessa storia ci dimostra, la vita in un modo o nell’altro riesce sempre a prevalere sul resto.
Nello stesso pronto soccorso di Barcellona, del resto, decine di padri e di madri, con dei figli da proteggere, ogni giorno escono da casa per andare a lavoro, senza la certezza che andrà tutto bene, ma continuando a fare del loro meglio per poter essere d’aiuto il più possibile. E allora partono le corse in strada, con le sirene delle ambulanze non costrette più a risuonare perché il traffico d’un tempo è un lontano ricordo, dei soccorritori stradali che sanno bene che ogni secondo che passa può essere prezioso per la vita di una persona in condizioni critiche. Inizia il lavoro degli infermieri, che si occupano di offrire sostegno sanitario e preparano tutto il necessario affinché il paziente possa esser soccorso al meglio. Ed, infine, inizia il lavoro dei medici, che mettono in campo tutta la loro esperienza formativa e sul lavoro per poter offrire ad ogni persona solo le cure migliori. Queste persone, che fanno tutto questo ogni giorno in questo periodo d’emergenza, non sono gli eroi che siamo abituati a vedere in quei film che hanno segnato la storia del cinema, né quei personaggi dei fumetti che siamo soliti impersonare quando decidiamo di partecipare a una festa in maschera, ma sono uomini e donne barcellonesi che stanno mettendo a repentaglio la vita di quelle stesse persone alle quali tengono di più, oltre che la loro, e lo fanno per noi, sconosciuti la cui salvezza diventa l’unico obiettivo da perseguire e la cui guarigione diventa ragione d’innata e smisurata felicità. Questo 2020 Barcellona Pozzo di Gotto non lo ricorderà solo come l’anno in cui si è ritrovata faccia a faccia con il coronavirus, ma anche come l’anno in cui è diventata più forte, i suoi abitanti più uniti, e in cui per un momento la gente ha anche avuto la possibilità di fermarsi, di mettere in pausa la vita frenetica di tutti i giorni e concentrare la propria attenzione verso ciò che prima si dava per scontato ma a cui si è sempre tenuto, verso quel qualcosa al quale prima si negava, inconsapevolmente, il proprio tempo: le nostre famiglie, i nostri cari, i nostri amici.
E all’ondata del terrore, dunque, in questi stessi giorni si è susseguita quella della speranza e della gioia che essa ha portato con sé: le persone hanno trovato il modo di starsi vicine, nonostante tutto, di capire quanto sia importante l’unione e la perseveranza che risiede nel non arrendersi, mai, e lo hanno dimostrato gridandolo al mondo. Per le vie di Barcellona Pozzo di Gotto, infatti, si è sentito cantare in coro dai balconi, appendendo le bandiere e sventolando gli striscioni con su scritto “ANDRÀ TUTTO BENE” a caratteri cubitali, perché anche questo è un modo per dimostrare a coloro che lavoro negli ospedali della nostra città che, dal nostro punto di vista, noi e loro abbiamo già vinto perché abbiamo conquistato quel sentimento di benevolenza reciproca che mai era stato più forte, mai ci aveva interconnessi di più.
Giorgia Pelleriti
Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.