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Ricordare gli “anni di piombo” per rafforzare il valore della democrazia

Anche se oggi, che un nemico invisibile ha cambiato in modo repentino la quotidianità di noi italiani, certi fatti della storia più o meno recente sembrano lontani e la democrazia e la libertà un valore radicato soprattutto in Italia, non bisogna dimenticare che a livello internazionale fino a qualche mese fa il mondo globalizzato viveva sotto la paura di attentati improvvisi da parte di gruppi terroristici di varia ispirazione, pronti a spargere sangue innocente per le loro idee o per cambiare la società. Certo, si tratta di forme diverse di “terrorismo”, ma non si deve dimenticare che anche l’Italia ha vissuto un momento storico spesso ignorato dai più nel quale il terrore e la paura sembravano dominare, un periodo che ha messo in pericolo la democrazia e che è fondamentale conoscere e ricordare: gli “anni di piombo”.

In particolare il terrorismo degli anni ’70 si sviluppò nelle città impegnate nelle manifestazioni sindacali dell’”autunno caldo” del ’68-‘69, quando ad alcuni gruppi sociali la situazione sembrava insoddisfacente, da ribaltare. Era il 12 settembre 1969 quando quattro delle cinque bombe piazzate colpirono, in un lasso di tempo di circa un’ora, Roma e Milano. A Roma gli attentati non causarono nessun morto, ma alcuni feriti. Le bombe erano piazzate una alla Banca Nazionale del Lavoro in via San Basilio, una in piazza Venezia e un’altra all’Altare della Patria. A Milano venne ritrovata una bomba inesplosa in piazza della Scala, mentre a piazza Fontana, nella sede della “Banca Nazionale dell’Agricoltura”, l’attentato causò 16 morti e 86 feriti. Questo giorno segnò l’inizio di un periodo che insanguinò il Paese per tutti gli anni Settanta, i cosiddetti “anni di piombo”, che minacciarono la democrazia con atti terroristici compiuti sia dell’estrema destra che dall’estrema sinistra. I gruppi di tendenza neofascista attuarono la strategia della tensione, realizzarono cioè atti terroristici volti a creare un clima di tensione nel Paese per favorire una svolta autoritaria. Le vittime del terrorismo nero erano spesso comuni cittadini. A Brescia nel 28 maggio 1974, durante un comizio antifascista in piazza della Loggia, esplose una bomba che provocò 8 morti oltre a centinaia di feriti. Un altro esempio di strage avvenne sul treno “Italicus”, partito da Roma la sera del 3 agosto 1974, poche ore prima che l’ordigno esplodesse causando 12 morti e 38 feriti. L’attentato più sanguinoso avvenne però, quando l’eco del terrorismo sembrava essersi spenta, il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, dove 85 persone persero la vita.

Ricordare gli “anni di piombo” per rafforzare il valore della democrazia

Mentre il terrorismo di destra seminava il terrore nel Paese, si stava diffondendo però anche un altro tipo di terrorismo, il “terrorismo rosso” di estrema sinistra. Negli anni Settanta il PCI (Partito Comunista Italiano) veniva accusato infatti di aver abbandonato gli ideali rivoluzionari, così gruppi di estrema destra sinistra attuarono numerosi atti terroristici al fine di scatenare una rivoluzione comunista. Dal 1977 al 1979 il terrorismo di sinistra commise numerosi assassinii che riguardarono tutti i settori della società: giudici come Francesco Coco ed Emilio Alessandrini, poliziotti come Antonio Custrà e Oreste Leonardi, giornalisti come Carlo Casalegno e Walter Tobagi, avvocati e docenti sono solo alcuni di un interminabile elenco. I “nemici del popolo” vennero “gambizzati”, ovvero vennero feriti alle gambe, come avvenne ai giornalisti ritenuti di destra come Idro Montanelli ed Emilio Rossi. Altri venivano sottoposti a “processi popolari”, come nel caso del sindacalista Bruno Labate e del dirigente della FIAT Ettore Amerio.

Ricordare gli “anni di piombo” per rafforzare il valore della democrazia

Al fine di calmare la gravissima situazione che l’Italia stava attraversando, il segretario del PCI, Enrico Berlinguer, collaborò con Aldo Moro, rappresentante della DC, per riuscire a superare la crisi della democrazia italiana: si era giunti al cosiddetto “compromesso storico”. Questo periodo di solidarietà nazionale venne però interrotto quando, il 16 marzo 1978, Moro venne rapito dalle Brigate Rosse. Le Brigate Rosse erano un’organizzazione di estrema sinistra che si opponeva al compromesso storico.

Quindi, per ostacolare questa collaborazione, sequestrarono Aldo Moro lo statista democristiano, che era invece favorevole. Egli venne condotto in un appartamento e vi rimase per 55 giorni controllato da quattro carcerieri. I tentativi della PCI di trattare con le Brigate Rosse fallirono, poiché, il 9 maggio 1978, il corpo senza vita di Moro venne trovato in una Renault 4 abbandonata in una strada di Roma. Questo assassinio fu il più grande errore commesso dai terroristi dell’estrema sinistra: esso spinse sia i cittadini italiani che le forze di polizia a reagire strenuamente. I giovani che dal Sessantotto volevano cambiare l’Italia con la violenza, cambiarono idea e si disassociarono dagli ex terroristi e cercarono nuovi rapporti con la società civile e con le istituzioni, mentre le forze dell’ordine nell’arco di un paio d’anni arrestarono i principali brigatisti. Attraverso questo periodo gli italiani provarono la loro adesione alla democrazia.

Il 29 maggio 1982 fu infine approvata definitivamente la legge n. 304, che prevedeva sconti della pena per chi avesse dato informazioni utili alla lotta contro il terrorismo. Grazie a questa legge molti militanti collaborarono con i giudici rivelando i nomi dei complici.

Così, all’inizio degli anni ’80, il numero di atti terroristici diminuì notevolmente: questa fu la fine degli “anni di piombo”, il che non significava la fine del terrorismo, ma implicava che gli attentati si verificarono con meno frequenza, non mettendo a rischio la democrazia e lo stato.

Nonostante quegli anni di “piombo” sembrino un evento che riguarda solamente il passato, essi costituiscono però una tematica attuale, che influisce sul presente. Infatti non molto tempo fa, le Brigate Rosse hanno tentato di riemergere, mettendo in atto nuovi attentati. Le Nuove BR agirono nell’arco di tempo che va dal 1999, anno dell’omicidio di Massimo D’Antona, consigliere del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, al 2003, anno in cui vennero processati i principali terroristi. L’attività di questa nuova organizzazione non si fermò nel 2003, ma si protrasse fino al 2006, quando la caserma della Folgore di Livorno venne bombardata, senza causare vittime. Negli anni seguenti vennero ritrovati volantini e documenti che incitavano a prendere parte “all’erede delle Brigate Rosse”.

La violenza e il terrorismo sono fenomeni che, sfortunatamente, continuano a verificarsi nel tempo e di cui ancora oggi si sente parlare. Dimenticarli o ignorarne l’esistenza per le giovani generazioni potrebbe quindi essere pericoloso e mettere nuovamente a rischio i principi democratici per cui tanto si è lottato e per i quali tanti sono morti.

Irene Calabrese Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G

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