Covid-19. Storia di una pandemia
La storia dell’umanità è stata più volte segnata da eventi tragici e inaspettati, dalle due guerre mondiali, alle carestie, alle catastrofi naturali, fino alle grandi epidemie. E oggi vogliamo ricordare, ripercorrendone le tappe, proprio un’ epidemia, anzi, la peggiore l’epidemia del ventunesimo secolo. Fu un’immensa catastrofe, presto diventata pandemia che piegò il mondo per un tempo che sembrò interminabile e che si concluse con disastrosi effetti in ogni settore, da quello umano a quello economico, dal politico al sociale. Stiamo parlando del “Covid-19”, a tutti noto come “coronavirus”.
Correva l’anno 2019, era il 17 dicembre, la gente si preparava già a salutare con festeggiamenti e allegria il nuovo anno, auspicandone uno migliore di quello che stava andando via quando in Cina, un cinquantacinquenne della provincia dello Hubei, presentò strani sintomi febbrili simili ad una polmonite. Un medico sospettò che si trattasse di un virus affine a quello che nel lontano 2002 aveva provocato l’epidemia della Sars, ma venne immediatamente smentito e redarguito con l’accusa di diffondere false informazioni che avrebbero potuto danneggiare il Paese. Si arrivò così al 31 dicembre, giorno in cui mentre il mondo salutava il 2019, la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan, primo focolaio del morbo, segnalò all’Organizzazione Mondiale della Sanità un forte raggruppamento di casi di “polmonite ad eziologia ignota” nella città di Wuhan, sempre nella provincia di Hubei. Intanto il morbo continuava a diffondersi silenziosamente.
Il 7 gennaio 2020 il CDC cinese riferì che era stato identificato un nuovo virus appartenente alla famiglia dei “coronavirus”, che include virus come SARS e MERS e indicato come agente causale della malattia respiratoria SARS-CoV-2 poi denominata Covid-19. Due giorni dopo, il 9, venne documentato il primo caso di decesso a causa del Covid-19. Da quel momento i contagi in Cina aumentarono senza sosta e il governo cinese si vide costretto ad adottare misure restrittive, come la chiusura totale delle attività e la quarantena nazionale.
Da parte dell’OMS venne confermata l’epidemia. Il 3 febbraio i morti in Cina arrivarono 370 mentre i contagiati oltre 17.200. L’epidemia da Coronavirus superò per mortalità la precedente epidemia di Sars che aveva colpito la Cina nel 2002. Intanto nel nostro paese alla fine di gennaio 2020, in seguito agli sviluppi dell’epidemia nella Cina continentale, negli aeroporti di Leonardo da Vinci-Fiumicino e di Milano Malpensa vennero istituite misure di screening avanzate, tra cui misurazioni termiche e presenza attiva di personale medico. Il 31 gennaio furono confermati i primi due casi a Roma, una coppia di turisti cinesi di 66 e 67 anni originari della provincia di Hubei, sbarcati il 23 gennaio all’aeroporto di Milano-Malpensa e che avevano visitato la Capitale. Risultati positivi al virus furono ricoverati all’Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”. Il governo italiano sospese tutti i voli da e per la Cina e dichiarò lo stato di emergenza. Il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte disse che l’Italia era il primo paese dell’Ue a prendere questa misura precauzionale. Il 2 febbraio, a poco meno di 48 ore dal ricovero dei due turisti cinesi, i virologi riuscirono ad isolare la sequenza genomica del virus. Il 3 febbraio vennero rimpatriati dalla Cina con un volo speciale dell’Aeronautica militare italiana 56 cittadini italiani residenti a Wuhan, trasferiti poi in quarantena presso la cittadella militare della Cecchignola. Il 6 febbraio venne confermato come infetto uno degli italiani rimpatriati, dichiarato poi guarito il 22 febbraio. Mattia, un trentottenne di Codogno, divenne il “paziente uno” in Italia dichiarato infetto il 21 febbraio.
Da quel momento i contagi aumentarono a vista d’occhio nelle regioni del nord, soprattutto in Lombardia, Veneto e Piemonte. Nel mese di marzo i casi aumentarono in modo esponenziale in tutte le regioni, così il governo italiano, capitanato da Giuseppe Conte, con vari decreti, isolò prima i comuni considerati focolai e successivamente l’Intera Italia, considerata “zona rossa”. I cittadini poterono uscire solo se muniti di autocertificazioni e solo per necessità primarie, come fare la spesa o andare in farmacia e per chi era costretto a recarsi sul posto di lavoro. Si visse un periodo che, di certo, non poteva essere considerato più “normale”. Dai balconi penzolavano bandiere tricolore con su scritto “andrà tutto bene”, non c’era casa sul territorio italiano dove un forno non avesse sfornato della pizza fatta in casa, per non parlare dell’effetto mediatico che ebbe la quarantena, dalle cose minime come i vari video divertenti che spopolavano, a cose più importanti, come le “video lezioni” e le “video conferenze”. La vita degli italiani si era trasformata e tutto ciò che, fino ad allora, era visto come futuristico divenne contemporaneo, compresi termini come smart working, DaD, FaD, MES o Eurobond, fino ad allora quasi sconosciuti.
Gli animi erano afflitti, si attendevano i bollettini quotidiani nella speranza di intravedere il picco dell’epidemia che sembrava non arrivare mai e quando, finalmente, si toccò il picco la curva di discesa fu troppo lenta per far sperare in una imminente ripresa della normalità. Si susseguirono decreti sempre più restrittivi delle misure di contenimento del contagio, mentre scienziati freneticamente si adoperavano per cercare farmaci che potessero fermare l’immenso numero dei decessi e un candidato vaccino per annientare il Mostro. Allora più che mai si sentì il bisogno di “credere”, di sperare di stringersi in un abbraccio fraterno e si risvegliarono sentimenti dimenticati: la solidarietà, la sensibilità, l’amore verso l’altro. Cambiarono gli idoli, i nuovi eroi erano i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari in generale che combattevano e numerosi cadevano sul campo di battaglia sacrificandosi per gli altri. Quell’anno la Pasqua, festa simbolo per tutti i cristiani, divenne “Passione vissuta”, la Via crucis vide personale sanitario salire il Calvario della pandemia con l’angoscia nel cuore per paura di non farcela, e si pregò per la rinascita di tutto il popolo. E mentre la pioggia battente in una piazza San Pietro spettrale faceva da sfondo a un’umanità impaurita, Papa Francesco benediva il mondo intero e, facendo appello all’umile potenza di Dio, lo pregava affinché salvasse i suoi figli e non li abbandonasse “in balia della tempesta”.
Dopo la Pasqua alcuni negozi come le cartolibrerie e i venditori di articoli per l’infanzia incominciarono a riaprire, il distanziamento sociale imposto e i dispositivi di sicurezza obbligatori davano i loro risultati facendo registrare un lieve miglioramento, anche se i contagi e i decessi erano comunque ancora troppi ma in compenso aumentavano le guarigioni. Si dovette aspettare la fine di maggio perché la situazione fosse meno drammatica, la quarantena imposta si prolungò ancora. Stessa cosa non fu invece per altri paesi come Stati Uniti, Spagna, Francia, Inghilterra che vennero colpiti dopo ma con gli stessi esiti devastanti che aveva vissuto l’Italia, considerata dapprima “l’untrice del mondo” e poi ammirata per le scelte strategiche adottate per affrontare l’epidemia. L’Italia riuscì a sconfiggere quel nemico invisibile che aveva portato via con sé gran parte degli affetti più cari, la memoria storica del popolo, i nostri nonni, molti dei quali avevano vissuto e superato la guerra ma non erano riusciti a sopravvivere perché bersaglio facile di questo maledetto virus. E mentre si piangevano ancora i morti si doveva ripartire per ricostruire un’Italia devastata anche nella sfera economica e sociale. Nei mesi successivi ci furono numerosi casi di ritorno del contagio e si pensò persino ad un secondo periodo di quarantena, ma per fortuna tutto andò per il meglio, anche se per lungo tempo si dovettero indossare ancora mascherine e guanti.
Anche se questo evento ci sembra ormai superato è vero che tutti ne uscirono cambiati, soprattutto nelle relazioni umane e nella convinzione che seppur lontani si può essere vicini. E come accade negli eventi catastrofici, c’è sempre un dopo ed è da lì che, facendo tesoro di quanto accaduto, si deve ricominciare, perché nell’essere umano vive la speranza che alla fine… #andràtuttobene.
Santi Scarpaci
Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.