Scilla, fra mito e nuove opportunità
Paesaggi mozzafiato quelli della Costa Viola che, nella seconda metà del Settecento, colpirono viaggiatori illustri e artisti stranieri subito rapiti dalle visioni suggestive dello stretto di Messina, per l’alternarsi di tratti alti e rocciosi, delle lucenti sabbie bianche, le calotte con le barche colorate e i gozzi dei pescatori.
La chiamano la piccola Venezia del sud: è il delizioso borgo di Scilla, feudo dei Ruffo dal 1533 al 1806; la famiglia ha dato il nome all’affascinante e misterioso castello che domina il borgo inserito fra i più belli d’Italia.
Andando più indietro nella storia, si sarebbe potuto vedere fra gli scogli sicuramente Ulisse.
Lo stretto di Scilla, Polibio lo chiamava così prima che i messinesi se ne appropriassero, ha origini antichissime, confuse tra mitologia, storia, leggenda e poetiche immagini alimentate per millenni dalla suggestività dell’ambiente naturale.
Il castello dei Ruffo ancora oggi domina Marina grande a sud mentre a nord il pittoresco borgo dei pescatori oggi ha un’opportunità unica: i fondi per la creazione di nuove forme ittiturismo, l’agriturismo del mare.
Vivere in barca l’emozione della pesca e poi la possibilità di essere ospitati nelle piccole e suggestive abitazioni dei pescatori.
I turisti inoltre sono attratti dagli antichi terrazzamenti dove si coltivano i vitigni autoctoni e il limone di Favazzina con dei contadini che lavorano i terreni a bordo dell’unica monorotaia ancora funzionante ma che rappresenta una risorsa per evitare l’abbandono di questi terreni e consentire la viabilità poderale.