La cucina e il pane, centralità sociale e identitaria oggi, ieri e domani
Il cibo e la sua preparazione, mai come in questo periodo in cui siamo tutti nelle nostre case a trascorrere il nostro tempo fra ansie, incertezze e preghiere, non assolvono solo alla funzione di nutrizione ma rappresentano anche un fattore di identità e di cultura.
La cucina per gli italiani non è soltanto mangiare e il cibo non è semplice cibo ma è identità, condivisione, cultura, modo di stare insieme, piacere di stare in mezzo agli altri.
Non a caso tornano proprio in questo periodo in cui sentiamo moltissimo il peso della lontananza dai nostri cari, i cibi più basici, l’uso della farina e le torte fatte in casa. Quelle cose di cui lamentavamo la mancanza per mancanza di tempo e che adesso invece torniamo a fare, utilizzando proprio il lievito. Sostanza questa che dà consistenza e forma a tanti prodotti della nostra cucina, e che, addirittura, fa rete, fa legame, mette insieme le persone anche grazie alle tante comunità che si scambiano su di esso consigli su internet.
Noi italiani siamo i numeri uno al mondo per il cibo, qualcuno ci invidia, qualche altro dice di noi che ne parliamo troppo: gli inglesi dicono che quando siamo a tavola parliamo di quello che abbiamo mangiato il giorno prima e di quello che mangeremo il giorno dopo!
Anche nel periodo pasquale il cibo assume un posto di riguardo: il giovedì santo, nel giorno dell’Ultima Cena, l’alto valore simbolico cristiano passa attraverso l’immagine del cibo. Gesù non convoca gli apostoli ad un tavolo da lavoro ma li convoca attorno ad una tavola imbandita perché il Dio dei cristiani offre il dono e dona il suo corpo sotto forma di pane che è, quindi, l’alimento per antonomasia.
Anche nel Padre nostro, la preghiera dei cristiani, noi invochiamo il Padre di concederci il pane quotidiano quindi, ancora una volta, celebriamo la centralità del cibo. Una centralità sociale, evangelica, umana e, soprattutto, condivisione del cibo, come nel messaggio dell’Ultima Cena, non come consumo in solitudine ma come comunione.
Franca Genovese