SANTO ROCCO TRA CULTO, CULTURA E TRADIZIONE
C’è rapporto tra fede, cultura, religione e società civile? “Videtur quod non” «sembrerebbe di no», si potrebbe dire rievocando San Tommaso D’Aquino. La teoria dell’inconciliabilità tra fede e cultura forse è la più sostenuta, poiché sembra che la razionalità non possa conciliarsi con il sentire popolare. Eppure, proprio in questo momento storico, in cui una grande calamità sta colpendo popoli di ogni parte del globo diffondendo paura e sconcerto, questa presunta inconciliabilità sembra vacillare. Infatti, se da una parte gli uomini di scienza cercano di trovare soluzioni in laboratorio, dall’altra gli uomini di fede fanno appello alla preghiera, affinché la mente di questi scienziati possa essere illuminata dalla sapienza divina. Ritorna così di attualità la preghiera a Santo Rocco, che viene invocato da molti cattolici cinesi per fronteggiare il “Coronavirus”. Invocato in passato come liberatore dal terribile flagello della peste, Santo Rocco diventa oggi protettore delle comunità afflitte dalla moderna epidemia.
Per noi barcellonesi, poi, essa è una figura da secoli familiare, parte integrante della nostra vita spirituale e di comunità. Venerato in due antiche zone di Barcellona, Calderà e Nasari, il “santo pellegrino” ha sempre assunto un ruolo di grande rilievo nella Città del Longano. In particolare, nel borgo marinaro di Calderà, i “quaddarioti” rendono onore al loro Patrono con due suggestive processioni che vedono il Santo attraversare le vie del borgo e solcare le acque del mare.
La festa in onore di San Rocco ha origini antiche e risale al 1575, quando l’intera isola venne sconvolta da una terribile epidemia di peste. I siciliani notarono che pregando San Rocco i sintomi della malattia svanivano miracolosamente e così divennero suoi devoti. La frazione di Calderà lo ricorda ogni anno con festeggiamenti in cui si mescolano sacro e profano ed in cui sentimenti di profonda religiosità e divertimento si intrecciano con naturalezza. A Calderà, il 16 ed il 17 agosto, le tradizioni diventano un irrinunciabile momento di lieta e gioiosa condivisione. Già durante la mattinata la chiesetta di San Rocco trabocca di fedeli per assistere alla Solenne Celebrazione Eucaristica. Nelle ore pomeridiane, poi, il Santo attraversa il borgo marinaro, da Spinesante a Caldà, con una partecipata e sentita processione. Canti, fuochi d’artificio e banchetti di ristoro lo accolgono nel lungo cammino. Altrettanto suggestiva è la “processione a mare”, che si svolge il 17 agosto, giorno in cui, da alcuni anni, l’Amministrazione comunale ricorda anche le vittime del Mediterraneo: una corona d’alloro viene pertanto gettata in acqua prima che inizi la processione. L’atmosfera, mentre il sole tramonta, è quasi fiabesca: a perdita d’occhio, lungo tutta la costa, innumerevoli falò illuminano la spiaggia, annullando il confine tra cielo e terra, come fossero piccole stelle poggiate sulla sabbia. Il raccoglimento interiore, però, lascia presto il posto ad una gioia immensa che rimbomba nell’aria quando intere famiglie sulla spiaggia si divertono a banchettare in attesa del passaggio della barca con il simulacro, seguito da un corteo di barchette che percorre tutto lo specchio d’acqua che bagna Barcellona Pozzo di Gotto. Il passaggio del Santo viene salutato da un festoso tuffo in mare al grido di “Viva Santo Rocco!”. L’arrivo alla piazza antistante la chiesa è accolto, invece, da spettacolari fuochi pirotecnici che, a tarda notte, illumineranno il mare concludendo i festeggiamenti.
La festa di Santo Rocco è legata, però, anche ad una particolarità per i barcellonesi: l’antica fiera del bestiame. All’alba del 16 agosto, nell’alveo del Torrente Longano i camion, gli animali e le bancarelle si dispongono per dar vita ad una tradizione che si tramanda da secoli e che vede gli addetti ai lavori impegnati in trattative di vendite ed acquisti di animali. I semplici visitatori, soprattutto nonni con i propri nipotini, guardano, ricordano, raccontano e comprano, spesso solo per puro piacere, pulcini, papere e conigli , bardature per gli animali e campanacci. La fiera di San Rocco è, dunque, una bellissima tradizione che andrebbe rivalutata, vantando antiche origini. Secondo lo storico Filippo Rossitto risalirebbe addirittura al 1105, quando la contessa Adelasia concesse una “fiera franca” di otto giorni. Dal 1747, epoca di edificazione della chiesa di San Rocco, divenne fiera-mercato della durata di tre giorni; fu riattivata nel 1827 con decreto del Luogotenente del Re per la Sicilia, per poi ridursi ad una sola mattinata. Possiamo quindi ritenerla la più antica tradizione commerciale della nostra città. E anche se il sole è cocente e le temperature altissime, non può mancare “a canni di maiali bugghiuta”. Infatti la carne bollita in grossi pentoloni, condita con sale e pepe nero e accompagnata dal sedano nostrano, fa parte della tradizione culinaria della festività di santo Rocco. La carne di maiale e la salsiccia, dopo lo stacco della calura estiva, cominciavano difatti ad essere rivendute a partire da Ferragosto e la festa di San Rocco era la prima tappa, a cui seguiva quella del Tindari l’otto settembre per la festa della Madonnina, e poi quella di Terme Vigliatore il quindici dello stesso mese per la Madonna delle Grazie.
Ancora oggi sono tantissimi, pertanto, coloro che vivono questo evento, protagonista delle nostre estati, con devozione ed entusiasmo, con gioia e fede, con la voglia di non dimenticare. Perché “la tradizione non consiste nel conservare le ceneri ma nel mantenere viva una fiamma.”
Santi Scarpaci
Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.