Dirsi Ciao, oggi
Ciao dirselo oggi, ai tempi, ahimè, del coronavirus può essere un problema se non evitiamo i baci, gli abbracci, la stretta di mano, insomma tutte quelle azioni affettuose che in tempi normali sono a corredo della nostra socialità.
Mi spezzo ma non mi piego recita un vecchio adagio latino e se di rinunciare alla gentilezza non ci pensiamo affatto, se proprio si è costretti a uscire per necessità esistono modi alternativi per approcciarsi agli altri.
Lo chiamano Wuhan shake ed è nato nella città cinese del primo focolaio, un saluto con i piedi come gesto della nostra quotidianità, per darsi il benvenuto o meglio augurarsi vinca il migliore. I giocatori di calcio incrociano i gomiti, una specie di rito ironico e divertente come un balletto. I governanti si adeguano alle regole di igiene sia coi loro collaboratori sia negli incontri pubblici ed evitano di stringersi la mano.
Le abitudini cambiano e coinvolgono anche la fede: sospesa la Santa Messa e per contrastare la diffusione del virus la pace non si scambia con una calorosa stretta, meglio un sorriso e una preghiera
Vale lo scherzo di provarci e poi ritirare in fretta il braccio, valgono i saluti a mò di militare, gli ave come ai tempi dei romani quando l’imperatore Tiberio vietò i baci per strada e i passanti, in segno di omaggio, alzavano l’indice destro o scoprivano il capo. Valgono l’indiano namastè congiungendo le mani al petto, l’hawaiano aloha con collana di fiori, gli inchini dell’estremo oriente o del giapponese arigato.
Le mani, si sa, restano comunque il miglior veicolo per comunicare: si possono alzare per chiamare un taxi come si fa a Londra o a New York, usare per dire I love con pollice, indice e mignolo seguendo il linguaggio del rock, si può creare, toccare, ringraziare chi ti ammira, ma il gesto più bello resta il miglior modo per dirsi ciao!